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Peter Molyneux

I limiti del game design, la next-gen, il suo prossimo gioco "follemente ambizioso" e Project Milo.

“Parigi vale bene una messa”, disse Enrico IV di Francia, e qualche secolo più tardi, in un contesto decisamente meno regale, mi sento di poter affermare che “Peter Molyneux val bene un’intervista”.

Checché se ne dica, nonostante le polemiche che lo hanno accompagnato in questi ultimi anni, il game designer britannico è una delle poche persone le cui interviste offrono sempre quello spunto e quell’intuizione che in altri casi spesso mancano.

Sono quindici anni circa che lo conosco e lo intervisto, e posso dire senza tema di smentita che oggi come ieri nei suoi occhi vedo quel trasporto, quella volontà di mettersi in discussione che nessuno dovrebbe mai perdere. Delle due l’una: o è un ottimo attore o ci crede per davvero, e io sono convinto della seconda alternativa.

Al tempo stesso, è inutile negare che la sua figura ultimamente sia stata oggetto di ben più che una critica, il che si è verificato ogni volta che una sua promessa in sede di anteprima è stata poi disattesa dai fatti.

Peter Molyneux a La Milanesiana 2011, festival ideato e diretto da Elisabetta Sgarbi e promosso dalla Provincia di Milano.

Qui l’opinione pubblica si è sostanzialmente divisa in due: c’è che lo considera un millantatore neanche troppo abile, e chi invece (come il sottoscritto) crede che molto spesso le sue visioni siano non sempre traducibili in un game design funzionale, e che quindi vengano modificate durante il percorso lavorativo.

D’altronde qualche anno fa mi ricordo che mi raccontò della sua frustrazione di fronte al primo Black & White, e che a pochi mesi dall’uscita ebbe la tentazione di cancellare tutto il gioco dal suo hard disk. Poi, fortunatamente, ebbe l’intuizione per amalgamare i vari concept che aveva in mente e il prodotto approdò sugli scaffali.

Se proprio una critica la si deve muovere a Peter Molyneux, è quella di avere osato troppo poco in questi ultimi anni. Laddove lui è diventato famoso per il proporre concept sempre diversi tra loro e spesso audaci e avveniristici, negli ultimi anni l’attenzione su Fable è diventata eccessiva, privando gli appassionati di novità che probabilmente avrebbe gradito maggiormente.

È però vero che quella di Fable è una serie che in tre capitoli ha venduto 12 milioni di pezzi e che, come dirà nel corso l’intervista, quando ha proposto qualcosa di realmente innovativo come Milo & Kate non gliel’hanno fatto fare. Non dimentichiamo infatti che la software house da lui fondata nel 1997, Lionhead Studios, è stata acquisita da Microsoft nel 2006.

L'occasione per intervistare Peter Molyneux è stata offerta da La Milanesiana 2011, il festival ideato e diretto da Elisabetta Sgarbi, promosso dalla Provincia di Milano, con il sostegno del Comune di Milano, in collaborazione con la Regione Lombardia e organizzato da I Pomeriggi Musicali/Teatro dal Verme, con la collaborazione della Fondazione Corriere della Sera. Per l’occasione sul palco era presente in qualità di moderatore anche la vecchia conoscenza Paolo Paglianti: lo ricorderemo non solo per le sue domande alla fine della conferenza, ma anche per le sue immagini di repertorio che venivano proiettate sullo sfondo.

"L'ispirazione per Populous è nata dalla passione di Molyneux per il LEGO e dalla osservazione di ciò che accadeva dando fuoco ai formicai."

Durante il discorso che ha tenuto, Molyneux ha spiegato da dove abbia tratto l’ispirazione per Populous (ossia dal LEGO e dai formicai che si divertiva a incendiare), Syndicate (“che succederebbe se adesso tirassi fuori un mitra?”, ha pensato una volta in coda al supermercato), Magic Carpet (quando si sedeva sul tappeto di casa sua, insieme alla sorella, facendo finta che potesse volare) e Dungeon Keeper (dopo la visione di un film di James Bond in cui 007 entrava in una base della Spectre e la distruggeva in cinque minuti. “È ingiusto”, ha pensato, “il cattivo del film deve averci messo degli anni per costruirla!”).

Prima e dopo, ho avuto modo di porgli alcune domande, che trovate trascritte qui di seguito. Buona lettura!

Eurogamer: Ci conosciamo da tanti anni, quando i videogiochi erano ben diversi da quelli di oggi…

Peter Molyneux: Eppure, al tempo stesso anche molto simili. Quando ho iniziato c’erano gruppi di due o tre persone che avevano delle idee, magari folli, e mettevano in giro i loro giochi senza PR o campagne di marketing. Il che mi ricorda molto quello che sta accadendo oggi col mondo delle Apps. È curioso vedere come nella stessa industry possano convivere due modelli tanto diversi come quello strutturato dei blockbuster e quello amatoriale delle applicazioni per iPhone e Android.

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A proposito dell'autore
Avatar di Stefano Silvestri

Stefano Silvestri

Editor in Chief, EG.it

Il suo passato è costellato di tutto ciò che è stato giocabile negli ultimi 40 anni. Dal ’95 a oggi riesce a fare della sua passione un mestiere, non senza una grande ostinazione e un pizzico di incoscienza.
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