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Virtua Fighter 3: uno scorcio degli anni d'oro di SEGA - articolo

L'incarnazione della Golden Age.

SEGA ha appena festeggiato il suo 60° anniversario, e questa ci sembra l'occasione perfetta per celebrare i fasti dell'azienda. Forse potremmo parlare di OutRun, che è entrato nella gloria diventando un'icona, o di Super Monkey Ball che è caratterizzato dal suo brillante minimalismo; oppure potremmo parlare di tempi più recenti e del brillante Yakuza 0. Ma se parliamo di preferenze personali, la mia scelta ricade su Virtua Fighter 3.

Non è il titolo migliore della serie di AM2, visto e considerato che Virtua Fighter 5 Showdown merita la corona a mani basse grazie a un gameplay fluido e vicino alla perfezione, che ci ha fatto desiderare per anni un sequel, e non era nemmeno il più innovativo. Il più innovativo è stato indubbiamente il primo della serie, essendo stato capace di scuotere l'intera industria con il suo hardware da urlo e un salto nel buio in un pieno 3D, seppur ancora rozzo. Potreste affermare però che la serie abbia raggiunto il suo apice con Virtua Fighter 2, momento in cui ha coinvolto un numero decisamente ampio di persone tra sale giochi e porting su Saturn.

Scusate per lo stato del mio cabinato, ma del resto ogni coin-op non dovrebbe essere ormai un po' malridotto?

E perché, dunque, scegliere proprio Virtua Fighter 3? In parte perché cattura un momento epocale in cui SEGA stava ancora al picco della sua potenza, in modo particolarmente evidente. Con questo gioco coincideva il debutto dell'hardware Model 3, svelato in uno spettacolare show all'AOU di Tokyo nel primo trimestre del 1996. Si è trattato di uno di quei momenti unici (e gli anni '90 ne hanno avuti tanti) in cui tutti ci siamo chiesti se la grafica avrebbe potuto diventare migliore, e in cui non si poteva che ammettere che SEGA offrisse le tecnologie grafiche più all'avanguardia. Ma è un campo di battaglia che la compagnia avrebbe abbandonato nel corso del tempo, e quando è uscito Virtua Fighter 4 sul Naomi 2, la battaglia sembrava essersi spostata altrove.

Virtua Fighter 3 non rappresenta solamente SEGA al suo climax, ma cattura anche uno degli ultimi momenti delle sale giochi che sembravano davvero importanti. Mi è sempre sembrato appropriato che Virtua Fighter 3 non abbia mai realmente abbandonato gli arcade; infatti, proprio come altri giochi Model 3, non ha mai ricevuto un porting per home console decente, nonostante la versione Dreamcast fosse una conversione ambiziosa. Per giocare Virtua Fighter 3 degnamente, dovete procurarvi una scheda Model 3.

Virtua Fighter 3 è un caso a parte nella serie, essendo stato progettato per utilizzare quattro pulsanti

E questo spiega perché, in appena un paio d'anni, mi sono ritrovato a cercare conversioni mentre girovagavo per le strade di Osaka alla ricerca di uno dei pochi negozi di cabinati arcade della città. Come spesso accade per i migliori negozi di questa categoria, era ben nascosto e tenuto quasi in segreto, celato dietro una manciata di rampe di scale in un edificio residenziale. Ci si accorge di averlo trovato quando, avvicinandosi, s'iniziano a vedere le vecchie schede CPS2 accatastate sulle scale.

All'interno, assieme a una serie di monitor Nanao senza guscio, collegati a degli arcade bizzarri, c'è un'attività che sembra essere rimasta operativa sin dai tempi della golden era di SEGA, o persino da prima. I muri infatti sono ingialliti dal fumo delle sigarette, i cabinati sono accompagnati da manuali e schemi delle circuterie, mentre dietro il bancone ci sono degli scaffali appesantiti da centinaia di schede arcade. Il tempo sembra essersi rallentato qui, non che ci sia una fila incredibile per il proprio turno, ma la transazione dura oltre un'ora visto che il proprietario del negozio stampa nuovi adesivi sul cabinato e spiega a un amico, che traduce, come collegare la scheda al cabinato.

La ricerca delle schede per i cabinati può essere tanto divertente quanto giocare con i rispettivi giochi, e queste avventure che fanno da contorno sono una delle ragioni per cui non allestirei mai cabinato pieno di ROMS in emulazione al posto dell'hardware originale in cui inserire le varie schede. Dopo la transazione al negozio, io e il mio amico ci siamo fermati a bere in un sakè bar nei pressi di Kyoto, dove ci siamo trattenuti fino a che la folla nel locale non si è diradata, tanto da rimanere soli con il gestore del bar, fermandoci a parlare con lui. La discussione si è presto spostata su come ci guadagnassimo da vivere, e quando gli abbiamo detto che lavoravamo nel mondo dei videogiochi, con entusiasmo ci ha parlato del suo amore per Virtua Figher 3 rispetto a tutti gli altri capitoli della serie.

Questo è hardcore.

Si tratta di un'opinione che condivido per motivazioni simili, ovvero come si sia evoluta la serie prima che diventasse più hardcore con Virtua Fighter 4. I movesets sono più semplici, più snelli e il bilanciamento distintivo della serie è più marcato. Le arene, con i pavimenti sfalsati, enfatizzano pose e posture. Virtua Figher 3 è progettato in maniera brillante.

Si pone come ultimo esempio delle serie di fighting targate SEGA quando erano ancora davvero mainstream. Poco dopo la release di Virtua Figher 3, AM2 si sarebbe imbarcata nel Project Berkley, ovvero il gioco che poi sarebbe uscito sul mercato col nome commerciale di Shenmue, un progetto folle multi-milionario che avrebbe accelerato l'uscita della compagnia dal mercato dell'hardware console.

Mi soffermo spesso a pensare a questa cosa quando gioco al mio cabinato di Virtua Fighter a casa mia, riuscendo a sentire le voci dei fan del Model 3 mentre si accendono le luci del cabinato di Astro City. Virtua Fighter 3 non è il miglior gioco di SEGA, è un gioco anomalo, particolare e con dei difetti, ma è il gioco SEGA che amo di più, non solo per il suo gameplay ma anche per ciò che significa sia per la golden age degli arcade che per me. Un amore irrazionale, ma del resto è così che funziona: non puoi scegliere quando e di chi o cosa innamorarti.