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Redout 2 Recensione, correre a gravità zero sulla scia di WipeOut e F-Zero

Più contenuti ma anche più accessibilità. Ecco la nostra recensione in progress...

Le corse futuristiche anti-gravità hanno indubbiamente vissuto i tempi d’oro a cavallo tra gli anni ‘90 e il primo decennio degli anni 2000. F-Zero e WipEout sono stati sicuramente i punti di riferimento del genere per diverso tempo, con tanti capitoli e sequel per diverse generazioni di console, ma abbiamo avuto anche interessanti outsider come Tunnel B1 o Fatal Inertia.

Con Sony che ha recentemente chiuso lo Studio Liverpool responsabile di WipeOut e Omega Collection che sembra di fatto il canto del cigno della serie, nonché Nintendo che ha abbandonato da decenni F-Zero nonostante un nuovo capitolo sia richiestissimo dai fan, era arrivato quatto quatto Redout degli italiani 34BigThings a tentare di prendersi lo scettro di migliore racing anti-gravità.

Lo avevamo lodato nella nostra recensione per il gran senso di velocità che si provava correndo e per le interessanti idee messe bene in pratica, ma Redout aveva peccato in alcuni aspetti sia per quanto riguarda il gameplay, lo sviluppo e gli add-on veicolati tramite DLC e patch. Con diverse versioni e tanti DLC senza un season pass, la community ne è risultata inevitabilmente frammentata e il risultato è stato un online praticamente morto poco dopo il lancio, che nemmeno l’abilitare il crossplay tra Steam e Epic Games ha aiutato a resuscitare.

Adesso arriva Redout 2, con la promessa di migliorare gli aspetti in cui il prequel era criticabile. La prima bella novità è che non solo aumentano i contenuti ma quasi raddoppiano. Se nel primo capitolo avevamo al lancio 5 location, queste ora passano a 10 in Redout 2, dando vita a 36 varianti di tracciato. Un’altra novità è che ogni variante di tracciato è ora percorribile in senso inverso e se è vero che una pista in reverse non si dovrebbe contare come aggiuntiva, è innegabile che lo sforzo richiesto all’utente per imparare la versione speculare è accostabile a quello necessario per memorizzare un tracciato ex-novo. Quindi all’atto pratico abbiamo 72 tracciati differenti.

Un nuovo sistema di personalizzazione delle parti meccaniche ed estetiche permette grande varietà.

Si parla di corse futuristiche non a caso. Il gioco è infatti ambientato nell’anno 2589, in un universo distopico in cui la Solar Redout Galaxy è la lega che ospita uno degli sport più popolari della galassia, in cui i migliori piloti si sfidano guidando veicoli anti-gravità correndo a velocità incredibili su circuiti magnetici. Il gioco offre sostanzialmente due modalità di gioco per il single player: arcade e carriera. In arcade tutte le navicelle e tutti i tracciati sono disponibili da subito e potremo scegliere di correre su tutte e 72 le varianti di tracciato e tra le 12 tipologie di navicelle. Questa modalità si presta a chi voglia giocare partite veloci e casuali o ai giocatori più navigati. Per imparare a giocare conviene iniziare dalla modalità carriera.

Qui partiremo con un bel tutorial che ci insegnerà come governare al meglio la navicella. Non si tratta infatti solamente di accelerare, frenare e curvare. Ci sono una serie di tecniche di base che bisogna imparare per riuscire a essere competitivi e soprattutto per non finire fuori tracciato nei numerosi salti. Se per correre ad alta velocità bisogna ovviamente dosare bene acceleratore, freno, turbo e iperturbo, manovre come beccheggio e derapata (gestiti tramite l’analogico destro) sono fondamentali nei saliscendi e nelle curve secche dei tracciati. E poi c’è il rollio in volo che è fondamentale nei salti per evitare di mancare l’atterraggio.

Si tratta di novità e modifiche importanti al gameplay, quindi diventa non solo consigliato ma anche necessario passare attraverso il tutorial. Ammettiamo che ci è voluto un po’ prima di superare le prove ma la frustrazione iniziale permette di affrontare la modalità carriera preparati e con le giuste conoscenze tecniche per governare al meglio la navicella e riuscire ad essere competitivi con l’AI e nelle gare online.

Per quanto riguarda il layout della carriera, anche qui abbiamo importanti novità. Nel primo Redout era tutto un po’ confusionario, con menu dispersivi e l’utente che poteva scegliere liberamente la gara senza capire bene quale classe di nave fosse necessaria, e un sistema di contratti e di sblocco delle navi che cozzavano spesso l’uno con l’altro.

Un buon atterraggio garantisce un boost supplementare. Lo stile grafico rischia di far perdere di vista il tracciato, per fortuna ci sono gli indicatori delle curve.

Adesso è tutto più semplice e schematico. Abbiamo diverse leghe di velocità e difficoltà progressive, accessibili una volta ottenuta la promozione da quella inferiore. Ogni lega offre una serie di eventi o gruppi di eventi e ognuno di essi fornisce tante stelle proporzionalmente al piazzamento in gara. Viene anche abbandonato il sistema di soldi e contratti del prequel, in favore di un metodo più in linea con altri celebri giochi racing.

Piazzandosi sul podio, e ancor di più vincendo le gare, si sbloccano nuove navicelle e nuove parti per potenziarle e modificarle. Queste parti sono divise in due categorie: potenziamenti meccanici e modifiche estetiche. I primi servono a garantire maggior velocità, accelerazione, aderenza al tracciato o resistenza dello scafo, mentre i secondi permettono creare un veicolo personalizzabile tramite add-on, colori e livree, che sia unico e distintivo nelle gare online.

Aumenta anche il numero delle tipologie di gare. Oltre alla gara classica e alla gara a tempo abbiamo Arena race, una modalità in cui non ci sono respawn e il danno arrecato dagli urti e dal surriscaldamento aumenta giro dopo giro, con l’ultimo che è ovviamente il più letale: vincerà chi arriva primo al traguardo o l’unico sopravvissuto.

In Last Man Standing l’approccio è simile ai battle royale: la velocità aumenta progressivamente coi giri e il fanalino di coda viene eliminato a ogni giro. La modalità Speed ci fa correre da soli e l’obiettivo è ottenere il maggior numero di punti, che saranno proporzionali alla velocità che riusciamo a raggiungere e mantenere. Infine, abbiamo l’interessante modalità Boss in cui si corre su un tracciato che è la risultante della fusione di più tracciati, una sorta di maratona endurance.

Non si può esagerare col turbo, altrimenti si rischia l’esplosione dei motori...

Di varietà quindi ce n’è a sufficienza, soprattutto rispetto al primo Redout. Ma pad alla mano, come si guida? Il senso della velocità è veramente estremo, anche alle classi più basse. Quel che abbiamo notato da subito è che rimanere sulla linea di guida ideale è più difficile, soprattutto nei salti. Abbiamo scoperto, ed è stata una gradita sorpresa, che le condizioni di guida cambiano in base alla location. Su circuiti molto caldi come El Cairo la navicella si surriscalderà molto più velocemente una volta attivato il turbo boost, che va quindi dosato con più parsimonia.

Come per il prequel, barre del turbo e della salute si ripristinano automaticamente col tempo. Allo stesso modo, la gravità cambia da pianeta a pianeta, e dovremo quindi dosare beccheggio e turbo nei salti. Risulta fondamentale quindi fare attenzioni alle condizioni del tracciato nel pre-gara.

Un problema che abbiamo però riscontrato, che era presente anche nel prequel, è che mancano le mappe dei tracciati. Non solo manca la mappa (anche parziale) in-game, ma non è presente nemmeno nel pre-gara e manca anche un indicatore della difficoltà del tracciato. Se è vero che correndo a 1500 km/h non si ha spesso il tempo per guardare in basso una mappa, è anche vero che nelle sezioni di rettilinei si potrebbe memorizzare la successiva sequenza di curve ed essere più pronti. Quanto meno, gli sviluppatori hanno inserito un sistema di preavviso delle curve in stile rally. Meglio di niente ma per correre con successo e vincere, bisogna prima memorizzare i tracciati e l’unico modo è tramite schianti a ripetizione e podi mancati.

Per fortuna c’è anche un solido sistema di aiuti alla guida che aumenta l’accessibilità. Ci sono diversi livelli di difficoltà che tarano l’abilità dell’IA, con il sistema di aiuti che è separato e offre 6 livelli preimpostati con 10 slider che possono essere modificate per creare un profilo personalizzato. Imparare a governare bene la nave è fondamentale per avere buoni risultati in gara, anche perché in Redout 2 non c’è alcun barlume di arma.

I dettagli di tracciato e mondo circostante sono obiettivamente aumentati.

Nel primo Redout non c’erano razzi o missili a ricerca guidata da sparare contro gli avversari, ma era presente qualche blando add-on per infastidire gli avversari, come impulsi EMP o strumenti per sottrarre l’energia. Qui viene tutto eliminato spostando quindi il focus interamente sulla guida. Questo rende l’approccio più simile a F-Zero che a WipeOut, con le armi che hanno sempre fatto da principale parametro differenziante tra i due.

Per quanto riguarda il multiplayer, anche qui ci sono delle importanti novità. Abbiamo detto che questo aspetto era uno dei meno riusciti nel prequel e un nuovo sistema di eventi stagionali e sfide giornaliere implementato in questo sequel dovrebbe riuscire a tenere viva la community online nel tempo. Lo sviluppatore promette eventi che supportano fino a 12 giocatori a seconda della piattaforma, supporto a cross-gen multiplayer, async multiplayer e hot-seat join.

Tuttavia, non possiamo al momento esprimere un giudizio a riguardo in quanto nella fase pre-lancio non siamo riusciti a trovare avversari tramite matchmaking e la prima fase stagionale non è ancora attiva. Un tasto dolente è l’assenza del multiplayer locale tramite split-screen o LAN, un’assenza peraltro inspiegabile dato che era stato aggiunto post-lancio nel primo Redout, a testimonianza della sua utilità.

Dal punto di vista tecnico, il gioco mantiene lo stile artistico caratterizzato da pochi poligoni e molti effetti grafici. Le piste sono colorate, fluorescenti e trasparenti, quasi luccicanti. È bello da vedere ma molto spesso poco pratico: a quasi 2000 km/h è facile perdere di vista una curva o una piattaforma su cui atterrare dopo un volo.

La nuova modalità carriera ha una progressione più semplice e lineare.

Detto ciò, la grafica è stata migliorata rispetto al prequel: ora il mondo è più ricco di dettagli e anche la fisica ora è più convincente. Il gioco girava a dettagli massimi e 60fps fissi sia a 1080p che a 1440p sulla configurazione di prova composta da Ryzen 7 1700x abbinato a 32GB di DDR4 3000MHz e RTX 3060 Ti. Con frame-rate sbloccato si ottiene un frame-rate variabile tra 70-140fps, e sicuramente un processore più capace è in grado di garantire i 144Hz.

Abbiamo riscontrato qualche stuttering la prima volta che correvamo su ogni tracciato, una situazione che veniva meno dal secondo giro in poi, e questo anche lanciando il gioco da un velocissimo SSD NVMe gen4.. Questo fa pensare a un problema di streaming di texture, Si tratta di un problema comune nei giochi moderni sviluppati con Unreal Engine, ma in un racing così frenetico può fare la differenza tra una curva presa bene e uno schianto.

Tirando le somme, Redout 2 aggiunge un sacco di carne al fuoco rispetto al capitolo d’esordio e mira a correggere tutti i punti deboli di quest’ultimo, che era comunque un ottimo racer futuristico. L’abbandono totale delle armi e un sistema di guida più tecnico sono mosse che rendono questo gioco più simile a F-Zero che a Wipeout, ma un sistema di progressione più semplice, nuove modalità di gioco, e una campagna multiplayer solida promettono uno step in avanti e potrebbero far fare a Redout 2 quel salto di qualità per distinguersi da rivali come Pacer e dai mostri sacri del genere.

Sono già in cantiere dei DLC che saranno accessibili anche con season pass per tenere amalgamata la community, ma già adesso il gioco è più bello e più ricco di contenuti rispetto al primo capitolo al lancio. Ci riserviamo però di testare a fondo la modalità multiplayer (decisamente cruciale per questo gioco) prima di esprimere un giudizio definitivo.

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Redout 2

PS4, PS5, Xbox One, Xbox Series X/S, PC, Nintendo Switch

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Marco Procida

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