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“PlayStation Never” e il digital divide italiano - editoriale

Il campanello d'allarme di Sony: “in Italia le infrastrutture di Rete non sono sufficienti”.

Fino a ieri si chiamava PlayStation Now: era uno dei servizi più interessanti e futuribili tra quelli proposti da Sony per la sua PS4 (se non il più interessante e futuribile in assoluto) e prometteva di lasciarci giocare in streaming, direttamente dalle nostre case, una grande quantità di titoli.

Inizialmente sarebbe stato offerto soprattutto il catalogo di PS3, portando dunque la tanto ambita retro-compatibilità sulla nuova macchina di Sony, e per il futuro chissà. Ma non solo: tramite streaming avremmo potuto anche approfittare dello "share play", ossia entrare gratuitamente nelle partite dei nostri amici, anche senza possedere il gioco in questione.

E non è ancora finita: il PS Now avrebbe consentito anche un altro approccio al gaming, totalmente rivoluzionario. Inviando il flusso di gioco via server, e non richiedendo dunque una grande potenza di calcolo all'hardware domestico, il servizio ci avrebbe lasciato giocare anche senza una console: come "ricevitore" dei dati sarebbe bastato un semplice televisore compatibile (Sony ha già presentato i primi) o un qualsiasi multimedia box che offrisse l'abbonamento al servizio.

Niente sorrisi per l'Italia: PlayStation Now non arriverà nel nostro Paese. La colpa, secondo la dichiarazione ufficiale di Sony, è delle infrastrutture di Rete insufficienti.

Perché parlo al passato? Perché da oggi tutta questa è ufficialmente fantascienza per noi giocatori italiani. Il general manager di Sony Computer Entertainment Italia, Marco Saletta, ha annunciato ufficialmente che il servizio non arriverà in Italia, almeno fino a quando "le infrastrutture di banda larga saranno in grado di poter garantire agli utenti la migliore esperienza di gioco possibile". Praticamente siamo passati da "PlayStation Now" a "PlayStation Never".

Si tratta, inutile dirlo, di una delusione colossale. Ma forse non di una sorpresa assoluta: gli ultimi dati sul digital divide italiano (il distacco sostanziale tra le aree in cui Internet è più presente e quelle in cui lo è meno) parlano chiaro: il nostro Paese è indietro, rispetto alla media europea, in termini di banda larga, velocità e capillarità delle connessioni.

Sony aveva in tempi non sospetti indicato una velocità minima di 5 Megabit come necessaria per usufruire correttamente del suo servizio. A quanto pare, non ha riscontrato nelle infrastrutture di Rete italiane caratteristiche adeguate a soddisfare tale standard.

Secondo gli ultimi dati della Commissione Europea, in Italia le connessioni Internet ad alta velocità (oltre 30 Megabit) sono appena l'1%, contro una media del 21% per i Paesi dell'Unione.

Ovviamente sia il sottoscritto che molti di voi sono dotati di connessioni ben migliori: linee da 10 o 20 Megabit non sono poi così rare in Italia, soprattutto per chi vive nelle aree urbane, ma non è questo il punto: evidentemente Sony ha giudicato la platea non sufficientemente ampia per motivare la spesa, di certo corposa, di stabilire nel nostro Paese un servizio che richiederebbe server dedicati da gestire e mantenere, per un ritorno economico che si prevedeva non congruo.

Sony non è l'unica ad aver recentemente messo da parte (con molte parole gentili, per carità!) l'Italia nei propri piani aziendali, a causa della situazione di Rete e dei monopoli collegati al mondo delle telecomunicazioni. Netflix, un altro gigante mondiale del multimedia, dopo essere partito dagli USA e aver rapidamente conquistato mezza Europa, è tuttora assente dalle nostre parti (anche se si vocifera di un suo arrivo nel 2015). Stesso discorso vale per Amazon Instant Video, l'equivalente servizio messo in piedi dal più grande retailer online del mondo e già presente in USA, Giappone, Germania e Inghilterra, ma non in Italia.

Insomma, quello di PlayStation Now non è un caso unico: contribuisce, anzi, a disegnare con chiarezza sempre maggiore una situazione preoccupante. Non perché "una manciata di nerd non potranno giocare in streaming alla PlayStation", come, non ho dubbi a riguardo, la vedrà qualcuno.

Con un abbonamento da 8-10 dollari al mese, Netflix consente di vedere in streaming una quantità illimitata o quasi di contenuti video, su innumerevoli piattaforme. Le offerte di video on demand attualmente presenti in Italia, a confronto, impallidiscono.

La situazione è grave perché viviamo in un tempo e in un'era in cui la Rete, la tecnologia e l'innovazione sono tra i principali motori di crescita e di sviluppo economico mondiale, così come lo furono la metalmeccanica e il petrolchimico negli anni '60 del nostro boom economico. Restare oggi indietro rispetto a questi temi significa rinunciare alla sfida del futuro. Per questo, il severo giudizio di Sony sullo stato delle nostre infrastrutture digitali non dovrebbe assolutamente cadere nel vuoto.

Ma da un Paese che, bacchettato da Mr. Google in persona sullo stato della sua innovazione, risponde per bocca di un Ministro della Repubblica che, testuali parole: "in ogni Paese ci sono vocazioni, magari un ragazzo italiano sa meno di informatica ma più di storia medievale "... cosa possiamo davvero aspettarci su questo tema?

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Luca Signorini

Contributor

Luca gioca e scrive da quando ha scoperto le meraviglie del pollice opponibile. È giornalista ma soprattutto appassionato; non gli toccate Metroid, Stallone, i Black Sabbath e la carbonara e sarete suoi amici per sempre.
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