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Redux: Dark Matters e la celebrazione degli sparatutto a scorrimento - recensione

Da un antico passato, un piacevole ritorno.

Mentre gli scaffali dei negozi si riempiono di FPS, avventure open world più o meno buggate, picchiaduro e giochi di guida, qualcuno continua a dare speranza agli appassionati di vecchi generi ormai quasi completamente estinti.

La piattaforma perfetta per questo genere di giochi, per quanto possa sembrare assurdo, è il Dreamcast, console commercialmente morta, ma ancora oggi terreno fertile per tanti sviluppatori Indie legati alle tradizioni del passato.

Ed è proprio di un gioco appartenente a questa piccola nicchia, che oggi vi andremo a parlare. Redux: Dark Matters è il seguito di Dux, sparatutto a scorrimento uscito nel lontano 2009 su Dreamcast, e come da tradizione offre un solido gameplay old school che punta tutto sul punteggio, sulla precisione, e sui riflessi Jedi.

Dopo aver passato diverse ore con la versione PC, è giunto il momento di descrivere pregi e difetti di questo progetto, analizzandone con attenzione le meccaniche di gioco. Gli sviluppatori di Redux: Dark Matters non hanno inventato nulla di nuovo, ma sono comunque riusciti a creare un cocktail intrigante, capace di catturare l'attenzione degli appassionati del genere.

Il cerchio che circonda l'astronave assorbe i colpi nemici, attivando al tempo stesso la possibilità di agganciare i bersagli. Attenti a non esaurire l'energia al momento sbagliato, però!

L'intera esperienza è composta da 7 livelli, i primi due caratterizzati da una difficoltà accessibile, e i rimanenti pensati appositamente per i professionisti del joypad. Tale divisione della difficoltà è stata evidentemente studiata attorno alle meccaniche del gioco.

In Redux: Dark Matters, infatti, tutto ruota attorno all'accumulo di potenziamenti sempre più incisivi, indispensabili per avere anche solo una minima possibilità di sopravvivenza nelle fasi avanzate del gioco.

Come da tradizione per il genere, abbattendo interi gruppi di nemici si ottengono i potenziamenti, che una volta raccolti equipaggiano l'astronave con armi sempre nuove. Si parte dal più classico degli scudi frontali (un omaggio al glorioso R-Type, senza però l'opzione di poterlo staccare e posizionare attorno alla nave), fino ad arrivare ai missili e agli immancabili laser, in un perfetto bignami dello sparatutto old school.

Ogni volta che si viene colpiti da un proiettile nemico, o che si impatta con un'astronave o un elemento del fondale, si perde una vita, tornando immediatamente in gioco con i potenziamenti leggermente ridotti. In tutto, si hanno a disposizione appena 3 crediti, dettaglio che rende davvero difficile completare il titolo, se non in cambio di tante ore, e di una dettagliata opera di memorizzazione delle sequenze.

Accumulare potenziamenti è fondamentale per avere qualche possibilità di sopravvivenza, nelle fasi avanzate del gioco.

In tutto questo si inserisce una meccanica che, sotto alcuni punti di vista, ricorda quella già vista in Ikaruga, dove i colpi nemici venivano sfruttati a proprio vantaggio. Tramite la semplice pressione di un tasto, infatti, è possibile attivare in qualsiasi momento uno scudo energetico che circonda la nave, utile per assorbire i colpi nemici.

Questo scudo è legato all'energia presente all'interno di un indicatore, energia che si consuma piuttosto rapidamente, ma che può essere ricaricata assorbendo i proiettili nemici con l'armatura posizionata sulla parte frontale dell'astronave.

Imparare a sfruttare alla perfezione questa dinamica è fondamentale, soprattutto considerando la lentezza con cui l'energia dello scudo viene ripristinata. Nelle fasi avanzate del gioco, dove spesso sembra di guardare la morte in faccia, avere a disposizione un simile asso nella manica può fare la differenza.

Considerando l'impennata della difficoltà dal terzo livello in poi, è evidente quanto sia importante arrivare alle fasi avanzate potendo contare su tutti i potenziamenti a disposizione. Ed è proprio questo tipo di approccio che spinge i giocatori a impegnarsi per completare il gioco con un solo credito.

Come potete vedere, i colori usati per i fondali sono sempre accesi e ben visibili. Lo stile grafico è banale ma gradevole.

Redux: Dark Matters , quindi, fa parte di quella categoria di titoli hardcore, dove solo i migliori hanno il privilegio (non senza una buona dose di fatica e impegno) di vedere la sequenza finale. Se l'operazione è ardua a livello di difficoltà Normale, le cose si fanno ancor più frustranti giocando a Veterano, dove nessuno scudo viene messo a disposizione del povero pilota, lasciato in balia della brutale potenza bellica nemica.

Alla luce di tutto questo, è un vero peccato che gli sviluppatori non abbiano bilanciato a dovere il level design, che a volte si rivela essere frustrante anche per i giocatori più abili. Alcune scelte del team, infatti, sembrano essere state portate avanti più per infierire sull'utente, che per garantire una sfida equa, per quanto difficile.

Visivamente parlando il gioco ripropone il classico stile dell'epoca d'oro degli sparatutto a scorrimento orizzontale, con colori accesi e forti tinte metalliche a circondare astronavi dal design un po' troppo banale. La colonna sonora, invece, si assesta su ottimi livelli, con brani elettronici perfettamente in linea con il tipo di esperienza offerto da questo titolo.

Se siete alla ricerca di uno sparatutto vecchio stile in grado di soddisfare il vostro desiderio di retrogaming moderno, Redux: Dark Matters farà al caso vostro. Non si tratta certo di un prodotto raffinato come Ikaruga, o leggendario come R-Type, Gradius o Thunderforce, ma nonostante questo è comunque in grado di tenere incollati allo schermo per alcune ore.

7 / 10

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Redux: Dark Matters

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Filippo Facchetti

Contributor

Filippo Facchetti è un rispettabile nerd da sempre appassionato di "giochini elettronici". Prima di approdare a Eurogamer scrive per importanti riviste di settore e conduce programmi TV dedicati all'intrattenimento digitale.
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