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The Signal From Tölva - recensione

Il più puro fascino sci-fi.

Quante volte ci siamo trovati a discutere del ruolo della narrazione all'interno dei videogiochi? Quello dello storytelling è un tema ricorrente ma da alcuni anni si è trasformato in un dibattito piuttosto acceso, alimentato da opere talmente particolari da sollevare il più classico dei polveroni. In fondo sono bastati pochi ingredienti per attirare una marea di detrattori, di puristi o più semplicemente di "etichettatori".

E così nascono gli estremi dell'avventura prettamente narrativa e del titolo di puro gameplay con all'interno una impressionante moltitudine di sfumature più o meno decifrabili. Questo tema cos'ha a che vedere con questa particolare recensione? Semplice, The Signal From Tölva è un lampante esempio di una delle tante sfumature del connubio narrazione-videogioco, dei pregi e difetti di una storia spesso implicita e nascosta nei meandri del misterioso pianeta che ci ospita.

Dopo il curioso ma imperfetto Sir, You Are Being Hunted, gli inglesi di Big Robot cercano il salto di qualità con un fps sci-fi dal feeling decisamente atipico, nonostante i rimandi a meccaniche e idee tipiche del genere. Che si tratti finalmente della definitiva consacrazione di uno studio che in passato ha già dimostrato di avere non poche frecce al proprio arco?

Quello tratteggiato da The Signal From Tölva è un universo incredibilmente affascinante. Peccato che sia decisamente troppo nascosto.

Anno sconosciuto, ammasso stellare Lodestone. Un segnale di natura ignota proviene da Tölva, pianeta apparentemente senza alcuna particolarità che però ha attirato le attenzioni della fazione dei Zealot. La missione è semplice: prendere il controllo di un androide sulla superficie e andare alla ricerca dell'origine del segnale per far luce su questa peculiare anomalia.

L'incipit è una delle pochissime situazioni in cui la trama ci viene effettivamente narrata, uno dei pochi momenti in cui gli sviluppatori decidono di rivelare in maniera esplicita dei dettagli che da lì in avanti dovremo carpire da ogni edificio, dai rottami sparsi per le lande più desolate, dagli inspiegabili bunker che si sviluppano come labirinti apparentemente infiniti e dai tanti segnali che attirano la nostra attenzione e che rappresentano solo le tessere di un puzzle che fino alla fine faticheremo a decifrare e che anche dopo l'epilogo risulterà piuttosto ambiguo.

Il lavoro della software house è un evidente esempio di narrazione implicita e ambientale accompagnata da elementi tradizionali e altri meno convenzionali che faranno gola agli appassionati di fantascienza più incalliti. Ai classici documenti in-game si aggiunge anche quella che possiamo considerare una enciclopedia dell'universo di The Signal From Tölva. Quarantotto pagine ricche di diverse illustrazioni che rivelano un lore di tutto rispetto e molto interessante da scoprire.

Una scelta particolare che ci mette tra le mani un'opera che non vuole proporsi come un'introduzione, ma come un vero e proprio approfondimento del videogioco. Un videogioco che mantiene volutamente un'impostazione enigmatica che sa incuriosire grazie a una cura dei dettagli che ci spinge, come ogni pioniere degno di questo nome, a esplorare anche le zone più pericolose e impervie per avere qualche piccola chicca in più su un setting dominato dai robot ma non privo di entità indecifrabili.

Cover image for YouTube videoThe Signal From Tölva: Launch Trailer

Esplorazione che è a tutti gli effetti il vero fulcro di un gioco che si presenta solo sulla carta come un "semplice" fps open-world. Catapultati sulla superficie del pianeta prenderemo il controllo di un androide appartenente alla fazione dei Surveyor, un gruppo di cui facciamo parte o con cui semplicemente collaboriamo. Questo aspetto è uno dei tanti punti interrogativi dell'intero gioco, dato che la stessa natura del protagonista che interpretiamo non viene mai rivelata esplicitamente. Il nostro compito è invece decisamente più chiaro: scovare il segnale che ha attirato l'attenzione di diversi robot e la cui natura rimane ignota.

Proprio per questo motivo dovremo analizzare diverse zone di interesse opportunamente segnate sulla mappa attivando nel frattempo dei radiofari, che ricoprono il ruolo di punti di respawn e conquistando dei bunker controllati dalle altre due fazioni robotiche che potremo incontrare, i Bandit e i già citati Zealot, per ampliare il controllo dei Surveyor. Surveyor che saranno a tutti gli effetti dei preziosi alleati, ai quali è legata una delle meccaniche più interessanti dell'intera produzione.

The Signal From Tölva è, come detto, soprattutto esplorazione, ma quando degli androidi nemici si frapporranno tra noi e il nostro obiettivo dovremo inevitabilmente imbracciare i fucili laser e dare il via alla carneficina. Le armi a disposizione sono parecchie, variano secondo parametri piuttosto classici (gittata, potenza, velocità di ricarica) e sono legati a un rank, una sorta di livello che possiamo aumentare scovando e analizzando le varie zone di interesse. Al di là delle armi da fuoco dovremo anche gestire uno scudo e una sorta di granata disponibile in varianti dotate di abilità uniche, offensive o difensive.

Pronti a formare la vostra squadra della morte robotica?

Purtroppo i combattimenti, per quanto spesso anche piuttosto impegnativi, non riescono a risultare quasi mai davvero coinvolgenti a causa di routine nemiche non certo esaltanti e di una piattezza generale evidenziata anche da delle possibilità strategiche decisamente limitate. L'unica abilità che spezza in parte la monotonia deriva da un particolare dispositivo che permette di arruolare un piccolo manipolo di robot (un massimo di 5 acquistando dispositivi migliori) controllabili con alcuni semplici ordini. Si tratta di una piccola chicca che aggiunge un minimo di tatticismo in più ma che a conti fatti non riesce a salvare in tutto e per tutto degli scontri a fuoco difficilmente appaganti.

Di discreta fattura il lavoro svolto sul comparto tecnico, con uno stile che ricorda vagamente quello di Borderlands e che nella sua semplicità riesce a regalare alcuni scorci di notevole impatto. Il comparto audio è caratterizzato da una colonna sonora spesso efficace ma che latita in moltissime sezioni di gioco. Si tratta di una scelta che funziona in diverse situazioni grazie ai sinistri rumori che ci accompagnano nella nostra esplorazione e che in più di un'occasione hanno suscitato la nostra curiosità sulla natura del misterioso pianeta che ci ospita.

Una valanga di fascino, tipicamente sci-fi, impregna l'ultima opera di Big Robot, un fascino che per larghi tratti delle circa otto ore passate in compagnia di The Signal From Tölva (per conquistare tutti i bunker e raggiungere in tutto e per tutto il 100% sono necessarie circa una decina di ore) ci ha fatto chiudere più di una volta un occhio di fronte a delle magagne purtroppo innegabili, ci ha fatto sperare che proseguendo le cose sarebbero potute migliorare con qualche piccolo aggiustamento.

Artefatti sconosciuti per storie perdute.

Purtroppo i passi in avanti tanto auspicati non sono arrivati e mancano quei guizzi che avrebbero potuto trasformare questa avventura fantascientifica in un piccolo capolavoro del genere. Coloro che esploreranno ogni anfratto di Tölva, che si prenderanno del tempo per leggere ogni comunicazione scovata e la piccola enciclopedia stilata dagli sviluppatori (disponibile con ogni copia del gioco) ameranno alla follia un prodotto che in definitiva avrebbe avuto disperatamente bisogno di una maggiore ricercatezza a livello di gameplay. Quest'ultimo, per quanto comunque ben implementato, risulta troppo piatto e poco vario per convincere appieno. La voglia di un sequel o di un'espansione è parecchia, ma l'alone di mistero che ci accompagna sin dai primi minuti di gioco e che si ripresenta con forza nelle decisive fasi finali è un valore aggiunto incalcolabile.

7 / 10

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Alessandro Baravalle

Contributor

Si avvicina al mondo dei videogiochi grazie ad un porcospino blu incredibilmente veloce e a un certo "Signor Bison". Crede che il Sega Saturn sia la miglior console mai creata e che un giorno il mondo gli darà ragione.

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