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Red Dead Redemption

Messico e nuvole...

Red Dead Redemption rappresenta per Rockstar Games una scommessa indubbiamente ambiziosa e rilevante, ben lungi da quello che potrebbe superficialmente apparire come un riciclo in salsa western dell'affermata formula di GTA.

Per la provocatoria casa di Manhunt e Bully l'obiettivo è infatti soltanto uno: proporre un nuovo termine di paragone per i free roaming, presentando un videogame dall'ambientazione tutt'altro che consueta, capace di spingere un po' più in là gli attuali limiti del genere.

Ben consapevole dell'importanza della posta in gioco Rockstar ha quindi deciso di posticipare la release del titolo (originariamente prevista per la fine del 2009) al prossimo 30 aprile: ogni aspetto dell'avventura del burbero ex-fuorilegge John Marston dovrà essere semplicemente impeccabile per l'uscita.

E in effetti a sei mesi di distanza dal debutto sugli scaffali, Red Dead Redemption appare già come un prodotto assolutamente curato, dallo spessore non comune. Il peculiare setting è ovviamente la prima cosa a balzare all'occhio: il selvaggio Far West del prequel "spirituale" Red Dead Revolver ha lasciato spazio a uno scenario leggermente più civilizzato, in un inizio di XX° secolo scosso da profonde trasformazioni culturali e tecnologiche.

Io cercherei di non fare incazzare troppo uno con delle cicatrici così in faccia...

È un'epoca in divenire ed in costante transizione: invenzioni paradigmatiche quali il telegrafo, le armi automatiche e la ferrovia stanno cambiando il modo di vivere la Frontiera, e anche il Governo sta cercando di creare un vaga impronta di ordine dal caos tramite l'istituzione di organi quali il Bureau (un ente che costituisce una sorta di antenato ante litteram dell'FBI).

Red Dead Redemption vuole insomma proporsi come un prodotto didascalico ma tutt'altro che stereotipato, proponendo un universo complesso e sfaccettato dove sono le sfumature a fare la differenza: niente distinzioni nette tra buoni e cattivi o tra giusto e sbagliato, nessuna concessione alle macchiette fini a se stesse.

Un enorme mondo aperto (l'estensione è addirittura superiore a quella di GTA IV, rendendo Redemption il gioco più vasto mai creato da Rockstar!) fatto di polverosi canyon e aride praterie punteggiate qua e là da accampamenti e insediamenti umani, minuziosamente creato sfruttando la potenza del RAGE engine per costituire un vero e proprio ecosistema vivente in cui notte e giorno si alternano in maniera credibile, le condizioni climatiche variano in modo coerente e imprevedibile e addirittura le numerose specie animali instaurano rapporti predatore/preda tra loro.

La zona di Nuevo Paraiso in tutta la sua selvaggia bellezza. Si ringrazia il RAGE Engine per lo spettacolo mozzafiato.

Certo un'ambientazione così vasta e giocoforza più "vuota" rispetto ad una Liberty City a caso avrebbe potuto rappresentare un azzardo da non sottovalutare in termini di gameplay.

Eppure gli sviluppatori si sono impegnati al massimo per assicurare un'esperienza sempre varia, profonda e genuinamente interattiva, nel tentativo di rendere Red Dead Redemption un titolo ricco di cose da vedere e da fare.

A tal proposito meritano una menzione particolare le mappe dei tesori, vere e proprie illustrazioni che ritraggono peculiari elementi del passaggio che il giocatore dovrà cercare e riconoscere durante le fasi di puro free roaming esplorativo.

La recente preview nella sede gallaratese di Take Two è stata interamente incentrata sulla zona messicana dell'universo di Red Dead Redemption: la demo si è aperta con una cavalcata in uno scenario brullo e riarso dal calore del sole, tra conigli che scappavano impauriti dall'impeto della nostra cavalcatura e fuorilegge impegnati in sommarie esecuzioni all'ombra dei cactus.