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Critichiamo spesso i videogiochi, ma sappiamo davvero cosa c'è dietro?

Ecco cinque fatti che hanno stupito uno sceneggiatore di Gearbox.

Anthony Burch, ex sceneggiatore di Gearbox Software che ha lavorato su Borderlands 2, ha raccontato su Kotaku cinque fatti che non si sarebbe aspettato dello sviluppo di un videogioco e che lo hanno sorpreso.

Burch, prima di entrare a far parte dello studio americano, era redattore presso Destructoid e di conseguenza criticare i videogiochi, senza conoscere nei dettagli il loro sviluppo, era il suo lavoro. Per questo motivo la sua opinione è particolarmente interessante.

  • Fare un videogioco è centinaia di volte più difficile di quanto si pensi

A titolo di esempio, l'ex sceneggiatore ha spiegato come nasce un NPC. Si parte da settimane di lavoro per avere un'idea chiara, poi si deve realizzare un modello high-poly, che non sarà inserito all'interno del gioco perché bisogna convertirlo in low-poly. Infine bisogna fare le animazioni per quel personaggio, che dovrà prima passare per il processo di rigging. Senza contare la realizzazione delle texture.

Questo ovviamente se il personaggio lo si vede in terza persona, ma se ad esempio fosse giocabile in prima persona è necessario creare anche la visuale con le mani e ad ogni nuova azione che il modello potrà compiere dovrà essere accompagnato un nuovo lavoro sulle animazioni.

Burch, da sceneggiatore, non si è concentrato su tutto il lavoro di codice che accompagna la realizzazione di un personaggio, ma ha anche parlato della scrittura del gioco. Perché il copione di un titolo va adattato a qualunque modifica apportata, come ad esempio l'eliminazione di un nemico, tenendo conto dei tempi e delle esigenze dei doppiatori di tutto il mondo e del produttore, che necessita di tre mesi per la masterizzazione dei dischi.

  • I giochi appaiono disordinati per il 90% della loro produzione.

Per quasi tutto il tempo di sviluppo di un titolo, il gioco manca di un reale feedback audio-visivo, perché ad esempio non sono ancora state realizzate le animazioni e i modelli dei personaggi.

Da questo punto di vista, valutare in corso d'opera la qualità del proprio lavoro complessivo è molto difficile, anche quando si tratta di una meccanica specifica.

Ad esempio nel primo Borderlands è stata inserita la possibilità di tornare in vita uccidendo in un breve lasso di tempo almeno un nemico. Questa semplice caratteristica è stata oggetto di discussione per molto tempo, perché ai tester mancava un feedback concreto che facesse capire cosa stesse avvenendo. In una situazione del genere non è facile comprendere se il problema è la meccanica in sé o un semplice errore di design.

  • Quando gli sviluppatori dicono di essere "eccitati" non vi stanno gettando fumo negli occhi.

Da fuori può sembrare che la tendenza degli sviluppatori ad essere eccitati per ogni cosa sia semplicemente una mossa di marketing. In realtà quando si tratta di lavorare in segreto ad una determinato progetto per molto tempo, il momento in cui si può mostrare al pubblico il frutto della propria fatica è incredibilmente importante a livello emotivo.

  • Gli sviluppatori leggono tantissime critiche sul proprio lavoro.

Spesso quando si critica un videogioco si va giù pesanti, pensando che magari gli sviluppatori non leggeranno neanche i nostri commenti o le nostre recensioni. In realtà dopo aver lavorato anni su un progetto la cosa più naturale è andare a leggere ogni cosa che viene pubblicata sul proprio operato.

Per Burch non aver visto Borderlands 2 oltrepassare la barriera del 90 come metascore, ma fermarsi a 89, è stato molto negativo emotivamente e non perché c'erano di mezzo bonus per il raggiungimento di un obiettivo.

Criticare negativamente un prodotto digitale è facile, ma il fatto che quelle critiche arrivino a delle persone umane, che provano sentimenti e che hanno lavorato a lungo e duramente su un gioco, ribalta un po' la visione delle cose.

Lo sceneggiatore sottolinea che il suo non è un modo per dire che le recensioni negative siano da evitare, ma serve solo per fornire anche la visione di chi sta dietro al prodotto, a cui determinate critiche eccessive potrebbero portare ad una sorta di "depressione post parto".

  • Se pensate che una cosa faccia schifo, non vuol dire che sia una novità per gli sviluppatori.

Accantonando le problematiche del secondo punto, spesso gli sviluppatori sono a conoscenza di alcuni problemi di un gioco, ma per mancanza di tempo o di risorse non possono porre rimedio e non perché siano incapaci.

L'esempio portato da Burch è quello dei finali. Noi non ci pensiamo, ma quante acquirenti raggiungono effettivamente la conclusione di un gioco? Se rileggiamo la notizia che nemmeno un giocatore su sei ha finito Alien: Isolation, la risposta è piuttosto chiara.

Uno sviluppatore quindi dovrà per forza concentrare gli sforzi sulla prima parte di un titolo, in modo da presentare all'utente il mondo di gioco nel miglior modo possibile e coinvolgerlo per lungo tempo, tralasciando in parte la conclusione.

Per quanto riguarda Borderlands 2, l'ex sceneggiatore ha sottolineato come ad esempio il vero epilogo del gioco sia da ricercare nel DLC Tiny Tina's Assault on Dragon Keep, su cui lo studio ha potuto concentrare il lavoro e le risorse in maniera differente.

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A proposito dell'autore
Avatar di Pier Giorgio Liprino

Pier Giorgio Liprino

Contributor

Per far felice Pier Giorgio basta parlargli di politica, scienza e videogiochi. A questi ultimi s'è avvicinato da bambino giocando ad Age of Empires 2 e da allora è rimasto un appassionato PC gamer, con uno sguardo attento alle console.
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