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Steam e la reale efficacia del suo modello di business - articolo

Il confronto con Epic Games sta influenzando le strategie di Valve?

Ha fatto discutere molto il rapporto diffuso da Steam martedì scorso nel quale il noto distributore sosteneva il rinnovato successo che gli sviluppatori stanno riscontrando di recente sulla sua piattaforma. Ci siamo soffermati a riflettere sulle percentuali messe in risalto da Valve per provare a capire la portata reale che queste informazioni comportano nel panorama dello sviluppo videoludico.

Per chi non avesse avuto l'occasione di leggerlo il rapporto è riassumibile nei seguenti punti: ci sono sempre più giochi "di successo" su Steam; con "successo" Valve considera quei titoli che vendono almeno 10mila di entrate nelle prime due settimane; la maggior parte di questi titoli "di successo" ha comunque un'entrata tra i 20k e i 60k nel primo anno; il trend di incremento osservato è considerato tra il 2018 e il 2019.

Al lettore attento sarà sicuramente saltato all'occhio che il criterio di definizione di successo definito da Valve considera le vendite solo delle prime due settimane dal lancio. Questo è del tutto comprensibile, in quanto è possibile nella maggior parte dei casi (con un'approssimazione veramente ridotta) stabilire quelle che saranno le entrate di un titolo in base alle performance di questo primo periodo.

Al netto di particolari casi straordinari, che di per sé non possono definire l'andamento generale della piattaforma, i guadagni delle prime due settimane dal lancio consistono nel peggiore dei casi in circa la metà dei guadagni del primo anno di vendite. Stando al rapporto di Valve, la maggior parte dei "titoli di successo" performa tra i 20k e i 60k dollari nel primo anno vendita. 

A gennaio 2010 si contavano 1500 titoli sulla piattaforma, prodotti da 40 differenti sviluppatori.

Questa cifra presa singolarmente può sembrare di per sé positiva, ma se ipotizziamo che la maggior parte dei casi presi in esame coinvolge studi di sviluppo alle prime armi, quindi di dimensioni molto contenute (non più di quattro persone), aggiungiamo i costi di mantenimento societari, il peso fiscale che per ogni dipendente grava sulla struttura societaria (qualunque essa sia è necessaria per poter fatturare in quantità consistente), l'eventuale affitto di un locale per svolgere le attività lavorative, le spese connesse e soprattutto le tasse (in Italia il problema è ancora più marcato).

Di conseguenza ci rendiamo conto che il traguardo di 60k in un anno non può essere considerato un successo di mercato, in quanto (secondo le voci di spesa sopra citate) non riuscirebbe a coprire realisticamente neanche il primo anno di sviluppo.

Se ipotizziamo che verosimilmente lo sviluppo di un titolo di un certo livello dura un minimo di 2 anni (che sono comunque pochi per lo sviluppo di un software complicato come un videogioco), e teniamo in conto che le royalties di Steam arriveranno alla fine del primo anno, otteniamo che alla fine del terzo anno lo sviluppatore avrà recuperato meno di un terzo degli investimenti eseguiti per mantenere in vita la struttura. 

Siamo ben lontani da un bilancio in attivo, e resta evidente come sia tendenzialmente fuorviante considerare come "successo" le letture dei numeri posti in esame da Valve, soprattutto se prendiamo in considerazione un tentativo di business che vuole avere un futuro da parte di chi sviluppa.

Le curva di vendita tipica di un gioco indipendente su Steam: il primo picco corrisponde al rilascio del titolo, i successivi corrispondono agli sconti.

Nel nostro calcolo inoltre abbiamo considerato la migliore delle prestazioni tra quelle più frequenti espresse sul rapporto fornito. In base all'esame dei grafici di Ars Technica possiamo vedere infatti come a malapena il 50% dei giochi considerati di "successo" sia al di sopra di questa soglia, che va comunque ad essere calcolata all'interno di una percentuale minima di tutti i titoli rilasciati sulla piattaforma.

Leggendo i dati ci accorgiamo che solo una percentuale minima dei giochi rilasciati può essere considerata un successo finanziario e che, come era già noto, solo una piccola percentuale dei giochi sullo store detiene la maggior parte dei guadagni sulla piattaforma.

Aggiungiamo inoltre che Valve considera la percentuale di giochi di successo in aumento nel biennio 2018-2019. Statisticamente due anni non bastano per definire un trend sicuro, soprattutto considerando la natura del mercato videoludico in costante cambiamento, che vede spesso l'introduzione di attori inaspettati a sovvertire le regole preesistenti. Siamo certamente di fronte ad una flessione in positivo delle percentuali, ma risulta piuttosto evidente che sia affrettato parlare di trend positivo.

In ultima analisi osserviamo che Valve stessa comunica la verifica di questo dato e soprattutto non lo motiva ufficialmente come conseguenza di una sua politica specifica. Ma conferma indirettamente di voler continuare con la politica di apertura che l'ha vista coinvolta negli ultimi anni, e che ha definito la situazione attuale per gli sviluppatori che non è certamente percepibile come un successo ai loro occhi.

Ecco la vendita dei giochi di Steam nelle prime due settimane dopo il lancio.

Chi scrive ipotizza che questo incremento di successo, seppur marginale, sia da ricercarsi invece nella crescente consapevolezza nei confronti del business e della sua pianificazione osservata negli sviluppatori alle prime armi di oggi rispetto a quelli degli scorsi anni, soprattutto del periodo boom indie post-2010, quando lo sviluppo di videogiochi era inteso dai più sprovveduti come una facile possibilità di guadagno e non come un'attività lavorativa complessa.

Ci stiamo quindi muovendo verso un territorio dove gli sviluppatori Indie iniziano a pianificare con maggiore concretezza i loro primi passi nell'industria, situazione che potrebbe garantire loro una sopravvivenza più duratura e anche una migliore qualità dei titoli delle piccole case di produzione.

Resta da chiedersi per quale motivo Valve abbia rilasciato questo rapporto se può essere facilmente interpretato per quello che è da chiunque abbia esperienza nell'ambito dello sviluppo. La risposta che ci azzardiamo ad avanzare è che i destinatari di questa interpretazione siano proprio i nuovissimi o i "prossimi" sviluppatori, che non hanno spesso accesso a informazioni legate al business e che possono quindi essere incoraggiati a tentare di cimentarsi (a loro spese) nello sviluppo di nuovi titoli tramite la promessa di maggiori possibilità di guadagno.

La presenza massiva di titoli sulla piattaforma Valve invece risulta in linea con il modello di business di Steam, basato sul rilascio indistinto di più titoli possibili sulla piattaforma a discapito della qualità, la ricetta che in primo luogo ha finora garantito il successo al distributore.

La strategia dello store Epic ha riscosso consenso tra gli sviluppatori per la bassa percentuale trattenuta e per la forte selezione dei titoli.

È noto infatti che il modello di investimento più applicato dai grandi investitori (come le venture capital) sia basato sul finanziare il maggior numero possibile di aziende, che vedrà il fallimento della maggior parte di esse (è risaputo e normale). Le poche che rimarranno in attivo avranno generato una quantità di guadagni che ripagherà di molte volte l'investimento su tutte le aziende coinvolte, anche quelle fallite. 

Per questi motivi Steam è portata ad incentivare il rilascio di più titoli possibili da parte di nuovi sviluppatori. Le differenze in questo caso con un modello "venture capital" tradizionale stanno nel fatto che Steam prende percentuali sui prodotti e non sulle aziende. Soprattutto il modello di Steam ha il notevole vantaggio di non dover partire in perdita per finanziare gli sviluppatori, come accade nel modello tradizionale. Basta in questo caso promettergli maggiori possibilità di guadagno e saranno gli entusiasti stessi ad investire tempo e i propri soldi nello sviluppo, ignorando che il modello di business di Steam è basato sui grandissimi numeri e non garantisce sempre un concreto successo.

L'affollamento di titoli sulla piattaforma, la scarsa visibilità sullo store, unita ad altre motivazioni (tra cui le royalty del 30% trattenute dalla piattaforma, giudicate da molti troppo alte a fronte dei servizi offerti), sono i pretesti sui quali Epic Games ha basato la sua guerra al distributore di Valve, proponendo lo store proprietario che tutti conosciamo.

Alla luce delle considerazioni fatte, ne consegue che l'arrivo dello store di Epic Games al momento non sembra avere inciso in maniera profonda sulle politiche commerciali nei confronti degli sviluppatori da parte di Valve, nonostante al momento generi reazioni difensive come la pubblicazione del rapporto preso in esame.

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A proposito dell'autore

Tommaso Bonanni

Contributor

Tommaso Bonanni è CEO di Caracal Games, docente di Game Design nei maggiori istituti in Italia e irrimediabile appassionato storico di Star Trek.

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