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Project Cars 2: intervista a Nicholas Hamilton e Ben 'The Stig' Collins

20 minuti tra reale e virtuale col fratello del campione del mondo di F1 e il pilota mascherato di Top Gear.

Quando è iniziata la conferenza stampa per la presentazione di Project Cars 2, in stanza c'erano varie persone, tutte coinvolte a vario titolo nella realizzazione del progetto. Con Andy Tudor e Stephen Viljoen avrei passato successivamente una mezz'ora d'intervista, quindi non mi soffermerò su di loro in questa sede. Vi parlerò piuttosto di Nicholas Hamilton e Ben Collins.

Il primo assomiglia moltissimo al più noto fratello Lewis, campione del mondo di Formula 1. Ma il destino, che alle volte sa essere beffardo, gli ha procurato da piccolo una paralisi cerebrale che lo ha lasciato disabile. Ciononostante, mentre il fratello bruciava le tappe del campionato mondiale e del jet set, lui s'avvicinava al mondo delle corse attraverso un videogioco, GTR degli Slightly Mad Studios. Ed è qui che sta il bello della sua collaborazione col team di Project Cars 2.

Ben Collins invece è un nome che potrebbe non dirvi molto. Ma se lo chiamassi col suo nome d'arte, ossia The Stig, a molti di voi s'accenderebbe una lampadina. Perché sì, parlo proprio del mitico pilota di Top Gear. Il suo outing, qualche anno fa, come sapranno i bene informati non è stato certo indolore, con l'uscita di un libro e gli inevitabili strascichi giudiziari. Ma a noi questo importa fino a un certo punto, quello che conta è che anche lui stia dando il suo contributo tecnico alla realizzazione di Project Cars 2, e che insieme a Nicholas Hamilton si sia fatto intervistare per Eurogamer.it.

Inevitabile, vista la caratura dei due personaggi, chiedere quale sia stato il loro effettivo coinvolgimento nel progetto: consulenti tecnici o semplici testimonial? Risponde Nicholas Lewis: "Il mio background è quello dei simulatori di guida. Ho iniziato col primo GTR, e sebbene le corse fossero una cosa comune nella mia famiglia, per via della mia condizione non ho mai creduto avrei potuto riuscirci".

Lo so, questa foto fa molto rivista cartacea anni '90, ma potevo non mettervi la foto mia insieme a Nicholas Hamilton e Ben 'The Stig' Collins? No, non potevo...

"Successivamente il mio coinvolgimento nel mondo delle corse s'è fatto più intenso, e alla fine nel 2009 ho corso nel British Touring Car Cup, che ho vinto. Quello è stato l'inizio della mia carriera, ma è giusto ricordare che tutto è partito da GTR: senza quel gioco oggi non sarei qui. Quando gli Slightly Mad mi hanno chiamato, ho quindi accettato volentieri. Perché il loro obiettivo e creare il simulatore più realistico che esista e perché sono convinti di potercela fare da soli. Sono cinque anni che lavoriamo su Project Cars 2 e il mio scopo è trasferire nel gioco tutto quello che ho imparato sulle piste".

Al che è stato il turno di Ben Collins: "Ho iniziato a correre che avevo 19 anni e oggi vanto oltre vent'anni di esperienza, dalle monoposto a Le Mans, dalle GT al campionato Nascar. Diciamo quindi che di corse ne so qualcosa. Gli Slightly Mad hanno un solo obiettivo, ossia creare il simulatore più realistico che esista, e il mio compito è spiegare agli ingegneri del software cosa accade realmente, come ci si senta a guidare una macchina da corsa".

Di Nicholas lo sappiamo già, ma tu sei un gamer? "Non esattamente. Oggi mi piacciono alcuni giochi arcade, anche ho iniziato con Grand Prix 2 (di Geoff Crammond, ndSS), che all'epoca sembrava il massimo, anche se poi a ben guardare non è che i settaggi fossero così realistici. Ho giocato anche a Grand Prix 3, ma lo sterzo non era molto accurato in quel gioco".

Inevitabile, di questi tempi, la domanda per Nicholas Hamilton: vista la tue esperienza e il tuo background, come ti vedresti a competere nell'ambito degli esport? "Non mi sono mai avvicinato agli esport ma mi piacerebbe farlo", risponde Nicholas Lewis. "Anzi, gli Slightly Mad vorrebbero che li rappresentassi in questo ambito, ma al momento sono concentrato solo su Project Cars 2".

La sezione di guida sul ghiaccio, una delle novità introdotte da Project Cars 2, al momento è davvero frustrante: cos'è andato storto? Ce lo spiega Ben Collins.

La sezione di guida sul ghiaccio, una delle novità introdotte da Project Cars 2, al momento è davvero frustrante: cos'è andato storto? Risponde Ben Collins: "Ho provato la prima versione delle corse sul ghiaccio una settimana fa, e ho scritto una lista delle cose che andavano cambiate. Al che ne hanno realizzato una seconda versione, più facile da controllare, ma non siamo riusciti a prepararla in tempo per questa dimostrazione. Tutto ciò che vedi qui è quindi la versione originaria, dove il ghiaccio è più liscio che nella realtà e le gomme delle macchine non sono chiodate. Il risultato è un po' come andare sul ghiaccio con una normale macchina stradale. Ma lo sviluppo di queste corse è ancora a uno stadio embrionale. In compenso, quando guidi una Mercedes GT3 su strada, ne converrai, il risultato è eccellente. Ci sono giusto alcune migliorie da apportare ma il grosso è fatto".

Ammetto di essere rimasto sorpreso dalla mancanza del force feedback, il che rende difficile sentire la reazione dal volante. "Il force feedback verrà senz'altro implementato", risponde Ben Collins. "Un feedback ci dev'essere senz'altro ma considera che le macchine oggi hanno tutte lo sterzo elettronico, e non essendoci più un rapporto diretto tra le ruote e il volante, la risposta non è quella cui sei abituato".

Come possono dei veri piloti come voi, capaci di guidare dei bolidi al limite, rendere realistico un software pensato per il giocatore medio, che nella vita guida un'utilitaria e aspettandosi sensazioni che in realtà non ha mai provato? Risponde Ben Collins: "credo che più un gioco di corse è realistico, più è facile da guidare. Tant'è che la sezione sul ghiaccio è più difficile che nella realtà, proprio perché dev'essere rifinita. Ad esempio, che mi dici della GT3? Ti sei mai schiantato lì?".

Secondo Hamilton e Collins, guidare una GT3 è alla portata di tutti. Io qualche dubbio ce l'ho ma lo tengo per me...

"No", rispondo io, "ma immagino che nella realtà sarei morto alla prima curva". "Questa che dici una cosa molto interessante!", osserva Nicholas Hamilton. "Già", gli fa eco Ben Collins. "In realtà con gli aiuti alla guida che ci sono oggi, le differenze sono minime. Certo, un errore in GT3 si paga caro mentre con un simulatore non rischi la vita. E sia chiaro, fare la pole position è un altro conto, probabilmente nella realtà faresti 2 o 3 secondi in più al giro rispetto ai professionisti. Ma per il resto non cambierebbe molto. Quello su cui stiamo lavorando adesso è la risposta dello sterzo, che alle volte restituisce risultati diversi rispetto alla realtà in caso di sovrasterzo e di perdita d'aderenza".

La PR alle mie spalle mi avverte che mi resta giusto un'ultima domanda, che rivolgo a entrambi. Nicholas Hamilton è la dimostrazione che un pilota virtuale può scendere in pista ed essere competitivo. Però nessuno dei piloti che abbiano seguito questo iter, si è mai affermati ai vertici dell'automobilismo internazionale. Quanto è realistico il passaggio dagli esport agli sport tradizionali, sui si pone molto l'accento ultimamente?

"Se vuoi diventare un pilota di F1 devi farti la gavetta coi kart", interviene Ben Collins. "Non c'è nulla come la realtà per sperimentare le forze G cui è soggetto un vero pilota. Ma se un cyberatleta si afferma nel campo degli esport, e guadagna soldi così, è anche difficile che trovi le motivazioni per rimettersi in gioco nei campionati reali. Anzi, a ben guardare ci sono degli assi dei kart che non provano neanche di fare il salto in F1, dove dovrebbero imparare tutto da capo e rifarsi la trafila senza essere pagati all'inizio".

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Prescindendo dal discorso monetario? "Beh, è già stato provato più volte che è possibile", prosegue Collins. "C'è chi ha vinto Le Mans arrivando dai videogiochi, e più le simulazioni diverranno realistiche, più il passaggio dal virtuale al reale sarà facile".

"Arrivare in F1 però è un'altra cosa", interviene Hamilton. "Il mondo è pieno di bravi piloti che però non arriveranno mai nel massimo campionato perché non hanno i soldi e gli agganci per farlo. Mio fratello è la classica eccezione che conferma la regola, visto che quando ha iniziato non aveva altro se non la passione e il talento. E ha avuto molta fortuna ad essere scelto e a potersi mettere in mostra. Il problema nella nostra industry non è la bravura ma i soldi".