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Thimbleweed Park - recensione

Un regalo a tutti i nostalgici, firmato Ron Gilbert.

Spesso Kickstarter ospita progetti che si rivelano fallimentari ma per gli amanti del retrogaming e alcuni generi in particolare è stato una vera manna dal cielo. Tante firme note nel panorama dei videogiochi di qualche anno fa hanno trovato nuova vita nel crowdfunding, scovando quella nicchia neanche troppo piccola di appassionati pronti a finanziare iniziative coraggiose, dove i publisher non osano rischiare.

Ci sono stati tanti casi in questi anni e ora è il turno nientemeno che di Ron Gilbert, noto per essere padre di una (tra le altre) pietra miliare della storia dei videogiochi, la serie di Monkey Island. Lui e diversi suoi colleghi del passato hanno infatti deciso di collaborare nuovamente e di chiedere l'appoggio dei fan per far uscire Thimbleweed Park, avventura punta e clicca che ripropone le stesse identiche meccaniche di quelle che hanno decretato il successo del genere nei primi anni novanta. Un vero tributo, dove ad ogni passo compiuto si riconosce la firma dell'autore e la vena nostalgica.

L'avventura avrà luogo nel 1987 proprio a Thimbleweed Park, cittadina di provincia dove è stato compiuto un omicidio misterioso. Tanto misterioso da richiamare l'attenzione dell'FBI che manda sul luogo due detective, Angela Rey e Antonio Reyes, pronti ad investigare sull'accaduto, e a scoprire nel frattempo anche la storia della città e gli altri misteri che pullulano per le strade.

Tutto il gioco è una sorta di tributo alle avventure degli anni '90 e non solo.

Gli agenti saranno i primi due dei cinque personaggi controllabili con cui curioseremo in giro, insieme a Delores la programmatrice di videogiochi, Ransome il clown scurrile e Franklin il fantasma. Sia loro che la splendida ambientazione sono realizzati in uno stile pixelart davvero retro, praticamente al pari di titoli storici come Maniac Mansion e i primi due Monkey Island.

Ci si muove su scenari a scorrimento orizzontale e l'interazione passa attraverso l'interfaccia utente che presenta in basso a sinistra i tradizionali verbi da selezionare per interagire con il gioco e in basso a destra l'inventario, uno per ogni personaggio. Ritrovarsi nel 2017 di fronte a questo "spettacolo" fa davvero effetto, sia a chi è un veterano e rivivrà momenti magici, sia a chi per la prima volta si ritroverà a cliccare "parla a" prima di scambiare due chiacchiere con un NPC.

Scegliere di utilizzare una grafica volutamente in bassa risoluzione mostra sicuramente coraggio e lo stile centra in pieno l'obiettivo di avere lo stesso look di tanto tempo fa ma riteniamo che si sarebbe potuto fare anche di più, osando magari nel creare scenari ancor più assurdi o utilizzando una palette cromatica molto più varia.

Dopo qualche ora di gioco è palese come Gilbert abbia voluto confezionare un tributo a questo genere che lui come autore e noi come giocatori abbiamo amato tanti anni fa. E che ci è rimasto nel cuore. La conferma sta nei cinque protagonisti, che seppur ben caratterizzati non arrivano a catalizzare l'attenzione come farebbe un Guybrush Threepwood, e che sfondano quanto più possibile la quarta parete con citazioni comiche sulle avventure grafiche del passato, sulle meccaniche e su essi stessi, consapevoli di trovarsi all'interno del gioco.

Le citazioni sono praticamente ovunque. Quante ne vedete in questa immagine?

Tra frasi d'effetto e continui comparsate di personaggi provenienti da altri titoli famosi dell'epoca, è chiaro come il vero protagonista sia il viaggio a Thimbleweed Park e nella nostra stessa memoria. Resta un peccato non affezionarsi più di tanto a un personaggio in particolare, e che i più giovani probabilmente non riusciranno ad apprezzare tutti i riferimenti proposti dal gioco, ma il tutto resta godibile e riesce spesso a stupire con alcuni momenti che non potrebbero luogo in altri videogame.

La scelta di poter giocare con cinque personaggi nel corso dell'avventura poteva essere un rischio per gli sviluppatori, dovendo fare i conti con enigmi diversi per ognuno e a volte incrociati, dove si dovrà collaborare per riuscire a districarsi e andare avanti. Ma l'esperienza di Ron Gilbert è stata quanto mai utile e si riflette in una storyline decisamente non lineare, capace di ramificarsi tra l'indagine principale, ricordi di altri tempi e lo scambio dei diversi protagonisti.

C'è la giusta alternanza tra l'esplorazione, i (divertentissimi) dialoghi con gli NPC e soprattutto gli enigmi, mai troppo difficili e appassionanti per merito degli indizi che trovano tempi e luoghi giusti. Chi ha già giocato a titoli simili in passato non ne avrà bisogno ma l'inserimento di una modalità casual più semplice, per favorire chi si approccia per la prima volta, ha senso e permette di non rimanere frustrati da un design che per quanto affascinante ha più di vent'anni sulle spalle.

L'interfaccia utente è quella delle prime avventure grafiche: ai neofiti potrebbe risultare ostica.

Ultima ma non ultima c'è la colonna sonora. Trattandosi fondamentalmente di un giallo, il tema scelto è quello di un simil-jazz anni 40', che accompagna le vicende non infastidendo mai e dando un'atmosfera più profonda. Alcuni pezzi rimangono in testa e non sfigurerebbero in una soundtrack venduta a parte. E (incredibile) anche questo aspetto è protagonista di alcune gag: per vederlo, provate ad interagire con qualche radio sparsa per il gioco.

Thimbleweed Park è allora un gioco fatto da amanti delle avventure punta e clicca per gli amanti delle avventure punta e clicca. Lo stile di Gilbert sprizza da ogni battuta, da ogni testo e da ogni anfratto della cupa cittadina, in cui divertenti enigmi ed eventi strampalati trovano un folle filo logico.

Un must per i nostalgici e gli amanti del genere, mentre i giocatori più giovani purtroppo non afferreranno le tantissime citazioni, si scontreranno con una grafica in bassa risoluzione e un'interfaccia verbosa. Ma chissà mai che le nuove leve non siano curiose di capire come ci si divertiva, alla grande, oltre vent'anni fa.

8 / 10

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Thimbleweed Park

Android, iOS, PS4, Xbox One, PC, Mac, Nintendo Switch

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Michele Sollazzo

Contributor

Provenendo dalla leggendaria regione del Molise, non poteva fare a meno di vivere avventure in mondi virtuali. Dopo un'infanzia vissuta tra gli arcade dei bar diventa adulto firmando petizioni per far uscire Shenmue 3. Ora è passato a Outcast 2.
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