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The Binding of Isaac: Rebirth - review

Altri tormenti per la spaurita creatura di McMillen.

C'è una manciata di titoli indie apprezzati quasi universalmente che a volte hanno anche riportato in auge uno o più generi dormienti: FTL: Faster Than Light, Papers, Please, Terraria e, più di recente, il sottovalutatissimo Risk of Rain. E naturalmente The Binding of Isaac.

Quest'ultimo, pur tra le soluzioni originali che caratterizzano questi titoli, è probabilmente quello che spiazza di più grazie al contrasto tra grafica fumettosa e toni splatter che riescono anche a disturbare nonostante Isaac e le sue avventure si presentino quasi come un bozzetto animato.

Visto il successo della sua creazione, Edmund McMillen ha deciso di rivisitarla con The Binding of Isaac: Rebirth, ampliamento di tutte le caratteristiche vincenti del suo roguelike con sistema di controllo twin stick.

Per chi non avesse familiarità col titolo (che The Binding of Isaac: Rebirth riprende integralmente, ampliandone a dismisura i contenuti), questo indie nato come flash game segue le vicende del piccolo Isaac, gettatosi nello scantinato della propria casa per sfuggire alla madre che vuole sacrificarlo in preda a un raptus di "fede", con evidenti richiami all'episodio biblico.

Negli scontri più lunghi le stanze si riempiono di sangue e altri effetti cruenti, in netto contrasto con le forme tondeggianti dei personaggi.

Il basamento in questione nasconde però un mondo (malato) composto da stanze generate casualmente sia per disposizione che per contenuti, i quali solitamente corrispondono a mostri di vario tipo da eliminare per sbloccare le porte e proseguire.

Il bestiario di The Binding of Isaac: Rebirth aggiunge altri orrori e bizzarrie al campionario già nutrito del suo predecessore. Tra bambini deformi che si lamentano in maniera grottesca, mosche e corpi decapitati che schizzano sangue un po' ovunque, ce n'è abbastanza da rendere ogni stanza una sfida sempre diversa.

L'arredo del basamento e delle aree successive è sullo stesso tono: fiammelle, escrementi, qualche roccia e stanze bonus contenenti oggetti per potenziare Isaac compongono un quadro bizzarro e, come detto, più o meno disturbante pur nella sua fumettosità.

Una delle novità più evidenti introdotta da The Binding of Isaac: Rebirth è la varietà delle stanze, che stavolta possono essere più grandi che in passato. Mentre prima ogni casella della mappa corrispondeva a una stanza totalmente contenuta nello schermo, stavolta ci si ritrova a percorrere passaggi più ampi.

Lungo la strada è possibile anche stringere patti con il Diavolo. I poteri che se ne ottengono sono spesso eccezionali, ma per averli bisogna sacrificare discrete quantità di energia in modo permanente.

Non poteva mancare poi una rinfrescata al campionario degli oggetti che Isaac può scoprire e utilizzare. Tra oggetti che alterano sia le caratteristiche che l'aspetto fisico di Isaac, armi speciali ricaricabili, tarocchi dall'effetto misterioso e pillole da ingurgitare a proprio rischio e pericolo, lo sviluppo di ogni partita vede un'evoluzione totalmente differente di Isaac, o di uno degli altri protagonisti nel caso li si sia sbloccati.

I protagonisti non mutano solo quanto a energia vitale, velocità di spostamento, raggio d'azione delle lacrime sparate (l'arma principale ) e tipo di queste ultime, ma anche nell'aspetto e anche in questo caso in maniera tanto strampalata quanto vagamente macabra.

Oltre alla varietà, una delle caratteristiche che rendono The Binding of Isaac: Rebirth facile da giocare è la snellezza delle partite: una singola run può richiedere un paio di decine di minuti o poco più, e non ci sono tempi morti tra stanze e piani.

Ogni stanza offre praticamente una veloce mini-sfida a sé stante, con mostri e conformazione tutti suoi che mantengono il giocatore sempre attento, pena una dipartita prematura. Tra stanze bonus, segreti, boss e mini-boss, e patti con il diavolo, ci sono sempre sorprese dietro l'angolo.

Gli oggetti mutano radicalmente l'aspetto dei personaggi. In questo caso Eve è irriconoscibile tra famigli e accessori ottenuti con un patto demoniaco.

La natura roguelike implica la necessità di avere anche una buona dose di fortuna nel trovare gli oggetti adatti a potenziare a dovere il personaggio, o nel trovare abbastanza presto le chiavi utili ad accedere a certe stanze, ma il bello di questo tipo di giochi è che il divertimento sta nella progressione e non solo nella vittoria finale.

Volendo, si può anche giocare d'azzardo, elargendo monete alle slot incontrate di tanto in tanto (che possono produrre effetti anche negativi) o ai bimbi questuanti che capita di incrociare nei lugubri livelli e sperando di ricevere in cambio oggetti utili. Non è raro trovare poi stanze che fungono da shop, in cui scambiare le monete recuperate con uno o più dei tre oggetti disponibili presi casualmente dal campionario del gioco. Nuovi boss completano l'opera di ampliamento voluta da McMillen, per un numero di combinazioni stratosferico che rende effettivamente ogni partita diversa dalle altre.

L'originale The Binding of Isaac è uno di quei titoli su cui è facile accumulare decine di ore, un po' come tutti i roguelike, senza che le cose diventino troppo ripetitive. The Binding of Isaac: Rebirth aggiunge decine di nuovi elementi in ogni dove e l'effetto, prevedibilmente, amplifica a dismisura l'offerta del titolo di McMillen e Nicalis. Qualcosina sembra invece essere andato perduto sul fronte sonoro, con brani più anonimi delle musichette evocative e trascinanti della prima versione.

Tutto il fascino che ha reso popolare Isaac è comunque ancora intatto e l'immediatezza resta quella di sempre. Chi non ha giocato il capitolo iniziale troverà in The Binding of Isaac: Rebirth un gioco dall'aspetto ingannevolmente semplice, pronto a risucchiarlo nel temuto vortice del "solo un'altra partita" per consumare decine e decine di ore come se niente fosse.

9 / 10

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The Binding of Isaac: Rebirth

PS4, Xbox One, PlayStation Vita, Nintendo Wii U, PC, Mac, Nintendo 3DS

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A proposito dell'autore
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Emiliano Baglioni

Contributor

Emiliano si affaccia al mondo dei videogiochi all’epoca del Vic 20. Vive la sua storia di giocatore pensando che prima o poi crescerà e mollerà il joypad, ma non abbandona mai la sua passione, che riesce in qualche modo misterioso a conciliare con tutto il resto.
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