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Rainbow Six Siege entra nell'Anno 3 - articolo

Il gioco di Ubisoft, divenuto uno degli esport più importanti, annuncia novità che vi raccontiamo dal 6 Invitational di Montreal.

Montreal a febbraio non è certamente una delle mete turistiche preferenziali, e con temperature che oscillano dai pochi gradi sopra lo zero ai -15, può rendere sconsigliabile anche la più breve delle passeggiati postprandiali. Ma Montreal è anche il luogo della più importante sede di Ubisoft, nonché la città dov'è stato concepito Rainbow Six Siege, uno dei fenomeni più interessanti degli ultimi anni. A livello videoludico, s'intende.

Nei mesi immediatamente successivi il lancio, non si può certo dire che quello di Ubisoft sia stato un successo. D'altronde, come spiega con disarmante candore Xavier Marquis, Creative Director di R6 Siege, "questo gioco è stato realizzato da persone molto appassionate del genere, ma non altrettanto esperte. Eravamo tutti sviluppatori con anni di carriera alle spalle ma nessuno di noi si era mai cimentato prima col multiplayer".

"Non avevamo molte conoscenze nella programmazione del netcode o del matchmaking. E neppure in ambito di esport ma siamo migliorati molto dal lancio ad oggi, e stiamo continuando a imparare nuove cose dalla costante analisi dei dati. Ora ci sentiamo nella nostra maturità".

Poi, però, inaspettatamente anche per la stessa Ubisoft, qualcosa è cambiato. Rainbow Six Siege ha cominciato a vendere sempre di più, laddove i modelli di business tradizionali suggerivano un lento declino nelle vendite fino all'arrivo dell'eventuale nuovo capitolo. Ed è lì che il publisher transalpino ha capito di avere per le mani la cosiddetta gallina dalle uova d'oro. Rainbow Six Siege, infatti, era diventato un esport e da lì a trasformarlo in qualcosa di nuovo, il passo è stato breve.

Un'immagine del 6 Invitational di Montreal, in cui si sono sfidati i migliori 16 team mondiali di R6 Siege. (Credits: ESL - Pawel Bastrzyk)

"I cambiamenti più importanti di R6? L'essere passati da un modello di business tradizionale da tripla A, a quello di game as service", esordisce Leroy Athanassoff, Game Director di R6 Siege. "Non ci sarà mai un Rainbow Six 2, piuttosto in futuro verranno continuamente aggiunti nuovi contenuti all'impianto attuale, che si evolverà nel tempo. Si tratta di una decisione che abbiamo preso all'inizio della seconda stagione, dopo esserci accorti che il numero di giocatori era in costante crescita. Quando si lancia un prodotto basato su un modello di business tradizionale, c'è un picco di utenti iniziale che poi si riduce gradualmente nel tempo, fino a quando non viene lanciato il capitolo successivo. Nel nostro caso, invece, stava accadendo il contrario e credo sia stato un merito l'esserci adattati prontamente alla risposta del pubblico.

Il che però fa pensare che siate stati bravi a cavalcare l'onda ma non a vederla arrivare. "Quando crei un videogioco competitivo, quello che puoi fare è cercare di realizzare l'ambiente migliore affinché i player riescano a divertirsi. Ma non sei tu a decidere a tavolino che diventerà un esport, sarà piuttosto il pubblico che ne decreterà o meno il successo".

"La gente pensa che i publisher studino tutto a tavolino, prevedendo in anticipo ogni mossa. Ma non è così e tuttora ci capita di restare sorpresi di fronte alle reazioni del pubblico, capace di usare gli Operatori in modi che non avevamo immaginato. Ecco perché preferiamo ideare degli strumenti di design e darli in pasto alla gente, che poi li userà come meglio crede".

Un concetto, questo, che riprende anche Xavier Marquis: "Ci limitiamo a creare una sorta di sandbox e lasciamo i giocatori liberi di esplorarne i limiti e di sorprenderci. Come designer e sviluppatori, vediamo con piacere il meta prendere direzioni inaspettate. Inizialmente ci sono voluti quattro, cinque mesi perché ciò accadesse. Ora invece succede a ogni stagione".

Solamente 900 i posti del TOHU di Montreal, ma tutti pieni dal primo all'ultimo giorno e con un pubblico davvero caloroso che ha accompaganto le gesta dei propri beniamini. (Credits: ESL - Pawel Bastrzyk)

Le stagioni, non senza una certa semplificazione, non sono altro che le novità che vengono periodicamente introdotte ogni anno. Per un gioco che infatti diventa un servizio, il modello di business comporta l'introduzione di update sbloccabili attraverso dei Season Pass che gli appassionati devono acquistare per restare al passo coi tempi. E il senso della nostra trasferta a Montreal è stato duplice: assistere al 6 Invitational, l'evento esportivo più importante dell'anno per Ubisoft, che con esso celebra le finali mondiali di Rainbow Six Siege; e vedere in anteprima le novità dell'Anno 3, che sorprenderanno senz'altro i fan del gioco.

Ma andiamo con ordine e concentriamoci sul 6 Invitational. Per chi non lo sapesse, si tratta del torneo in cui si affrontano le sedici migliori squadre al mondo, rappresentanti le quattro regioni della Pro League. Il montepremi rappresenta il nuovo record per il franchise, con 500.000 dollari che portano il totale dei soldi messi sul piatto da Ubisoft a 1.250.000 dollari. Per il solo Anno 2. Ma oltre ai duelli tra i team più famosi, il Six Invitational ha ospitato anche due sfide aggiuntive, come uno showmatch e un Match All-Star, disputato prima della finalissima.

Tra le sedici squadre arrivate alla finale troviamo nomi più o meno noti agli appassionati quali (senza voler essere esaustivi) i campioni in carica Evil Geniuses, i Penta Sports e gli Ence. Ma sarebbe sbagliato dimenticare i Faze Clan, i Black Dragons, gli Yeah! Gaming, i Rogue e i Team Liquid, tutte squadre dell'America Latina, territorio che solitamente in ambito esportivo è poco rappresentato ma che inaspettatamente è uno dei principali bacini d'utenza di Rainbow Six Siege.

Chi scrive è la prima volta che assiste a una finale mondiale di Rainbow Six Siege e l'impressione è stata ottima, a cominciare dall'arena da 900 posti del TOHU di Montreal, una struttura più piccola rispetto a quelle scelte da blasonati franchise 'esportivi', e proprio per questa gremita di pubblico sin dal venerdì, laddove in altri casi è capitato di vedere spalti poco popolati persino il giorno della finale. E poi, dietro la facciata di quello che si può vedere da Twitch, c'è il lavoro di un centinaio di persone che lavorano all'unisono per produrre un evento televisivo estremamente godibile e fruibile anche per chi non sia un giocatore provetto. Merito questo anche del gameplay di Rainbow Six Siege, che non raggiunge mai la frenesia dai Call of Duty e degli Overwatch di turno, rivelandosi facilmente comprensibile.

La strada dei Mind Geniuses non è stata delle più facili, ma i campioni in carica sono riusciti ad arrivare allo scontro finale coi quotatissimi Penta. Che hanno trionfato alla conclusione di una match tiratissimo. (Credits: ESL - Pawel Bastrzyk)

L'impianto esportivo ideato da Ubisoft non è però scritto nella pietra, né potrebbe esserlo qualcosa che è stato creato da così poco tempo. Il che è un po' il pregio e il difetto degli esport in generale, troppo giovani per vantare una struttura rodata e collaudata come quella degli sport tradizionali, eppure proprio per questo affascinante perché capace di rinnovarsi da un anno con l'altro. L'esatto opposto di ciò che avviene con discipline secolari come il calcio che impiega anni, se non lustri, solamente per decidere l'introduzione della goal line technology o della VAR.

Ecco allora che la Pro League di Rainbow Six, stando alle parole di Ubisoft, "dall'anno prossimo sarà costituita da due Stagioni di sei mesi ciascuna, che dureranno da giugno a novembre e da dicembre a maggio. Ogni stagione si concluderà con le finali, nei quali gli otto migliori team della Stagione, due per regione (Asia-Pacific, Europa, America Latina, Nord America), si sfideranno per aggiudicarsi un premio di 275.000$. Questo formato avrà una durata di sei mesi e inizierà a giugno dopo una stagione di transizione che durerà da marzo a maggio 2018. La stagione di transizione, settima Pro League di Rainbow Six Siege, durerà tre mesi e si concluderà negli Stati Uniti a maggio 2018".

"La Challenger League sarà invece composta da due Stagioni della durata di tre mesi per anno e inizierà a settembre e marzo. Inoltre seguirà in via eccezionale il formato utilizzato per la Stagione 7 della Pro League. In aggiunta al Six Invitational che si tiene tradizionalmente nel mese di febbraio, un secondo Six Major avrà luogo ad agosto. La prima edizione, i Six Paris Major, saranno organizzati a Parigi ad agosto 2018. Il Six Paris Major e il Six Invitational mettono in palio dei montepremi rispettivamente di 350.000$ e 500.000$. Entrambi gli eventi includeranno 16 squadre provenienti da tutto il mondo. Prima di qualificarsi per Pro League o Majors, le squadre potranno mettersi alla prova nei Tornei Settimanali Online, inclusi i tornei Go4 che hanno luogo ogni domenica su tutte le piattaforme. Diversi eventi e tornei locali saranno organizzati ogni anno in diversi Paesi".

Terminati i virgolettati, così chiari che avrebbe avuto poco senso riscriverli, appare evidente che Ubisoft sta facendo davvero sul serio, cercando di strutturare al meglio un fenomeno che sembra esserle esploso tra le mani. Ma affinché Rainbow Six diventi un franchise destinato a durare nel tempo, non basta rivedere e raffinare i regolamenti delle competizioni. Servono anche i contenuti e sotto questo punto di vista il 6 Invitational è stata l'occasione per provare con mano gli aggiornamenti dell'Anno 3, che includono Outbreak e Operazione Chimera.

Quelli di Outbreak sono alieni e non zombie, e il risultato finale ci sembra molto vicino per direzione artistica a Prototype.

Il primo è un evento di quattro settimane che ha stupito un po' tutti, proponendo una sorta di modalità Orda che pare voler fare il verso a quella di Call of Duty. Niente zombie, però, ma un'inaspettata minaccia aliena della durata di sole quattro settimane, che s'ambienterà in una cittadina del Nuovo Messico (ovviamente). Vista l'entità del pericolo, le autorità hanno messo in quarantena l'intera città, col risultato che ai membri del team Rainbow non è restato che chiamare gli esperti di attacchi biologici attivi nelle più efficaci unità antiterroristiche di tutto il mondo, che altro non sono che due nuovi Operatori provenienti da Francia e Russia.

La cosa curiosa, qualora vi fosse sfuggito qualche riga sopra, è che questo è un evento a tempo della durata di un mese, scaduto il quale non sarà più disponibile. I perché di questa scelta ce li spiega Xavier Marquis, Creative Director di R6 Siege, cui abbiamo anche chiesto se con Outbreak non voglia per caso andare a pestare i piedi a un concorrente (in ambito esportivo) piuttosto noto.

"Outbreak non è il tentativo di sfidare la modalità zombie di Call of Duty ma di creare qualcosa di dirompente con cui sorprendere gli appassionati. Ecco il perché di una modalità con 3 giocatori anziché 5, e che porta gli alieni nel mondo di Tom Clancy. Perché durerà solamente un mese? Beh, se durasse per sempre non sarebbe più un elemento di rottura. Quanto al futuro non abbiamo in mente altre novità di questo tipo, ma in caso ce ne fossero saranno qualcosa di diverso, capace di sorprendervi nuovamente".

Ciò che abbiamo potuto provare in anteprima è stata un'esperienza cooperativa piuttosto canonica, la cui utilità ci è parsa essenzialmente quella di prendere dimestichezza coi nuovi Operatori. O di far propria la raccolta esclusiva di elementi cosmetici che saranno disponibili solamente per la durata dell'evento. Tolto questo, però, Outbreak non pare prestare il fianco a ulteriori approfondimenti. Si entra nella mappa e s'iniziano ad affrontare nemici di difficoltà crescente, fino ad arrivare a combattere un bestione corazzato, di nome Smasher, il cui unico punto debole è posizionato sulla schiena. Prima, però, dovremo vedersela con Grunt (gli avversari più comuni, con aculei che spuntano dalla schiena), Breacher (che emanano una nube tossica di spore quando vengono uccisi), Rooter e Apex, con quest'ultima che richiama fin troppo da vicino le Maliarde di Destiny, essendo capace di lanciare pericolose sfere di energia e di far spawnare orde di mob.

L'abilità di Finka è meno appariscente di quella di Lion, ma può fare la differenza tra la vittoria e la sconfitta.

Gli Operatori impegnati potranno usare ovviamente le loro abilità speciali, e fare rifornimento di salute e munizioni in punti dislocati nelle tre mappe disponibili, caratterizzate da un'estensione ben maggiore di quelle in cui si combatte tradizionalmente. La mappa House 1F, ad esempio, ha una superficie di 23x31 metri, mentre quella di nome Hospital (in Outbreak) misura 110x100 metri. Una volta portato a termine l'obiettivo assegnato, come la difesa e l'estrazione di un NPC, si può scegliere di ricominciare daccapo o selezionare un livello di difficoltà più elevato, chiamato Pandemic, che prevede non solo mostri più difficili da abbattere e che fanno più danno, ma anche la presenza del fuoco amico.

Giocare ad Outbreak ci ha permesso però di provare anche i due nuovi Operatori, Finka e Lion. Difficile in poche partite capire quale sarà il loro impatto sul meta del gioco ma la prima, proveniente dalla Russia, ha due cure istantanee che, grazie a delle nanomacchine, aggiungono 20 punti vita a tutto il party (mentre in Outbreak la cura è singola e da 40 punti vita). Calcolando che chi è in piena salute può andare fino a 140 punti vita, è ovvio che in alcuni momenti salienti, ad esempio quando si fa irruzione in una stanza, una skill di questo tipo può fare la differenza tra la vittoria e la sconfitta. Finka inoltre con questa abilità è capace anche di rimettere in piedi i giocatori a terra ma non ancora eliminati dal match, il che la candida seriamente ad essere un Operatore imprescindibile per qualsiasi team, anche in chiave difensiva.

Lion, invece, dispone di un drone che al termine di un conteggio di tre secondi evidenzia le sagome di tutti i nemici attraverso i muri. Attenzione, però, perché se si sta immobili non si viene rilevati, e la capacità non solo di vedere ma anche d'immobilizzare la squadra avversaria introduce delle sfumature tattiche davvero intriganti. Le tracce degli avversari restano visibili in rosso solamente per 3 secondi ma ci sentiamo di sbilanciarci nell'affermare che Lion avrà un posto fisso in ogni squadra. O almeno, questo è quello che abbiamo osservato durante la nostra sessione di prova a Montreal.

Tutto quello che avete letto finora, ossia la modalità Outbreak e i due nuovi operatori, fanno parte della prima stagione dell'Anno 3 di Rainbow Six Siege, formando così un pacchetto che prende il nome di Operazione Chimera. Questo, stando alle informazioni divulgate da Ubisoft, "sarà disponibile su TTS dal 19 febbraio e su tutte le piattaforme dal 6 marzo, mentre Outbreak sarà giocabile su PC dal secondo giorno dell'Operazione Chimera su TTS, il 20 febbraio. In seguito, sarà disponibile su tutte le piattaforme dal 6 marzo al 3 aprile".

È bastato guardarsi in giro durante il 6 Invitational per vedere Lion in ogni sessione di prova di Outbreak. Se il buongiorno di vede dal mattino, diventerà uno dei personaggi più gettonati dell'Anno 3.

L'anno 3, però, non si esaurirà con la prima stagione. Nella seconda stagione verranno introdotti due Operatori italiani, pare del nucleo GIS dei Carabinieri), e italiana sarà anche la mappa. La terza stagione offrirà invece un Operatore inglese, uno americano e il rifacimento di una mappa attualmente esistente. Nella quarta stagione, invece, faranno la loro comparsa due Operatori del Marocco, nazione in cui sarà ambientata la nuova mappa. In totale, quindi, l'Anno 3 offrirà 8 nuovi Operatori, 2 nuove mappe ambientate in Italia e Marocco e 1 mappa esistente completamente rinnovata.

Sono poi previste novità anche a livello 'normativo'. Se attualmente le squadre durante la Pro League possono bannare ognuna fino a 3 delle 9 mappe disponibili, con la prossima introduzione del Pick & Ban potranno anche bannare anche 2 Operatori (opzione valida anche per le partite custom). Attenzione però che questi verranno rimossi da entrambi i team. Durante il caricamento del partita, inoltre, si potranno vedere gli Operatori scelti dagli avversari, il che permetterà a ogni squadra di cambiarne uno suo, senza però che gli altri vedano quale sia. Tali novità introdurranno allora un chiaro effetto sorpresa e aggiungeranno un ulteriore strato di strategia alle fasi precedenti il match.

Rainbow Six Siege, come indicato anche da Leroy Athanassoff nel corso della nostra intervista, è un titolo con un modello di business da 'game as service', che quindi oltre al prodotto base richiede l'acquisto ogni volta di un Season Pass. Quello dell'Anno 3 è in vendita dallo scorso 12 dicembre al costo di 29,99 euro, poco meno del gioco base che al momento in cui scriviamo è venduto a 34,79 euro. Per cercare di venire incontro ai principianti, inoltre, tutte le edizioni standard avranno i 20 operatori iniziali già disponibili, così come gli attachment (accessori) delle armi, senza quindi richiedere lo sblocco tramite valuta in game. Questo perché chi entrasse oggi nel mondo di R6 Siege, rischia di sbattere il muso contro la barriera rappresentata dalle troppe cose (ormai) da sbloccare prima di poter essere competitivi.

A nostra memoria non ci viene in mente alcun altro titolo che abbia avuto una vita così movimentata, e che da insuccesso si sia trasformato in successo planetario. Parliamo infatti di un prodotto da oltre 25 milioni di utenti unici, dei quali 1 milione di Italiani che nel 2017 hanno giocato (leggasi, lanciato il software) per 40 giorni diversi. E che testimonia come la spesso bistrattata Ubisoft sia capace non solo di lanciare un rilevante numero di nuove IP, ma di continuare a sostenerle e rifinirle qualora il lancio non sia stato dei più felici (vedi anche The Division), laddove altri publisher nelle medesime situazioni chiuderebbero semplicemente i rubinetti. Chi la dura la vince, insomma, e sarà interessante vedere fin dove Rainbow Six Siege saprà spingersi in futuro nell'ambito degli esport.

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Stefano Silvestri

Editor in Chief, EG.it

Il suo passato è costellato di tutto ciò che è stato giocabile negli ultimi 40 anni. Dal ’95 a oggi riesce a fare della sua passione un mestiere, non senza una grande ostinazione e un pizzico di incoscienza.
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