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The Castle Doctrine - review

E pensavate che DayZ fosse crudele?

Le apocalissi zombie ci hanno insegnato che anche l'individuo più mite può trasformarsi in uno spietato sopravvissuto se messo all'angolo. Dopotutto anche le risorse più comuni scarseggiano, e riuscire a salvare la pelle diventa spesso una questione di sacrifici... possibilmente di qualcun altro.

Il filo conduttore della maggior parte delle esperienze più popolari di questo tipo sul mercato è stemperata però dalle condizioni estreme in cui versano gli ultimi rimasugli della civiltà. In DayZ, tanto per prendere a esempio il titolo più gettonato del genere, è praticamente impossibile provare risentimento dopo essere stati uccisi da qualcuno che ci ha sparato prima di fare domande.

Allo stesso modo, derubare qualcuno diventa una scelta obbligata quando si è a un passo dal morire di sete o di fame. The Castle Doctrine, con la sua manciata di pixel, riesce però ad andare oltre questi scenari crudeli e desolati in cui provare un barlume di umana compassione può rivelarsi fatale, e a risultare ancora più spietato.

All'inizio, o meglio a ogni nuovo inizio, questo titolo sviluppato in solitaria da Jason Rorher ci mette a disposizione una casa vuota, una cassaforte, una famiglia da proteggere e 2.000 dollari da investire per innalzare mura, allestire trappole e in generale salvaguardare la nostra abitazione. Sì, perché The Castle Doctrine è un MMO dal gameplay asincrono, in cui i giocatori non s'incontrano mai ma interagiscono comunque tra di loro.

A dispetto delle apparenze, le trappole più pericolose sono quelle ben celate e imprevedibili.

Questa interazione consiste nel fare irruzione nelle abitazioni di altri giocatori allo scopo di impossessarsi dei loro averi e sterminarne, volendo, la famiglia. Tanto per rendere il tutto più duro, il gioco incorpora un paio di elementi tipici dei roguelike come la morte permanente in caso di fallimento, che può avvenire anche in casa propria durante la fase di test del proprio sistema difensivo.

"Dovremo fare irruzione nelle abitazioni di altri giocatori allo scopo di impossessarsi dei loro averi e sterminarne, volendo, la famiglia"

Il budget non va speso solo per disseminare la propria dimora di pavimenti elettrificati, pitbull o altre sorprese letali, ma anche per procurarsi attrezzi utili a violare le difese di qualcun altro. Come detto, una volta piazzati i propri sistemi difensivi è necessario anche testarli, in quanto le difese non possono essere impenetrabili. Fallire in questa fase, come in qualsiasi altra, porta a una morte definitiva e a un nuovo inizio con una famiglia dai nomi generati casualmente.

L'altra regola da tenere in mente è che moglie e bambini hanno bisogno di un percorso sgombro fino all'uscita, e non possono essere quindi chiusi al sicuro in qualche remota stanza dalle pareti di acciaio. Una volta costruite e testate mura e difese riuscendo a portare a casa la pelle, è possibile "uscire" di casa, rendendo quindi la propria abitazione disponibile per l'irruzione da parte di chiunque voglia cimentarsi nella poco nobile opera.

Le case possono essere violate solo quando il proprietario non è presente, e le incursioni vengono riproposte alla vittima di turno come se fossero riprese da una telecamera di sorveglianza. Lanciare il gioco può regalare la gratificazione di assistere al fallimento di un ladro caduto vittima del nostro sistema di sorveglianza, ma anche di essere testimoni di un'intrusione ben riuscita e dello sterminio della propria famiglia, che per quanto sia resa da una dose di pixel misurata con il contagocce, non manca di colpire.

Ok, la pixel art può essere piacevole e ricorda i bei vecchi tempi, ma stavolta siamo al limite del guardabile.

Assistere passivamente alle azioni di uno sconosciuto che massacra la famiglia virtuale lasciata a casa nonostante il tempo speso ad allestire protezioni su protezioni fa decisamente il suo effetto, non tanto perché le chiazze di pixel rossi sparse sullo schermo facciano impressione, quanto perché essere testimoni della disfatta delle proprie difese è una sconfitta totale e irrimediabile. Il nome del criminale può essere comunque segnato e messo nella lista delle visite da effettuare a scopo di vendetta.

"The Castle Doctrine resta vittima in più occasioni del proprio concept senza compromessi"

Questo elemento, in grado di rappresentare una sfida decisamente stimolante, diventa però anche un meccanismo particolarmente punitivo soprattutto per i giocatori arrivati per ultimi, che in virtù delle ristrette finanze iniziali dovranno quasi sicuramente sorbirsi una sequela di disfatte e tentativi miseramente falliti prima di riuscire a ottenere qualche risultato.

Le combinazioni rese possibile dai blocchi utili a costruire (mura di vario tipo, interruttori, finestre e altro ancora) nascondono però una vasta serie di possibilità non immediatamente intuibili, che nel gioco non vengono menzionate e che rendono consigliabile una lettura del manuale prima di cominciare l'opera.

Il sistema di The Castle Doctrine resta comunque vittima in più occasioni del proprio concept senza compromessi, che non tenta mai di livellare le cose e che lascia il giocatore alla mercé dei più forti nel continuo alternarsi dei ruoli di vittima e aspirante carnefice.

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Il gioco di Rorher nasconde una profondità insospettata e un livello di sfida in grado di stimolare come pochi altri giochi i più competitivi, ma queste belle caratteristiche sono nascoste oltre una curva di apprendimento durissima e una pixel art un po' troppo estrema, che stavolta sembra proprio un metodo poco curato di aggirare le poche risorse a disposizione, più che un tributo ad altri tempi.

Se un'arena di questo particolarissimo tipo fa risuonare le corde del vostro ego competitivo, preparatevi a una dura lotta contro il resto della community e a uno studio cervellotico di trappole ed espedienti prima di ottenere le prime, probabilmente magre, soddisfazioni.

Il rischio perenne è di soccombere sempre e comunque a causa di qualche geniaccio particolarmente dominante nel genere (di quelli che in Minecraft costruiscono con facilità strutture da fare invidia alla Sagrada Familia, per intenderci), ma le soddisfazioni ci sono. Solo che dovete essere disposti a scalare un sesto grado di game design per arrivarci.

6 / 10

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Emiliano Baglioni

Contributor

Emiliano si affaccia al mondo dei videogiochi all’epoca del Vic 20. Vive la sua storia di giocatore pensando che prima o poi crescerà e mollerà il joypad, ma non abbandona mai la sua passione, che riesce in qualche modo misterioso a conciliare con tutto il resto.
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