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The Tax Collector - recensione

Per la famiglia vivo, muoio e ammazzo.

Cosa cerchiamo quando guardiamo un film? Dipende da tanti fattori, spesso momentanei, e di conseguenza anche la scelta ne sarà condizionata, dalla commedia romantica al film d'azione, dalla storia vera alla favola di super eroi, in base all'umore del momento.

E di cosa andiamo in cerca quando scegliamo di vedere un film che nella sinossi ci dice che "David e Creeper lavorano come esattori delle tasse per un signore del crimine di nome Wizard, raccogliendo la quota dagli utili delle bande locali"?

Non pensiamo a una storia da educande: ci aspettiamo violenza, tensione, efferatezze, storie di vite ai limiti e di morti crudeli. Perché sembra che la critica internazionale non abbia gradito The Tax Collector, ultimo film scritto e diretto dal regista che ci da dato Harsh Times, La notte non aspetta, End of Watch, Fury, oltre a Suicide Squad, unica esperienza al di fuori del suo genere d'elezione, e il film ha ricevuto critiche per l'eccesso di violenza messa in scena.

Se una storia come sottotitolo italiano ha 'Sangue chiama sangue' e parla di trafficanti messicani, che aspettarsi? Fosse una cosa all'acqua di rose si sbufferebbe, probabilmente delusi. Quindi The Tax Collector si limita a mantenere quello che promette e da criticare ci sono altre cose.

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Siamo a Los Angeles, quella brutta e cattiva delle periferie, che già facevano da insolito sfondo alle avventure di Training Day (scritto da Ayer) e dei suoi altri lavori, quei piatti sobborghi che si espandono in orizzontale sempre più lontano dalla scintillante Downtown, in un'area colonizzata da tribù diverse che però tutte devono pagare il pizzo al Wizard, il vecchio boss che dal carcere continua ad amministrare il suo possedimento.

In quel melting pot che non ha mai funzionato, dove i latinos o sono manodopera sottopagata o diventano criminali e carnefici dei loro simili che non accettano questa regola, ha trovato la sua nicchia di benessere David, giovane latino di bell'aspetto e dai modi per bene.

Che prezzo può però avere svegliarsi al mattino in una villa lussuosa, fra morbide lenzuola, con accanto una bella moglie e dei figli amati da mantenere nel benessere, avere ogni giorno una tavola riccamente imbandita intorno alla quale radunare i parenti e ringraziare Dio per tutto quanto concesso, montando poi sul luccicante Suv fuori dalla porta?

Il prezzo dipende da che lavoro si raggiunge con quel Suv. E se quel lavoro è fare l'esattore del pizzo per conto del ferocissimo boss, il prezzo da pagare è una tensione costante, nel terrore di sbagliare, e di modi ce n'è molti, e di dover pagare il prezzo più alto.

Shia La Beouf, la carta vincente del film.

Non basta la saltuaria esaltazione della propria potenza, l'ebbrezza di essere l'estensione di chi in quel momento detiene il massimo del potere. Sei sempre una pedina in una gerarchia che non ammette errori, e se non sei bravo a far andare tutto liscio ne pagherai tu le conseguenze (se solo fosse così nelle pubbliche amministrazioni).

David quindi è il collettore di tutte le tangenti, passa e ripassa a "pettinare" tutte le attività, legali e illegali della zona, affiancato dal bianco Creeper, suo fidato amico e bodyguard, uno psycho inquietante, un tipo da tenere al guinzaglio, che contribuisce a mantenere il controllo seminando il terrore con ritorsioni di ferocia biblica, braccio sanguinario di una mente ugualmente spietata ma ammantata di maniere più civili.

Ma una sera in uno dei loro giri incontrano la nemesi, un soggetto che esce dal passato di Wizard e che per una storia di vecchie vendette personali vuole impossessarsi del territorio, alzando l'asticella già altissima delle ritorsioni in un'orgia di violenza che sconvolge anche chi ne è abituato. David, già minato da qualche dubbio sul suo stile di vita, si trova a dover affrontare un dispensatore di terrore e sconvolgenti efferatezze.

Sappiamo bene che oggi, se si vuole mostrare lo zenith della violenza più sadica, bisogna spostarsi in area narcos (certi film visti negli anni non hanno fatto bene al turismo messicano) e sappiamo che a Los Angeles, come in tante metropoli, è come se la vita civile e quella incivile scorressero come due fiumi paralleli, ed è bene evitare punti di incontro.

Il boss latino e il gorilla americano.

Quindi il quadro generale è già molto visto, storie così raccontate tante altre volte. The Tax Collector tiene bene fino a più della metà, pur all'interno dei parametri di genere, se per "genere" intendiamo storia di trafficanti latini ed estrema violenza, di abbrutimento, dove Legge e Ordine non esistono. In questo ambito, chi scegliesse la visione, troverà quello che cercava.

È nella parte conclusiva che il film ha come un cedimento, con una metamorfosi del protagonista David che non convince del tutto, con un eccesso di teatrale melodramma e uccisioni riprese con estetizzanti slow motion. Ma sono limiti noti nella filmografia di Ayer, che fanno parte della sua "poetica".

Motivo di interesse del film, specie per il mercato internazionale, è la presenza di Shia La Beouf, che fa benissimo il fuori di testa tiratissimo. Ormai l'attore 34enne è approdato alla seconda fase della sua carriera: dopo gli eccessi e il crollo lo abbiamo apprezzato in American Honey e Honey Boy due film che paradossalmente contengono nel titolo la stessa parola, Honey, quando proprio di dolce nella sua vita non c'era molto. Pure l'elegiaco Peanut Butter Falcon rimandava a piacevolezze per il palato. Aggiungiamo Borg McEnroe, dove aveva dato una credibile interpretazione del collerico tennista.

A fare coppia con lui, protagonista ma inevitabilmente messo in secondo piano fino al finale, troviamo Bobby Soto, visto in Narcos, bel ragazzo dalla faccia perbene. Di originale nel film c'è l'anomalia della coppia di amici/soci, dove il capo è il latino dall'aspetto rassicurante e il suo gorilla è il bianco ebreo sanguinario, il primo religioso e con famiglia, cane totalmente sciolto il secondo.

Il super-villain e la sua pupa.

Jose Conejo Martin è un cattivo esagerato che fa cose vodoo affiancato da una torbida Lady Macbeth e non si limita a sgozzare galline. Lo zio, boss di secondo livello, ha la faccia di pietra di George Lopez; la mogliettina che sa ma fa finta di niente è la bambolina Cinthya Carmona. E c'è anche cameo finale di Jimmi Smits.

A parte la messa in scena di un mondo che a noi borghesi sembra quasi fiabesco nella sua mostruosità, e l'esibizione di un paio di esecuzioni davvero sadiche, la storia si concentra sull'evoluzione, forzata, di un personaggio che arriva al limite. Anche se era un limite che già ampiamente superava ogni concezione di una vita civile, nell'illusione che fare pulitamente uno sporco lavoro metta al riparo da altre mostruosità.

Ma se l'incalzare degli eventi rende la scrittura del personaggio David un po' affrettata, non è detto che sia del tutto un male, perché lascia allo spettatore il riflettere sulle molte contraddizioni di certe vite malavitose che tanto piacciono anche da noi, come il successo di Gomorra e Suburra dimostrano.

Il film è visibile in streaming su diverse piattaforme.

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A proposito dell'autore

Giuliana Molteni

Contributor

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