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Shadow Corridor recensione - Un incubo Made in Japan

L'orrore che cambia con la paura.

Uscito ormai da quasi due anni su PC, Kageroh: Shadow Corridor (da noi semplicemente Shadow Corridor) arriva ora anche su Nintendo Switch, curiosamente quasi in contemporanea con la remastered di un capitolo della serie da cui egli stesso prende chiara ispirazione: Project Zero/Fatal Frame.

Entrambi i giochi hanno una fortissima connotazione orientale e affondano le radici nel foclore più cupo del paese del Sol Levante. Entrambi hanno uno o più protagonisti che poco hanno a che fare con superpoteri o addestramenti militari. Entrambi infine richiedono al giocatore di muoversi con cautela per non disturbare eccessivamente le presenze che fluttuano nei dintorni, presenze che se prese per il verso sbagliato possono significare la fine.

Shadow Corridor però si differenzia dal suo rivale occasionale soprattutto per il level design, che pur poggiando su basi ben precise è capace di mutare, cambiando la morfologia dei livelli ad ogni run. L'incubo inizia tuttavia sempre nello stesso modo: siete una persona qualunque che sta facendo una passeggiata tra le strade di un quartiere periferico di una tradizionale cittadina nipponica.

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D'improvviso un vicolo avvolto nell'oscurità attira la vostra attenzione e vi trasporta in un dedalo da incubo. Essendo questo un gioco in cui la fuga è una risorsa fondamentale, se non l'unica, per sopravvivere capirete che la componente randomica gioca un ruolo molto importante.

I labirinti di cui è composta gran parte del gioco nascondono degli oggetti utili e indizi sulla storia che fin dall'inizio è un gigantesco punto interrogativo. Potrete girarlo in lungo e in largo quanto volete ma ogni momento di troppo che passerete al loro interno potrebbe essere anche l'ultimo.

L'esplorazione avviene con passo felpato e lento, anche se è possibile in qualsiasi momento accelerare il ritmo... specialmente quando una delle inquietanti presenze sarà sulle vostre tracce. I fantasmi sono sensibili a vari stimoli, dalla luce al suono dei passi, motivo per cui correre non è quasi mai un'opzione intelligente.

Intuirete la loro presenza da semplici segnali: una candela che si spegne, un tremolio nell'aria o un lamento lontano. A quel punto avrete due sole possibilità: raggiungere l'uscita o nascondervi sperando che lo spirito/demone passi oltre. La prima opzione non sempre è disponibile in quanto per raggiungere la salvezza dovrete per forza trovare la strada giusta aprendo i passaggi precedentemente bloccati. In alcune stanze troverete delle ceste della vostra misura o altri nascondigli in cui dovrete temporaneamente cercare rifugio, trattenendo se possibile il fiato per non tradire la vostra presenza.

La mini-mappa a schermo è presente solo nella modalità più facile. Trovare l'uscita senza di essa è dannatamente più difficile.

Occhio però perché non tutti i fantasmi saranno così facilmente ingannabili, alcuni di loro possiedono delle abilità speciali che renderanno ancora più difficile il tentativo di depistaggio. In questi casi il gioco vi metterà a disposizione degli strumenti con cui potrete temporaneamente depistare il vostro inseguitore.

Non aspettatevi granate flash o chissà quale bocca da fuoco: dovrete sfruttare i pochi oggetti che troverete in giro come un accendino o una torcia per illuminare le (molte) stanze buie, un filare di miccette che una volta accese potranno tornare utili per vari scopi, una torcia, delle biglie e via dicendo. Alcune presenze reagiranno in maniera aggressiva all'utilizzo di questi oggetti mentre altre fuggiranno o si dilegueranno, sarà solo sperimentando che scoprirete la migliore "arma" da utilizzare a seconda dei momenti.

La modalità di gioco principale, che prevede vari livelli di difficoltà, può essere completata in una generosa manciata di ore al netto delle (molte) volte in cui dovrete ripartire dai checkpoint per essere stati appena toccati da una delle presenze che infestano il gioco.

Quando vedete una roba del genere datevela a gambe ma occhio perché la barra della stamina si svuota molto velocemente.

Per la gioia degli speedrunner, ogni stage viene cronometrato, ma se non volete andare troppo di corsa (cosa che, come dicevamo in precedenza, non è consigliabile) potrete dedicarvi al ritrovamento delle stanze segrete e degli oggetti speciali fin troppo ben nascosti. Questi elementi abbinati alla componente random aumentano non di poco la rigiocabilità, mentre la longevità generale è innalzata da una modalità extra che, senza voler fare spoiler... ribalta la situazione.

Le atmosfere sono discretamente inquietanti e dobbiamo ammettere che i salti sulla sedia non mancano, o meglio... non mancherebbero se si potesse giocare su uno schermo più grande senza perdere qualche diottria. Sul piccolo schermo del Nintendo Switch gli spaventi vengono ridotti a formato tascabile.

Allora perché non lo avete giocato in modalità docked? Ottima domanda che merita una risposta: lo abbiamo provato con la console alloggiata nel suo guscio ma purtroppo Shadow Corridor sparato su uno schermo che superi i 30 pollici (il nostro era un LED da 55) amplifica non poco le sue pecche estetiche e dà una connotazione totalmente diversa al "fattore paura".

Gli spiriti che incontrerete sono ispirati alle maschere del tradizionale teatro Noh giapponese, inquietanti a dir poco.

Sotto il profilo tecnico Shadow Corridor è un gioco che tradisce il suo basso budget e lo sviluppo portato avanti da una sola persona. Non si poteva ovviamente pretendere chissà quali virtuosismi, specie su Switch, ma proprio sulla console Nintendo salta all'occhio la scarsa complessità delle costruzioni poligonali, un sistema di illuminazione ridotto all'osso e texture spesso spalmatissime e/o poco definite. Anche il sistema di controllo meritava una sistemata. L'utilizzo degli oggetti è a dir poco arcaico in quanto relegato alla selezione ciclica orizzontale degli stessi, cosa semplice in fasi tranquille del gioco... molto meno quando si è braccati da un fantasma.

Questi elementi, uniti all'uscita molto ravvicinata del ben più celebre Project Zero: Maiden of Black Water, non sembrano concedere speranze di successo al gioco del one-man-studio Kazuki Shiroma.

Rimane comunque un survival horror appartenente ad una categoria non troppo abusata (quella "alla Clock Tower" per capirci) con qualche idea interessante e un'atmosfera, al netto dello scarso livello tecnico, ben riuscita. Da recuperare nel prossimo futuro, magari quando il prezzo diventerà ancora più goloso.

6 / 10

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Daniele Cucchiarelli

Contributor

Lavora nel giornalismo videoludico da oltre 20 anni. Anche se tutti quelli che lo conoscono gli hanno consigliato di "trovarsi un lavoro serio", resta sempre fedele al suo primo amore.
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