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Rogue City: Bronx - recensione

Non al denaro, non all'amore, né al cielo.

Su Netflix è uscito Rogue City - Bronx, un noir diretto da Olivier Marchal, film che vale una visione e ci ha dato modo di riflettere anche sulla carriera di un autore solo parzialmente distribuito in Italia. Diciamo autore perché Marchal è stato anche sceneggiatore oltre che regista di film nerissimi, storie di guardie e ladri senza speranza, dove ingiustizia sempre sarà fatta, dove il Male distrugge tutto quello che tocca, buoni e cattivi che siano, che sembrino, dove però la distinzione fra i due è sempre suscettibile di variazioni improvvise.

I principi morali spesso albergano nei soggetti più inaspettati, chi ne fa mostra per dovere istituzionale spesso è il peggiore dei peggiori. Ma fra poliziotti e delinquenti pochi si salvano. E spesso solo in senso metaforico. Non c'è fiducia in nessuno e nulla che tenga, il tradimento è inevitabile, che sia per amore o per soldi, per potere o vendetta. E costerà carissima sempre, perché le sue ramificazioni si spanderanno attraverso gli anni.

Non c'è premio insomma, non c'è redenzione, non c'è speranza, perché la lotta contro il Male, oltre che nei confronti di chi proprio delinque, dovrebbe essere rivolta contro se stessi. Di questo terribile ambiente Marchant si è occupato in tutti i suoi film da regista (vanta anche una carriera come attore), forte di una lontana partecipazione al corpo di Polizia, 12 anni fra i '70 e gli '80, che deve averlo segnato profondamente.

I tutori della Legge, ma quale?

La sua filmografia è ricca di titoli a tinte fortissime, che siano ambientati fra i tutori dell'ordine o fra i criminali, pescando spesso nelle biografie di personaggi realmente esistiti. Il più noto è forse 36 Quai des Orfèvres, mitico indirizzo per gli appassionati di "polar", quello della sede centrale della polizia criminale di Parigi. Interpretato da Daniel Auteuil, Gérard Depardieu e André Dussollier, è una storia di feroce lotta interna fra i capi di due sezioni della polizia in vista di un salto di carriera.

Due anni prima però Marchal aveva realizzato il più romantico Gangsters, con Richard Anconina e Anne Parillaud, gioco fra gatto e topo di un agente sotto copertura e un gruppo di poliziotti corrotti e assassini (ispirato a una storia vera). Ma nella sua epica tragicità è rimasto nella memoria L'ultima missione (MR73), con un devastato Daniel Auteuil, ispirato anch'esso a fatti reali, la caduta di un ottimo poliziotto devastato da sventure famigliari, proprio mentre sta per individuare un sadico killer seriale, ostacolato da colleghi corrotti e incapaci. Così come si rifà a un personaggio realmente esistito Le Lyonnais, dal poco incisivo titolo italiano A Gang Story, che fa riferimento alla Banda dei Lionesi, in azione nel sud della Francia negli anni '70, storia di amicizia, lealtà e tradimento con due attori come Gerard Lanvin e Tchéky Karyo, che alla lontana ricorda il nostro Romanzo criminale, anche se in chiave più barocca e melodrammatica.

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E interessante è stato anche Carbone - La truffa del secolo, con Benoît Magimel (si trova su Netflix), noir meno hard dei precedenti, che prende spunto da un fatto realmente avvenuto, una truffa anomala al sistema fiscale, dove il marcio accumuna tutti, criminali, politici, affaristi, forze dell'ordine, traslando fra etnie diverse. E non dimentichiamo la serie Braquo con Jean-Hugues Anglade, dove nei protagonisti ritroviamo un po' di tutti i poliziotti dei suoi film migliori. Come sceneggiatore, fra le molte altre cose, Marchal ha scritto anche Diamant 13 e la serie Flics - Elite Squad.

Con questo suo ultimo lavoro, Rogue City, siamo a Marsiglia, città dove si è coagulato un melting pot che non ha mai trovato modo di integrarsi, tutti chiusi nei propri gruppi di appartenenza, clan di varie etnie a contendere il territorio a una Polizia che al suo interno riflette le stesse divisioni. L'unica legge è quella della giungla, quella del più forte. I protagonisti sono quelli del gruppo anti-crimine, malvisti dai superiori per i loro metodi necessariamente disinvolti e odiati anche dai colleghi di altre sezioni.

Durante un raduno in un chiosco, grazie a una soffiata una famiglia malavitosa compie una strage ai danni di quella avversaria, scatenando una reazione spietata. Gli uomini della squadra devono indagare, affrontando l'ostilità dei colleghi, l'omertà dei malavitosi e i molti irrisolti problemi personali. Come da manuale infatti, è quasi impossibile conciliare vite di questo genere con una famiglia. I flics cercano di fare giustizia, ma per loro che significato ha questa parola? Solo quando il culmine della ferocia sarà stato raggiunto, la risposta sarà chiara, inevitabile, ma non è detto che porterà a un happy ending.

Jean Reno, un capo del quale fidarsi?

Il capo della squadra è Vronsky (l'attore Lannick Gautry, visto in molte serie tv e nella commedia Se sposti un posto a tavola), circondato da amici/colleghi tutti con vari livelli di devastazione personale, facce note fra cui si segnalano Stanislas Merhar, il rapper Kaaris e David Belle, uno dei fondatori della disciplina del parkour e altri attori dall'aspetto poco patinato. Il superiore di Vronsky è Patrick Catalifo. Nei cast dei film di Marchal si riconoscono spesso le stesse facce, evidentemente è un autore al quale piace circondarsi di amici (come Francis Renaud). Il Capo che arriva con la dichiarata pretesa di ricondurre tutto all'ordine è Jean Reno.

Le donne (Catherine Marchal, ex moglie del regista e altre) anche quando colleghe o addirittura pari grado, o moglie e amanti, non riescono a non farsi coinvolgere, a non farsi rovinare anche loro la vita. Nel film ci sono due partecipazioni di richiamo, Claudia Cardinale compare sempre con occhiali da sole e sigaretta fra le dita, come spietata matrona a capo di uno dei clan del territorio. Gerard Lanvin è un ex boss ormai decaduto, ma ha poche scene ed è un peccato perché è una presenza di peso.

Lo sfregio estremo, un arresto durante la messa.

Film di genere nella sua essenza, Rogue City mette in scena sparatorie di secco realismo, meno barocchismi che in certe gangsters story americane, più vicino al gusto inglese piuttosto, o ad alcune nostre storie di malavita, se ben scritte, nella durezza spietata delle ritorsioni, nelle punizioni mortali, nella sfiducia totale nel sistema. Dialoghi sempre credibili in una raffigurazione di un vero e proprio mondo parallelo, che sia di sotto o di sopra poco importa. É vivo e lotta contro di noi.

Tante altre volte abbiamo recensito storie di poliziotti e criminali, della lotta impari, se affrontata nel totale rispetto delle regole che la legge impone, dei danni che vite sempre all'estremo provocano su chi decida di viverle. Per proteggere il consesso civile, se poliziotto? O per quale altro nobile, suicida fine? Per rifarsi di vite ai margini, per vendicarsi della società matrigna, se fuorilegge? O per quale altro distorto fine? Entrambe le esistenze non sembrano invidiabili.

Tutti si illudono di imporre le proprie regole, pur consci della fragilità delle loro esistenze, perché nessuno scudo morale, nessuna malvagità suprema, non ricchezza né potere né cariche di potere saranno scudo sufficiente per quella sola pallottola che prima o poi arriverà, dall'ultimo dei sicari.