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Praey for the Gods Recensione - Clone of the Colossus o qualcosa in più?

Non è tutta avventura quella che luccica.

Ne abbiamo testimoniato l'annuncio la bellezza di cinque anni fa. Lo abbiamo perso di vista per un bel po', quasi dimenticandoci di lui. Pochi mesi fa è riaffiorato improvvisamente in superficie mostrandosi nella sua forma quasi finale e ancora più a sorpresa in questi è diventato disponibile su tutti gli store digitali PC, PlayStation e Xbox.

Stiamo parlando di Praey for the Gods, gioco che fa dell'immortale Shadow of the Colossus la sua inequivocabile fonte di ispirazione e che nella sua lunga lavorazione ha subito un bel po' di modifiche, non ultima l'antipatica diatriba con Zenimax/Bethesda che ha preteso dai piccoli sviluppatori californiani l'aggiunta di una "a" nel titolo per evitare confusione con il loro Prey.

Praey for the Gods è destinato a sollevare una questione molto importante: fino a che punto un gioco può ispirarsi ad un altro senza sconfinare nel plagio? Sono molti i titoli che in passato hanno usato le opere di Fumito Ueda come punto cardinale, ma mai prima d'ora ci era capitato di avere davanti un clone così spudorato di uno dei suoi giochi. L'estrema (con la E maiuscola) somiglianza con SOTC viene spiattellata in faccia al giocatori fin da subito, senza troppi preamboli. Un eroe solitario, una terra inospitale, una serie di titani da scalare e abbattere per portare a compimento un'antica profezia e molto, molto, MOLTO altro.

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Qui non stiamo parlando di qualche strizzata d'occhio, si elementi presi e "accomodati" qui e la ma quasi di una copia-carbone del titolo originale: ritmo, narrazione, susseguirsi degli elementi di gameplay, per arrivare addirittura ad alcune animazioni. Più che la società proprietaria di Bethesda ci chiediamo come sia possibile che a fare causa a No Matter Studios non sia stata la stessa Sony.

Ok, lasciamo per un po' da parte la questione e dedichiamoci alla qualità del gioco in sé. Se fosse realmente un clone 1:1 di Shadow of the Colossus potremmo anche non gradire la scelta degli sviluppatori, ma godere comunque di un titolo epico e appassionante. La "scala" di Praey for the Gods in effeti è molto vicina a quella della creatura di Ueda. Fin dall'inizio vi sentirete inermi di fronte ai pericoli che dovrete fronteggiare, rappresentati non solo dai mostri che si celano in determinate zone della mappa ma anche dal gelo che dovrete combattere mangiando, riposando e recuperando le forze.

L'elemento survival è stato inserito in un contesto open-world nel quale prendono vita altre meccaniche che non faticherete a riconoscere. Anche l'ultimo Zelda ha fatto scuola e il team di Praey for the Gods deve averci giocato un bel po'. Mentre ci si muove da un Coloss... pardon, Dio all'altro diventa sempre più necessario recuperare risorse per cibarsi, legna con cui creare nuove armi e approntare temporanei rifugi in cui scaldarsi, recuperare le forze e sistemare l'inventario. Nessuno di questi elementi è stato approfondito più di tanto e tutti restituiscono quella sensazione da blando riempitivo messo lì tanto per dare l'impressione che qualcosa in più di un semplice "copia e incolla" è stato fatto.

Il secondo Dio che dovrete affrontare non vi lascerà avvicinare facilmente. Per riuscire a sconfiggerlo dovrete prima raggiungerlo.

Ovviamente siamo coscienti del fatto che la dimensione ridottissima del team non permetteva chissà quali voli pindarici sotto il profilo narrativo, ma vista la lunga gestazione era lecito aspettarsi almeno qualche guizzo creativo in grado di distinguere Praey for the Gods dal "rivale". È apprezzabile la perizia con cui sono stati disegnati e animati alcuni Dei che dovrete affrontare. Un paio in particolare si differenziano dai Colossi nell'approccio che dovrete tenere non tanto per sconfiggerli ma per avvicinarvi a loro.

Una volta raggiunti la vostra memoria muscolare vi suggerirà immediatamente cosa fare e anche il sistema di controllo vi farà fare un balzo indietro nel tempo: si salta, ci si aggrappa alla folta peluria che ricopre il mostro e si resiste quando questo tenta di scrollarsi di dosso la nostra presenza. Nei pochissimi secondi di relativa calma si procede verso le sorgenti luminose che indicano chiaramente i punti deboli da colpire. Invece che piantarci dentro una spada come farebbe un Wander qualsiasi, dovrete manipolare delle specie di pistoni, estraendoli e riposizionandoli nei loro alloggiamenti fino a farli "scoppiare". Uno, due, tre e in meno di un minuto il bestione va giù... beh, almeno il primo perché per tutti gli altri dovrete faticare un bel po' di più.

Stavolta però non percepirete mai quella sensazione di tristezza che vi accompagnava ogni volta che sconfiggevate un colosso. I mostri di Praey for the Gods non sembrano delle vittime sacrificali ma dei guardiani dall'anima cattiva che devono essere eliminati. Ovviamente ci guarderemo bene dal rivelarvi dettagli della trama sul perché siano lì e cosa accadrà quando li sconfiggerete tutti... anche perché non dovrete attendere molto per arrivare alla fine. In circa 8 ore sarete già all'epilogo.

Questo è solo uno degli elementi 'Zeldiani' che troverete, che vi aiuteranno sia in fase di esplorazione che in combattimento.

Tecnicamente Praey for the Gods non è paragonabile ad un titolo Tripla A e non ci aspettavamo certo che lo fosse. La qualità delle texture è altalenante e nel corso del peregrinare del protagonista dovrete convivere occasionali glitch, animazioni claudicanti e collisioni approssimative che renderanno l'esplorazione spesso più difficoltosa del previsto, quasi fosse essa stessa un colosso da domare e sconfiggere. Va tenuto conto tuttavia che il team che lo ha creato è formato da sole tre persone, che hanno fatto davvero miracoli per rendere l'intera avventura comunque godibile nonostante i suoi nei.

Difficile consigliare Praey for the Gods senza riserve, anche a coloro che hanno amato alla follia il capolavoro firmato Team Ico. L'opera prima di No Matter Studios porta su di sé gli evidenti segni di una gestazione lunga e difficile, che ha dato vita ad una sorta di versione Asylum di Shadow of the Colossus. Potete dargli fiducia preparandovi comunque ad un'esperienza "ruvida", che vi permetterà però di supportare un mini-team a cui vogliamo bene per molti motivi e che merita una seconda opportunità per farsi davvero notare nell'affollato panorama dei videogiochi.

5 / 10

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Daniele Cucchiarelli

Contributor

Lavora nel giornalismo videoludico da oltre 20 anni. Anche se tutti quelli che lo conoscono gli hanno consigliato di "trovarsi un lavoro serio", resta sempre fedele al suo primo amore.
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