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Runaway: a Twist of Fate

Un’avventura da pazzi!

Le avventure grafiche sono morte. O forse no. Quello che è certo è che quando mi ritrovo davanti a videogiochi come Runaway 3, il pensiero che mi sovviene immediato è che è difficile fare previsioni attendibili a lungo termine sul nostro media preferito. Lanciarsi in voli pindarici decidendo su basi ipotetiche quello che può essere il futuro di un genere è qualcosa che in una scala di rischio virtuale può essere paragonabile a un bluff a poker con una coppia servita: difficilmente se ne esce senza le ossa rotte.

I Pendulo Studios, degni eredi di una tradizione “millenaria” portata avanti nei secoli da maestri sacri come Lucas Arts, Sierra e Revolution Software (quest’ultimi probabilmente le loro maggiori muse), tirano così fuori dal cilindro un terzo capitolo della loro saga cult in grado di mandare potenzialmente in visibilio sia i fan che i giocatori della prima ora, e il tutto con una naturalezza e una semplicità davvero disarmanti: se fino ad ora siete stati lontani da questa serie, credo che sia seriamente arrivato il momento di valutare di entrare in partita.

Iniziare le proprie avventure in un cimitero non è esattamente quello che si chiama un buon auspicio.

Anche gli avventurieri alle prime armi o chi è completamente a digiuno delle vicende che hanno portato Brian Basco e Gina Timmins a ritrovarsi immischiati in un caso di omicidio, dove il nostro è accusato di essere il presunto killer, troveranno poi pane per i propri denti grazie a un titolo pensato per accompagnare dolcemente i giocatori all’interno della sua storia. Un ottimo seguito e un’ancora più ottimo inizio, da qualsiasi parte lo si guardi un piccolo capolavoro, tra un’introduzione “filmata” e alcuni flashback inseriti ad arte.

L’inizio dell’avventura è quanto mai spiazzante: Brian, il protagonista dei due precedenti episodi, sembra sia stato trovato morto dopo essere stato ricoverato in un istituto per malati psichiatrici per una presunta pazzia, mentre Gina assiste al suo funerale ben sapendo che il corpo dentro alla bara non è quella del suo pseudo fidanzato. Da qui i colpi di scena si sprecheranno, in un continuo rimbalzo fra scoperte improvvise, moti d’ingegno e piccoli camei in grado di far sorridere i giocatori di vecchia data, nel tentativo di ribaltare il verdetto di accusa e capire chi e perché vuole incastrare i nostri eroi.

Riflettendo sull’evoluzione che il genere ha subito nel corso degli ultimi anni, si può verosimilmente affermare che abbiamo assistito alla creazione di due diverse scuole di pensiero: da una parte abbiamo le avventure che possiamo definire come “lineari”, dove un gameplay piatto fino all’osso richiede un minimo sforzo neurale per poter proseguire nella storia, spesso vero punto di forza di questa tipologia di gioco. Dall’altro lato abbiamo le avventure “alla Einstein” dove lo sforzo richiesto necessiterà di corpose dosi di fosforo per permettervi di venire a capo degli enigmi proposti dagli sviluppatori, spesso vere e proprie trappole machiavelliche.

Ecco come si presenta Runaway: a Twist of Fate.

Runaway 3 si colloca saggiamente nel mezzo, decidendo di dare un colpo al cerchio e uno alla botte: la storia infatti si dipana mirabilmente attraverso cinque capitoli, ognuno dei quali dovrà essere portato a termine utilizzando un singolo personaggio, il tutto all’insegna dell’intreccio narrativo degno dei migliori gialli. Non mancheranno infatti i colpi di scena così come gli imprevisti del caso, anche se questo non vorrà significare (purtroppo) che potrete sfuggire all’estrema linearità prevista dai Pendulo.

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Runaway: A Twist of Fate

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Roberto Bertoni

Contributor

Proveniente dalla ridente Brianza, è cresciuto a pane e Amiga. Ama inoltre in maniera viscerale il retro, ma solo videoludico. Piatto preferito: pollo con la carrucola in mezzo.

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