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Stigmatizzare i videogiocatori come dipendenti? Per un neuroscienziato è una pessima idea

Il campanello di allarme di un problema molto più profondo.

La dipendenza dai videogiochi è sintomo o malattia? Un neuroscienziato invita comprensibilmente alla prudenza e il motivo è semplice: stigmatizzare chi abusa di tale medium potrebbe essere un atto molto superficiale ed avventato.

Secondo Nastasia Griffioen, ricercatrice presso il GEMH Lab, non vi sono evidenze del fatto che i videogiochi possano aprire la strada a depressione e stati di ansia. I videogiochi potrebbero però rappresentare un "mezzo tramite cui le persone affrontano i propri problemi", afferma la dottoressa.

"Penso che tutti siano d'accordo sul fatto che vi siano certe situazioni in cui qualsiasi cosa possa diventare problematica" continua la ricercatrice. "È come dire che mangiare fa male. Vi sono volte in cui il cibo può nuocere alla salute, altre in cui ciò non avviene".

E continua: "Sono molto poche le evidenze che mostrano che i videogiochi provocano dipendenza, certamente se comparati a qualsiasi altro hobby. Certo molta gente ama videogiocare, ma anche leggere, e se qualcuno legge parecchio nessuno dirà che è dipendente dalla lettura. Dobbiamo essere molto attenti a come ci atteggiamo con chi consuma i media digitali in quanto se stigmatizziamo qualcuno come dipendente dai videogiochi potremmo andare a privare queste persone di qualcosa con cui stanno cercando di colmare problemi più profondi e intrinsechi, problemi come depressione o ansia".

"Non ci sono dunque evidenze di come i videogiochi comportino depressione e ansia, e potrebbe benissimo essere che i videogiochi vengano utilizzati come mezzo per far fronte a questi problemi, ossia depressione e ansia".

In quest'ottica dunque, la dipendenza dal medium videoludico passerebbe dall'essere malattia all'essere sintomo di qualcosa di preesistente e recondito nel malato. Una considerazione condivisibile non credete?

Fonte: Videogameschronicle