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Sweet Tooth - recensione

Nelle emergenze, è facile prendersela con i diversi.

Dieci anni fa è arrivato il Morbo, con un'infettività paragonabile alla peste nera, e ha iniziato a sterminare l'umanità.

Nel drammatico caos di un coprifuoco imposto a forza per un vano contenimento, nelle culle dei reparti maternità cominciano a fiorire neonati ibridi fra razza umana e varie specie animali, come se la natura volesse ripulirsi degli umani tradizionali, dando inizio a una nuova specie.

Ma un uomo è già fuggito con il suo bizzarro piccino, nascondendosi sempre più in profondità nelle foreste dello Yellowstone, dove inizia una vita da antico pioniere accudendo il suo bambino fisicamente e spiritualmente. Ma niente dura per sempre e il ragazzino, che è ibrido con un cervo, si chiama Gus (Christian Convery), ha ormai dieci anni e si trova costretto a varcare i limiti che il padre gli aveva imposto, per nasconderlo a un mondo che poteva solo fargli del male.

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Infatti, fra i sopravvissuti all'epidemia si è sparsa la credenza che siano stati gli ibridi a portare il contagio e per questo motivo vengono cacciati come prede pericolose. Inizia così un viaggio per il piccolo Gus, che parte alla ricerca della mamma mai conosciuta, sostenuto da deboli indizi. In questo viaggio, in direzione del Colorado, avrà pochi alleati e tanti nemici. Il sostegno più grande lo avrà dal gigantesco Jeeperd (Nonso Anozie), un ex giocatore di football devastato dalle azioni che ha dovuto commettere per sopravvivere.

È uno schema noto, quello dell'attraversamento di un territorio ostile da parte di un ragazzino coraggioso ma indifeso e di un adulto forte ma cinico, e i due formano una coppia vista in molti film di genere (anche alcuni western): pensiamo a The Road, Light of My Life ma anche il film (e la serie) Hanna, per "l'educazione siberiana" che certi genitori devono imporre ai figli per salvarli da un mondo esterno feroce. Ovviamente il viaggio si compie attraverso un territorio, ma anche attraverso sé stessi e la meta, spesso negata, è ancora più incerta.

La narrazione si divide in tre filoni: il tenerissimo Gus e la sua ricerca della mamma, insieme agli alleati trovati lungo la strada; Aimee, ex psicologa rimasta barricata dentro uno zoo abbandonato insieme a una figlioletta adottiva, anche lei ibrida; un medico di origine indiana e la moglie, malata ma non infettiva, che cercano di sopravvivere nella barbarie che si è creata fra i pochi sopravvissuti, e che nel suo percorso dovrà affrontare terribili rovelli morali.

Quanto può essere pericolosa una foresta per un ragazzino-cervo?

Fuori spadroneggiano le spietate milizie paramilitari, i Last Men, che cacciano gli ibridi perché pensano che vivisezionandoli si arriverà alla cura definitiva. Mentre le tre vicende si sviluppano e finiscono per intrecciarsi, veniamo a conoscenza di come tutti i protagonisti siano arrivati là dove il Destino aveva deciso e da cosa tutto è scaturito. La storia, infatti, non è così semplice e ci saranno ben altre sorprese prima della conclusione, che rilancia a una seconda stagione con un forte gancio.

La Storia è tratta dai fumetti di Jeff Lemire, scritti fra il 2009 e il 2012, con la sceneggiatura di Jim Mickle (Hap and Leonard, Cold in July, serie e film tratti entrambi da romanzi di Joe R. Lansdale) e Beth Schwartz, coinvolta nella realizzazione delle serie Arrow e DC's Legends of Tomorrow. A tratti abbiamo pensato che qualche battuta sia stata inserita per attualizzare ancor più la storia.

Ottima la scelta di Christian Convery, per il ruolo di Gus, ibrido misterioso perché perfettamente umano con caratteristiche anche animali, attore undicenne che recita da quando ne ha cinque (era in Legion, Beautiful Boy, Venom). Nonso Anozie è Big Man e chi meglio di lui, che del suo fisico massiccio ha fatto una caratteristica inconfondibile nella sua lunga carriera? Di recente l'abbiamo visto in Dracula, Zoo, Tut, Game of Thrones.

Visto che da umani siamo così nocivi, la Natura ha pensato bene di ibridarci con specie meno nefaste.

Dania Ramirez (Tell Me a Story, C'era una volta, Devious Maids) è la protettrice degli ibridi Aimee, mentre il medico ha la faccia nota di Adeel Akhtar, inglese di origini pakistane, visto in molti film e serie tv (di recente Utopia, River, The Night Manager, I miserabili). Will Forte (The Last Man on Earth) è l'amorevole papà e Stefania LaVie Owen interpreta la ragazzina che si è messa a capo di un gruppo di altri orfani come lei, che vogliono salvare degli ibridi asserragliati in un ex parco divertimenti.

La serie, che sarà disponibile su Netflix dal 4 giugno, è prodotta dalla società fondata da Robert Downey Jr e signora, e si dice che l'attore fosse appassionato al progetto da anni. La serie Sweet Tooth è stata girata in Nuova Zelanda, non perché negli States manchino spazi selvaggi a perdita d'occhio ma perché nel 2020, quando sono iniziate le riprese, negli USA era in corso l'epidemia (quella vera) mentre la Nuova Zelanda aveva concesso il permesso di girare nonostante le restrizioni di viaggio dovute alla pandemia.

La comparsa di un animaletto (un ibrido ormai avanzato, quasi interamente animale), che sembra un incrocio fra una marmotta disneyana e una creazione di Jim Henson, non spaventi lo spettatore adulto perché non rende la serie adatta solo per bambini/ragazzini.

Un terzetto di eroi in cerca di diverse verità.

Seewt Tooth, che vuol dire "golosone", soprannome che Jeeperd darà a Gus appassionato di sciroppo d'acero, è una serie che piacerà a grandi e piccini mentre tratta un argomento molto sfruttato, quello della pandemia, ma che oggi è più che mai inquietante.

Riesce a mantenere un tono fiabesco anche se, come nelle fiabe vere dei tempi dei Fratelli Grimm, succedono cose crudeli e il mondo, per un tenero bambino diverso, può rivelarsi popolato di orchi mostruosi. E tutto può cambiare da un momento all'altro.

Il che, senza fare terrorismo psicologico, non è mai una cosa da dimenticare, anche quando sembra che vada tutto bene.

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A proposito dell'autore

Giuliana Molteni

Contributor

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