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Monster Boy and the Cursed Kingdom - recensione

Cambia il nome ma l'eredità è salva.

Revival a manetta in quest'ultimo (lungo) periodo. Tra compilation, collezioni, remake e remastered, le uscite di stampo retro non si contano più.

Capita poi, molto raramente, che uno sviluppatore semi-sconosciuto decida addirittura di cimentarsi nel sequel di un gioco uscito la bellezza di 30 anni fa e che questo sequel alla fine si riveli non solo all'altezza ma addirittura superiore alle aspettative.

Sì, avete capito bene e potete dissipare i vostri ultimi timori, Monster Boy and the Cursed Kingdom è un maledetto, piccolo capolavoro. Stiamo parlando dell'erede spirituale di Wonder Boy in Monster Land, divertentissimo action/platform/RPG che nel 1987 esordì come arcade, per poi essere convertito per una miriade di piattaforme.

Nel tempo in molti hanno tentato di imitarlo ma pochissimi sono riusciti a replicarne le qualità. Per raggiungere questo obiettivo i ragazzi di Game Atelier hanno chiesto aiuto al creatore del gioco originale, Ryuichi Nishizawa, e per il lato artistico hanno deciso di orientarsi verso lo stesso stile "cartoon" che tanti consensi aveva riscosso con Wonder Boy: The Dragon's Trap.

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I punti in comune tra i due titoli non si fermano qui però. Anche in Monster Boy and the Cursed Kingdom, a fare da fulcro per il gameplay sono le trasformazioni del protagonista, che di volta in volta gli permettono di acquisire poteri diversi e a volte inaspettati.

Il primo di questi si palesa subito dopo la premessa iniziale, che vede lo zio del protagonista impazzire e trasformare tutti gli abitanti del suo villaggio in animali tramite una potente bacchetta magica. Jin, questo il nome del nostro eroe per caso, diventerà un maialino ben tornito perdendo tutto il suo equipaggiamento e i pochi poteri acquisiti nel prologo.

La trasformazione suina e la discesa nelle fetide fogne sottostanti gli faranno però acquisire un olfatto fuori dalla norma, che gli permetterà di individuare trappole e indizi nascosti. Questo primo stage serve a sgranchirsi le gambe per l'avventura vera e propria, che si snoda per una decina di ore sfruttando al meglio i collaudati stilemi degli action-platform.

Con il passare del tempo Jin potrà trasformarsi in un serpente, un leone, un rospo e perfino un drago. Le peculiari abilità di ogni suo alter-ego possono essere sfruttate singolarmente in combattimento, ma in alcune occasioni dovrete anche combinarle per risolvere alcuni enigmi ambientali. Ad esse si aggiungono dei poteri aggiuntivi che il protagonista può utilizzare per brevi intervalli ingerendo delle gustose radici.

Gli elementi RPG dell'originale Wonder Boy tornano sotto forma di equipaggiamenti che possono essere acquistati negli shop, creati e potenziati. Molti di questi permettono di sbloccare strade alternative e di esplorare zone poste sotto il livello del mare o in posizioni particolarmente elevate. Tutti questi elementi tornano anche nelle battaglie con i boss, durante le quali non solo dovrete capire quali poteri usare ma anche sfruttare le arene in cui vi troverete.

Non esiste la morte istantanea in Monster Boy and the Cursed Kingdom, tornano i cari, vecchi cuori di matrice 'zeldiana', così come gli elementi curativi, le monetine nascoste un po' ovunque e via dicendo. Un cocktail dal sapore antico e riconoscibile, ma al tempo stesso fresco e impreziosito da un ottimo level design. Pur non proponendo elementi particolarmente originali il gioco sa regalare grandi soddisfazioni e non fa mancare una generosa dose di segreti per i patiti dell'esplorazione a tabula rasa.

Anche i filmati d'intermezzo sono realizzati con una cura incredibile, la qualità è pari a quella di una serie animata di alto livello.

Siamo di fronte ad uno di quei titoli che punzecchiano continuamente il giocatore, stimolandolo ad andare in giro e a rischiare qualcosa in più per ottenere premi di adeguata appetibilità. Completare l'avventura richiede mediamente 10/12 ore, con pochi cali di ritmo e una discreta varietà di ambientazioni e situazioni.

Oltre alle indubbie qualità del gameplay, ciò che colpisce in Monster Boy and the Cursed Kingdom è senza ombra di dubbio il suo stile grafico, davvero sublime. Ogni personaggio è stato disegnato e animato con una cura maniacale e anche gli elementi di contorno non sono stati minimamente trascurati.

Il villaggio che fa da hub centrale alle avventure di Jin non sfigurerebbe in una serie animata di alto livello, ma anche gli stage secondari che magari visiterete una sola volta sono ricchissimi di dettagli che ad un occhio distratto potrebbero anche sfuggire, ma che contribuiscono a creare un insieme davvero spettacolare. Il backtracking necessario è ridotto al minimo, ma essendo tutti i livelli interconnessi tra loro potrete esplorare liberamente ogni angolo in qualsiasi momento alla ricerca dei tesori perduti.

Gli shop assomigliano molto a quelli del vecchio Wonder Boy. Nei vari Rino-Mart potrete comprare armi e accessori potenziabili.

I cinque anni di sviluppo si vedono tutti. Sviluppatori e artisti devono aver fatto spesso le ore piccole per far sì che nessun elemento del gioco risultasse poco coeso con gli altri o meno che perfetto dal punto di vista stilistico. Monster Boy and the Cursed Kingdom non solo è un erede più che degno del suo illustre antenato, ma anche uno dei migliori action-platform usciti negli ultimi tempi.

È un complimento non da poco visto che solo nell'ultimo anno abbiamo potuto giocare piccoli/grandi capolavori come Guacamelee 2, Dead Cells, Steamworld Dig 2, Celeste e via dicendo. Ok, il gioco di Game Atelier ha un tasso di originalità inferiore rispetto ai titoli appena citati, ma ciò non deve farvi storcere il naso o tenervi a distanza. Appoggiarsi a meccaniche del passato riuscendo a rinfrescarle e rendendole ancora valide al giorno d'oggi, è un'impresa non da tutti.

9 / 10

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In this article

Monster Boy and the Cursed Kingdom

PS4, Xbox One, PC, Nintendo Switch

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Daniele Cucchiarelli

Contributor

Lavora nel giornalismo videoludico da oltre 20 anni. Anche se tutti quelli che lo conoscono gli hanno consigliato di "trovarsi un lavoro serio", resta sempre fedele al suo primo amore.
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