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Tutta colpa dei casual gamer - editoriale

Il mercato cambia, chi vi ha detto di cambiare con esso?

Credo fermamente che uno dei grandi piaceri dell'invecchiare sia parlare male dei giovani. D'altronde è anche uno dei segni più importanti della propria età mentale: quando non hai più voglia di fare qualcosa di estremamente incosciente, vuol dire che hai passato il Rubicone dell'età della ragione, che è finita.

Eppure non è fondamentale essere vecchi per parlare male di chi arriva dopo. Pensate ad esempio al mirabile mondo dei videogiochi, che noi tutti abitiamo a vario titolo, ognuno col proprio bagaglio di esperienze personali. Probabilmente è uno degli insiemi culturali più giovani, se non addirittura il più giovane, ma è anche quello in cui si passa più tempo a vantarsi della propria preparazione, del proprio bagaglio, dei titoli giocati e del quanto si è degli "hardcore gamer".

Forse sarà perché i videogiochi violenti ci hanno resi tutti aggressivi ma non mi sembra di vedere la stessa animosità negli appassionati del cinema, della letteratura o della pittura. Certo, un amante dei film indipendenti guarderà con supponenza chi divora blockbuster o ha la collezione di Van Damme; potremmo dire peste e corna di Fabio Volo in libreria e probabilmente ci sarà anche qualcuno che non apprezza determinate correnti pittoriche, ma rimane una presa in giro tra vari generi, come se gli amanti degli FPS sfottessero chi gioca ai picchiaduro.

Loro si divertono, alla faccia del nostro snobismo.

Solo nei videogiochi c'è questa incredibile guerra contro i "casual gamer", creature orribili, metà mamma annoiata che gioca a Candy Crush, metà vostra nonna che vi fa un mazzo così col bowling della Wii. Solo loro vengono accusate di aver cambiato l'intero settore. Forse l'unico paragone adeguato è il fan di un gruppo underground che, improvvisamente, scopre che milioni di persone hanno iniziato ad apprezzarli e s'arrabbia perché è diventato commerciale e non fa più quel suono che gli piace tanto.

È solo colpa dei casual gamer, che avrebbero rovinato un settore, grandi complici delle multinazionali cattive che sfornano i sequel a raffica; loro sono gli untori che ci hanno portato le microtransazioni, le scorciatoie pagate, i giochi facili facili. È colpa loro se il nostro mondo è cambiato, se sviluppare un videogioco è diventato un terno al lotto, se i publisher sono costretti a scegliere tra un prodotto sicuro e uguale a quello precedente o qualcosa di piccolo e, si spera, innovativo.

"Siamo sicuri che sia colpa di Angry Birds se non fanno un altro capitolo di Shenmue?"

Ma ne siamo proprio sicuri? Siamo sicuri che sia colpa di Angry Birds se non fanno un altro capitolo di Shenmue?

Intanto, dovremmo capire, una volta per tutte, chi sarebbe questo "casual gamer". È uno che passa meno ore di noi su un gioco? Viste le giornate spese su Candy Crush o Farmville, dubito. È uno che gioca a titoli semplici, che non necessitano di particolari abilità con mouse, tastiera e pad? Può essere ma alla fine anche Tetris è un gioco semplice, e volete mettervi contro Tetris? Io non credo. I casual gamer sono persone poco informate, che giocano quasi sempre agli stessi titoli? Ci sono persone che vanno avanti per anni solo con FIFA, Call of Duty e poca altra roba, e ci giocano per ore, con passione: sono anche loro dei casual gamer?

Se proprio volete prendervela con qualcuno, prendetevela con chi dice di essere nerd solo per moda.

La verità è che la definizione di casual gamer è molto labile, e probabilmente nasce da un fortissimo impulso umano: tracciare linee, demarcare, distinguere tra "noi" e "loro", perché non sono certo la dedizione, la voglia di spendere soldi o l'ossessione che mancano ai casual gamer. Di sicuro si fanno meno problemi di noi (e di me), e pensano solo a divertirsi.

La verità è che tutti siamo stati casual gamer, non è un gruppo nato con la Wii. Nella golden age dei videogiochi, quel posto magico in cui tutto era divertente e gli sviluppatori non pensavano solo al denaro (credeteci), i giochi assomigliavano molto di più a Candy Crush che non a The Last of Us. Anzi, si potrebbe arrivare a dire, con buona pace degli snob, che i casual game sono ciò che ha aiutato a rendere grande il settore.

Prima di venire sotto casa mia con torce e forconi però, lasciatemi fare una precisazione: è ovvio che il mondo dei videogiochi è ricco di sfumature e senza dubbio un trentenne che vive di Collector's Edition, esprime la sua passione diversamente da quella vostra amica che vi invita ad ogni social game possibile, o al tizio che oltre COD e FIFA non va. Ma sostenere che gli ultimi due stiano rovinando la piazza al primo, è assurdo.

Impossibile anche negare che il settore non sia cambiato: il margine d'errore s'è assottigliato sempre di più, i videogiochi sono entrati a far parte della (sotto)cultura pop contemporanea, il mercato ha gonfiato le proprie spese e con esse i tentativi di mettere le mani nelle tasche dei giocatori, a volte con successo, altre volte meno. Ogni tanto sembriamo dimenticarci che se vogliamo la beneficienza siamo nel luogo sbagliato e che il non-acquisto è l'arma più forte di ogni rapporto di domanda e offerta.

Crescendo si tende ad abbandonare il mondo degli hardcore gamer. Quasi sempre.

"Il mercato oggi è frammentato, vario, complesso, aperto a chiunque abbia una buona idea e riesca a venderla bene"

Il mercato oggi è frammentato, vario, complesso, aperto a chiunque abbia una buona idea e riesca a venderla bene. Il fatto che Rovio e altri distributori indie abbiano avuto successo probabilmente ha moltiplicato i titoli scadenti, ma se YouTube ha reso più facile per tutti creare video, questo non ci obbliga a guardare i peggiori. Vedetela così: i giochi casual attraggono il grande pubblico, che magari un giorno si stuferà dei titoli casual e imparerà a raffinare i propri gusti.

Le ansie sui grandi problemi del mondo dei videogiochi, costretto a sfornare giochi semplici per compiacere un pubblico sempre più ampio, sono spesso ingiustificate. Se Justin Bieber vende milioni di dischi, nessuno ci obbliga a mollare la nostra collezione di black metal per guardare un suo concerto, e se il nostro gruppo preferito cambia suono, ne troveremo un altro. Là fuori ci sarà sempre un gioco in grado di appassionarci, anche se alcuni generi possono avere meno fortuna di altri.

L'unica vera differenza tra le varie tribù di giocatori è il modo in cui gestiscono il proprio tempo: l'hardcore gamer organizza la giornata intorno al gioco, il giocatore intermedio organizza il gioco intorno alla giornata e il casual gamer gioca quando se ne presenta l'occasione, che sia estemporanea o meno. Spesso è il tempo a definire il tipo di giocatore, e non ciò a cui sta giocando.

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Lorenzo Fantoni

Contributor

Dentro un rugbista di 110kg dedito agli stravizi, batte il cuore di nerd vecchio stampo con lo sguardo perennemente abbronzato da uno schermo, anche d'estate.

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