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Riot Games: hai subito molestie? Non puoi citare in giudizio il tuo datore di lavoro perché hai firmato un contratto

Cinque dipendenti del colosso accusano discriminazioni di genere.

Riot Games ritorna a dover fronteggiare presunte accuse di sessismo, dopo che cinque donne, tra dipendenti ed ex dipendenti, hanno accusato la società di discriminazioni di genere intentando azioni legali contro la compagnia.

Ebbene, come riporta Kotaku, Riot Games si è attivata proprio in questi giorni per impedire che azioni legali siano mosse contro la compagnia. In particolare, la clausola su cui si fa perno è molto semplice: le donne in questione hanno rinunciato al diritto di citare in giudizio la società nel momento in cui hanno firmato il contratto di assunzione.

Gli avvocati di Riot inoltre spiegano come le dipendenti abbiano accettato queste clausole arbitrali, clausole molto diffuse nei contratti delle diverse società e la cui funzione è proprio quella di isolare le compagnie dal controllo della legge.

In sostanza, queste clausole impongono al dipendente, qualora ritenga di avere delle ragioni da far valere, un arbitrariato interno alla compagnia, privato. Un sistema "extra-legale" senza giuria e giudice in pratica. Naturalmente così facendo i datori di lavoro hanno probabilità pressoché nulle di essere imputati per comportamenti scorretti.

La pratica è decisamente controversa ed è stata anche recentemente criticata. Essa è in voga anche presso altri colossi come Google, Facebook e Uber, società che hanno dichiarato che avrebbero annullato queste clausole in casi di molestie sessuali.

Cosa ne pensate di questa situazione?

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A proposito dell'autore
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Stefan Tiron

Contributor

Studente universitario a tempo pieno, scrittore a tempo vuoto. Svezzato a PS1 e Final Fantasy, adora il genere degli RPG e di riflesso il fantasy in ogni sua forma e dimensione.

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