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Take Two comprerà Zynga: i perché della più grande acquisizione nella storia dei videogiochi

I proprietari di GTA vanno a caccia dei social-game per dispositivi mobile.

Quelli tra voi che effettuarono la propria registrazione al Facebook di Mark Zuckerberg nell'ormai lontano 2008, ricorderanno senza ombra di dubbio il nome di Zynga. Un nome che, nel corso degli anni, sembrava essere destinato a divenire parte della memoria di una breve epoca fatta di enormi mutamenti nel tessuto digitale, per poi scomparire lasciandosi poche tracce sbiadite alle spalle. E invece non è assolutamente andata così.

Take Two, una fra le più grandi società quotate nel settore dei videogiochi, nonché la proprietaria del blasonato studio Rockstar Games - autore nientemeno che della serie Grand Theft Auto e di quel quinto capitolo del franchise che per primo ha infranto tutti i record d'introiti nella storia dell'entertainment - ha preso la decisione di acquisire Zynga per $12,7 miliardi, rendendo la futura operazione la più costosa nella pur ricchissima storia dei videogiochi

Per fare un comparativo, la recente integrazione di Zenimax Media (proprietaria di Bethesda e di conseguenza di brand come The Elder Scrolls e Fallout) nella scuderia di Microsoft è costata al colosso di Redmond poco più di 7 miliardi di dollari. Briciole, verrebbe da dire, in confronto all'apparente supervalutazione di Zynga da parte dell'amministrazione di Take Two (sui social mi hanno fatto notare che l'LHC del CERN è costato 3 miliardi di euro... ndSS).

Se ricordate il nome di Zynga è probabilmente a causa di Farmville, il "browser game" risalente al 2019 e integrato nella sezione 'Giochi' delle prime iterazioni di Facebook che, fra coltivazioni digitali di ogni genere, impegnava decine di milioni di novelli videogiocatori inconsapevoli nel mantenimento su base quotidiana della propria fattoria virtuale.

L'originale Farmville esplose su Facebook consentendo a Zynga di radunare 41 milioni di utenti.

Quello che non tutti sanno è che Zynga ha dimostrato di saper sopravvivere alla spietata evoluzione darwinista che ha caratterizzato la moderna economia digitale, un ecosistema oltremodo ostile nel quale la mancata innovazione è stata spesso ripagata con l'estinzione immediata, mentre l'aggressività è stata in grado di generare profitti oltre ogni più rosea previsione.

Dopo aver racimolato oltre 40 milioni di videogiocatori attivi mensilmente sulle sponde di Facebook nel 2008, Zynga presentò al mondo prima Farmville, consolidando la sua posizione come primo produttore di titoli destinati ai social-network, e poi CityVille, che batté addirittura i record del predecessore portando la conta degli utenti complessivi all'astronomica cifra di 61 milioni. Furono 14 le release nel corso dei primi quattro anni di attività, e allo scoccare della quarta annata arrivò il momento della quotazione.

L'ingresso nel listino NASDAQ consentì alla compagnia di raccogliere oltre un miliardo di dollari in finanziamenti ancor prima dell'apertura delle operazioni di trading. Fu così che i progetti per la decade a venire vennero stilati e perseguiti in completa tranquillità: ancora inconsapevole della crisi che avrebbe colpito i "browser game", il management decise di virare in due direzioni, ovvero quella del "real-money gaming" (come ad esempio il poker online) nel Regno Unito e, soprattutto, lo sviluppo di videogiochi per piattaforme mobile.

Proprio questo rappresenta il nocciolo della questione: nonostante i risultati altalenanti raggiunti dai social-game sulla classica piattaforma fissa e la chiusura di diversi progetti sul nascere, l'evoluzione del comparto mobile ha garantito alle dozzine di studi in mano a Zynga un ecosistema di sviluppo a dir poco perfetto per la proliferazione dei modelli di riferimento, e l'impresa ha maturato un livello di expertise nel settore che ha pochi comparativi nell'industria intera, avendo realizzato API e servizi volti a facilitare tanto i processi di pubblicazione quanto la cosiddetta fruizione "cross-platform".

La 'seconda età' della casa fu caratterizzata anche dall'approccio al real money gaming, come Zynga Poker.

Lo scopo di Take Two è dunque piuttosto chiaro, e il presidente e CEO della società Strauss Zelnik non ne ha fatto certo mistero: "Siamo entusiasti di annunciare la nostra transazione trasformativa con Zynga, che diversifica in modo significativo la nostra attività e stabilisce la nostra posizione di leadership nel mobile, il segmento in più rapida crescita dell'industria dell'intrattenimento interattivo", ha affermato in una nota. "Questa combinazione strategica riunisce i nostri migliori franchise per console e PC, con una piattaforma di pubblicazione mobile diversificata e leader di mercato che vanta una ricca storia di innovazione e creatività".

Le cifre dell'operazione, che potrebbero sembrare esorbitanti, a ben vedere non lo sono affatto. Take Two acquisterà infatti la totalità delle azioni di Zynga attualmente in circolazione pagando un premio del 64% del valore dell'ultima chiusura, di fatto assegnando un corrispettivo di $3,50 in contanti e $6,361 in azioni ordinarie Take-Two per ciascuna azione ordinaria Zynga. Al valore risultante va poi aggiunto il debito, per un costo complessivo di $12,7 miliardi, alla base del quale siede un finanziamento di oltre $2 miliardi ottenuto tramite JP Morgan.

L'obiettivo di Take Two è quello di sfruttare l'esperienza e l'attenzione all'innovazione proprie di Zynga, oltre che tutte le sue infrastrutture, allo scopo di penetrare il gigantesco mercato mobile, la vera gallina dalle uova d'oro dell'industria dei videogame nella quale l'impresa di Zelnik non è riuscita - ma del resto finora ha pigramente provato - ad attecchire, probabilmente perché concentrata sui ricavi già fuori dal comune generati dai suoi videogiochi tradizionali.

Grand Theft Auto V, ad esempio, ha generato oltre $6 miliardi dal momento del suo lancio nel 2013, ed è riuscito nella storica impresa prevalentemente per merito della modalità online che lo caratterizza. L'aver piazzato 155 milioni di copie retail ha infatti fruttato "solamente" poco più di $1 miliardo, ovvero il 20% di un totale che rappresenta sì una somma aliena al moderno mercato del gaming "AAA" per PC e console, ma assolutamente non di quello per piattaforme mobile.

Grazie a GTA Online, GTA 5 ha infranto per anni i record di ricavi di qualsiasi prodotto di intrattenimento. Non solo videogiochi, anche cinema e musica.

Clash of Clans di Supercell, azienda acquisita nel 2016 dal colosso cinese Tencent per $8,6 miliardi, ha infatti incassato $7 miliardi dal momento della release originale negli App Store. Arena of Valor/Honor of Kings della stessa Tencent, un titolo a dir poco immenso in Asia, ha generato profitti per oltre $13,3 miliardi e siede in vetta a qualsiasi classifica di riferimento. Persino "l'ultimo arrivato" Pokémon GO di Niantic e The Pokémon Company ha messo in cassa più di $7,6 miliardi in soli cinque anni.

Ad oggi sono più di 30 i singoli titoli mobile che hanno generato ricavi per più di $1 miliardo. Secondo le ultime proiezioni di Statista il mercato del gaming mobile supererà quota $124,9 miliardi nel corso del 2022, con una spesa media per singolo utente di $64 all'anno. Entro il 2026, si prospetta che il totale dei consumatori ammonterà a oltre 2 miliardi e 300 milioni (di cui oltre il 40% nella sola Cina), e se la crescita dovesse mantenere i ritmi attuali (13%) il valore complessivo potrebbe toccare quota $174 miliardi nel giro di quattro anni.

Il perché dell'operazione risulta dunque piuttosto chiaro: Take Two è volenterosa di trasferire la formula live-game che l'ha portata in vetta al mondo del gaming "tradizionale" sulle piattaforme mobile, adattando la versatilità sì di serie come Grand Theft Auto, ma anche e soprattutto di titoli con licenze fortissime come ad esempio NBA 2K, alla fruizione su smartphone e dispositivi mobili, cercando gli strumenti di monetizzazione per trasformare ciascun franchise in una fonte di guadagno al pari di GTA V.

Sono dozzine i prodotti nella scuderia Take Two che potrebbero vivere una transizione di qualche sorta, basti pensare ai sopracitati GTA e NBA 2K, a Civilization, a Borderlands e alle tantissime altre IP del portfolio. Una transizione che, tradizionalmente, non è ben vista da quell'utenza "core" che in passato ha fatto la fortuna dei grandi publisher, accompagnando spesso numerosi annunci con altrettanti backlash eclatanti, fra cui spicca quello che ha colpito Blizzard Entertainment nel contesto di Diablo Immortal.

Arena of Valor-Honor of Kings ha incassato oltre $13 miliardi.

Se già in passato abbiamo assistito a operazioni molto simili, su tutte quelle che hanno coinvolto i binomi eccellenti Electronic Arts e Popcap o Activision e King, quest'ultima acquisizione si prospetta differente. Un tempo si trattava di giganti dell'industria tradizionale volenterosi di piantare la bandierina nel mercato mobile, ma alla prova dei fatti ciascun ramo d'impresa andava avanti per la sua strada, mantenendo vivo il focus su prodotti come Plants vs Zombies o Candy Crush. Il ruolo di Zynga sembrerebbe invece strettamente legato alla conversione di franchise tradizionali molto forti.

Certo è che buona parte delle software-house sotto la bandiera di Take Two sta vivendo periodi di grazia straordinariamente duraturi, avendo confezionato diversi capolavori senza incappare quasi mai nelle ire della propria utenza.

Se e solo se riusciranno a proseguire nel complesso cammino di eccellenza che si sono costruiti negli ultimi anni, senza scontentare lo zoccolo duro, potranno vivere una transizione morbida e priva di controversie. Ma il punto è proprio questo: alla luce dei ricavi e delle proiezioni che stanno maturando attorno al mercato dei videogiochi mobile, ha senso preoccuparsi - dal punto di vista dell'impresa - di una possibile reazione negativa da parte di quella che un domani piuttosto vicino non sarà più l'utenza di riferimento?

Certamente no. Chi dovrebbe preoccuparsi, anche questa volta, sono i videogiocatori appassionati e soprattutto i grandi autori di videogiochi, che corrono il rischio di assistere all'impoverimento creativo di quella che ad oggi non è ancora stata riconosciuta universalmente come l'ottava arte.

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Lorenzo Mancosu

Editor-in-Chief

Cresciuto a pane, cultura nerd e videogiochi, i suoi primi ricordi d'infanzia sono tutti legati al Super Nintendo. Dopo aver lavorato dentro e fuori dall'industry, è finalmente riuscito ad allontanarsi dalle scartoffie legali e mettere la sua penna al servizio di Eurogamer.it.
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