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Morpheus e dintorni: la realtà virtuale è a portata di mano - articolo

Una tecnologia affascinante ma non ancora matura.

Difficile resistere alla tentazione di averlo nella stanza a fianco e non provarlo, anche se probabilmente si tratta delle stesse cose già viste all'E3. Ecco spiegata dunque la ragione per cui, alla Gamescom di Colonia, non mi sono fatto pregare due volte quando s'è trattato di provare nuovamente il Morpheus, il caschetto per la realtà virtuale col quale Sony ha risposto all'Oculus Rift.

Con mia grande sorpresa, però, appena varcata la soglia di una delle sale conferenze dell'hotel Radisson in cui abitualmente risiede Sony (costringendo la stampa a costanti vasche avanti e indietro dalla Köln Messe, con relativi improperi), ho scoperto che l'angusto anfratto che gli era stato dedicato a Los Angeles al Morpheus era stato sostituito da più postazioni. Questo perché non c'era un solo dimostrativo da provare come nella stanza 515 del Convention Center ma più demo che mi appresto ora a descrivervi brevemente.

La prima cosa da dire è che le immagini che vedete a corredo di questo articolo, e che ci ha inviato la stessa Sony, non sono rappresentative della grafica osservata in stile Wii (e senza la "U") ma servono unicamente a dare un'idea delle esperienze proposte.

DualShock, Morpheus, cuffie e controller: la realtà virtuale può essere complicata.

La seconda cosa da dire è che, tecnicamente, il Morpheus non ha compiuto passi avanti rispetto alla sua ultima uscita, restando quindi indietro rispetto al rivale targato Oculus.

Innanzitutto per la definizione dello schermo, del quale si possono letteralmente contare i pixel uno a uno, in secondo luogo per l'ampiezza del campo visivo. Che sul Rift è a 16:9 mentre qui è circolare, tant'è che muovendo gli occhi agli estremi del campo visivo si notano delle zone buie.

Questo problema non è però troppo grave, perché bastano pochi secondi di realtà virtuale per immergersi completamente nelle esperienze proposte, focalizzando lo sguardo centralmente.

La prima demo che ho provato è stata una simulazione aerea alla IL-2 Sturmovik, ed è stata la prima volta che con questi dispositivi ho avvertito una sensazione sgradevole allo stomaco. Perché fino a che si vola in linea retta il nostro cervello non avverte particolari differenze con la realtà ma basta una virata stretta per mandarlo in tilt, preparandolo ad accelerazioni che in realtà non si verificano.

In questi frangenti, infatti, tutto si muove davanti a noi: l'orizzonte, il paesaggio e la stessa strumentazione. E la sensazione di disagio aumenta muovendo lo sguardo fuori dall'abitacolo, introducendo dunque un'ulteriore variabile che il nostro apparato sensoriale, già in sovraccarico, fatica a digerire. Fortunatamente la reazione di ognuno di noi alla realtà virtuale è soggettiva, pertanto ci sarà senz'altro anche chi non avvertirà alcun problema.

Un'altra demo provata è stata quello dello street luge, ossia quella follia estrema americana che vede la gente buttarsi giù per delle strade in discesa a bordo di slitte su rotelle. L'avevo provata già a Los Angeles, collocandomi 11esimo nella leaderboard con cui Sony metteva indirettamente in competizione la stampa, e qui, dopo essere stato anche secondo, ho chiuso solamente in decima posizione.

La demo dello street luge è stata una delle meglio riuscite di Sony. Peccato che la grafica fosse quella di un gioco per Wii e non quella di questa immagine.

Un piccolo miglioramento che non mi ha impedito comunque di apprezzare una delle demo più riuscite per Morpheus. Per curvare il "luge" basta infatti inclinare la testa, come a voler spostare il peso sulla slitta, e superare una macchina mentre in senso contrario ne sopraggiunge un'altra, o passare sotto a un camion per non spostarsi dalla traiettoria ideale, sono cose particolarmente emozionanti. Inoltre, visto il minor numero di assi coinvolti, questa demo risulta adatta anche agli stomaci più delicati.

Sulla carta la meno riuscita del gruppo, eppure una delle migliori una volta che ci si trova dentro, è stata la demo che ci ha messo all'interno di una gabbia mentre uno squalo bianco sotto steroidi ci nuotava attorno. Apparentemente, infatti, non si deve fare altro che stare fermi mentre il pescecane smonta la gabbia a morsi, fino al finale in cui (prevedibilmente) veniamo portati in superficie e quindi salvati. L'utilizzo della pistola lanciarazzi è poi del tutto ininfluente, e la sua implementazione usando il DualShock 4 è insoddisfacente. Colpa del fatto che la luce del controller scompare alla vista della PlayStation Eye, al momento indispensabile per l'utilizzo del Morpheus, laddove un PlayStation Move sarebbe stato visibile da qualsiasi angolazione.

Eppure, quando lo squalo comincia a girarci attorno viene naturale seguirlo con la vista ed è in questo modo che, più che in ogni altra demo, si apprezzano le potenzialità del Morpheus, perché si è costretti a guardare sopra, sotto (scorgendo il fondale sotto ai nostri piedi) e soprattutto indietro. Il bello di questi caschetti è infatti che ci si accorge subito che anche dietro di noi c'è un mondo persistente, che la simulazione ci ingloba a 360 gradi. Eppure le demo proposte costringono a guardare principalmente avanti, limitando i benefici alla vista laterale. Con uno squalo bianco che ci nuota attorno, però, è tutto diverso...

Che effetto fa avere uno squalo bianco da cinque metri che ci nuota attorno? Col Morpheus è possibile provarlo senza dover prendere un brevetto da sub.

L'ultima demo, che è quella che ho preferito tra tutte, è stata la prima dimostrazione di come potrebbe essere un gioco di ruolo con la realtà virtuale. Armati di due PlayStation Move si potevano aprire e chiudere le mani premendo i relativi grilletti e quindi impugnare le armi che, di volta in volta, apparivano al nostro fianco. A prima vista sembrerebbe la classica demo per il 'cono gelato' di Sony, con tanto di mazza ferrata da far roteare in mano, balestra da puntare verso il bersaglio e manichini da fare a pezzi un fendente dopo l'altro.

Fino a che non atterra davanti a noi un drago, dalle fattezze piuttosto caricaturali eppure tanto grande da costringerci ad alzare lo sguardo per guardarne le testa. È in momenti come questi che ci capisce come la realtà virtuale aiuterà a restituire la maestosità e l'imponenza dei mostri che solitamente vediamo a schermo, ed è facile trovarsi a fantasticare su quanto sarebbero spaventosi i mostri di Skyrim o Dark Souls se visti attraverso gli occhi del Morpheus o dell'Oculus Rift.

La Gamescom di Colonia è stata allora un momento utile per fare il punto della situazione nel campo della realtà virtuale, che nonostante sia sperimentabile già da diversi mesi, resta tuttora un'incognita. Dopo l'acquisizione da parte di Facebook dell'Oculus Rift, nulla si sa sugli sviluppi concreti del visore ideato da Palmer Luckey, che con tutta probabilità non saranno solamente ludici.

Jim Rayan di Sony afferma che Sony sta cercando di capire quante risorse possano essere investite in Morpheus. Ma qualcuno ha le idee più chiare sulla realtà virtuale.

Per quanto riguarda Sony, le dichiarazioni di oggi di Jim Rayan, che afferma la mancanza di piani concreti per Morpheus ("non sappiamo ancora quanto investirci") raffreddano indubbiamente gli entusiasmi. Anche perché dopo aver provato entrambe le offerte, ci sentiamo di affermare che qualsiasi gioco abbia una visuale in soggettiva è adatto per la realtà virtuale, sostituendo di fatto il 'free look' ora demandato allo stick destro. Per questa ragione si fatica a comprendere perché, per il presidente e CEO di Sony Computer Entertainment Europe, "non si possano semplicemente prendere i giochi PS4 e farne dei porting per la realtà virtuale". Con sparatutto, simulatori spaziali e giochi di guida, parrebbe di sì. Senza dimenticare che Alien Isolation per Oculus Rift è stata una delle demo più celebrate allo scorso E3.

Piuttosto, dopo varie prove i caschetti per la realtà virtuale paiono avere dei limiti a livello ergonomico. Entrambi, se non allacciati perfettamente, finiscono per gravare sul naso dando fastidio già dopo pochi secondi, e immaginiamo che chi usi gli occhiali andrà incontro qualche disagio in più. Inoltre, entrambi i visori non dispongono di auricolari integrati, quindi bisogna poi metterci sopra delle cuffie, che però bisogna cercare a tentoni perché una volta indossati i caschetti non si vede più nulla.

Il discorso diventa ancora più macchinoso se si deve impugnare un pad o addirittura due PlayStation Move. Comincia a essere un po' troppa la roba da cercare alla cieca e non a caso, in ogni dimostrazione, avevamo un assistente che ci aiutava ad allacciare bene il caschetto, che ci metteva le cuffie in testa e che ci passava i controller. La sensazione è che fino a che questa tecnologia sarà facilmente utilizzabile da soli, non riuscirà a far breccia nel mercato di massa.

Ecco a voi il primo cellulare della storia. Ricorderemo tra qualche decennio Morpheus e Oculus Rift sorridendo allo stesso modo?

Senza pensare agli incidenti domestici che inevitabilmente accadranno, visto che essendo completamente ciechi non sarà poi così difficile menare un fendente sui denti di un familiare anziché su quelli del drago che vediamo a schermo. E se pensiamo alle foto viste su Internet dopo l'avvento del Wiimote, c'è ben poco da stare allegri, anche considerando che nel caso del controller di Nintendo si poteva ben vedere dove si stavano menando i colpi.

Eppure la sensazione di meraviglia che i caschetti della realtà virtuale riescono a restituire è indescrivibile, e bastano pochi minuti per capire che il futuro dei videogiochi è lì. Va solo alleggerito, snellito, migliorato e reso più ergonomico. Morpheus e l'Oculus Rift sono oggi l'equivalente dei primi cellulari negli anni '80, quando si vedeva la gente andare in giro con dei mattoni nella valigetta. Si tratta unicamente di saper aspettare e prepararci a quando stupiremo i nostri figli raccontando che ai nostri tempi, guardando indietro, non vedevamo mondi virtuali ma solo i muri di casa nostra.

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Stefano Silvestri

Editor in Chief, EG.it

Il suo passato è costellato di tutto ciò che è stato giocabile negli ultimi 40 anni. Dal ’95 a oggi riesce a fare della sua passione un mestiere, non senza una grande ostinazione e un pizzico di incoscienza.
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