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Valkyria Revolution - recensione

Un curioso spin-off.

Cosa passa nella testa di un publisher che ha nel proprio catalogo una serie amatissima, ma che vende poco, non lo sappiamo. Quali siano stati i brain storming o i complessi piani elaborati per fare in modo che un pubblico maggiore possa essere attratto dal proprio prodotti ci sfuggono. Così come la scelta degli elementi da mantenere e quelli da variare per rendere più appetibile la formula. Però sappiamo che cambiare completamente genere e affidare il progetto ad uno sviluppatore esterno non è, nella maggior parte dei casi, la mossa migliore.

È quello che SEGA, vecchia paladina di giovani e bambini grazie ai suoi Sonic, Strider, Yakuza, Shenmue o Virtua Fighter, ha deciso di fare con Valkyria Chronicles, un ispiratissimo strategico per console uscito ormai qualche anno fa su PlayStation 3 e riproposto recentemente sulla 4. Valkyria Revolution, infatti, è uno spin-off della serie che va a modificare quasi tutti i capisaldi sui quali la licenza originale poggiava, creando la tempesta perfetta: avere una licenza con uno scarso appeal sul grande pubblico a trainare un gameplay non affine ai vecchi fan. Ma non è tutto da buttare.

Il design dei personaggi è interessante, peccato spesso cadano negli stereotipi di genere.

Lo scenario nel quale si combatte una nuova guerra per il controllo del minerale Ragnite, infatti, è la stessa Europa della serie principale, un continente immaginario nel quale si mescolano elementi della rivoluzione industriale, un po' di steam punk e quello stile barocco tipico delle produzioni orientali. Il secondo elemento di contatto è dato da alcune scelte estetiche del gioco, a partire dalla grafica, un cell shading dai colori un po' slavati, fino ad arrivare alla scelta di raccontare parte della vicenda come se fosse presa di peso da un libro di testo. Infine Vanargand e compagni saranno dotati di un sistema di crescita piuttosto particolare che fa affidamento tanto su diversi punti di forza dei personaggi, ma comprende anche diverse debolezze, che vanno a definire le performance sul campo di battaglia della squadra e la oro inclinazione a subire cambi di stato, come paura e rabbia.

Ma è proprio quando Valkyria Revolution si libera dalle spesso interminabili sequenze animate, costruite in maniera piuttosto povera attraverso il motore di gioco o schermate semi-statiche, che la serie principale e lo spin-off si differenziano enormemente. Se in origine avevamo a che fare con uno strategico a turni con alcuni elementi action che facevano essere più concitato il gameplay, adesso la serie vira verso uno strano musou, con alcuni elementi ruolistici e la possibilità di mettere in pausa. Non certo il genere più affascinante e riuscito al mondo, come vedremo tra poco.

Sul campo di battaglia potremo portare un massimo di quattro personaggi contemporaneamente. Ognuno di essi è caratterizzato da una classe che ne determina l'arma principale, ma soprattutto le abilità secondarie che potrà equipaggiare, che ricordano molto da vicino le classiche magie. Queste potranno creare danni, curare o migliorare le prestazioni dei compagni. Inoltre sarà possibile utilizzare oggetti e dare comandi ai compagni. Completano la lista delle abilità una parata, una schivata e la possibilità di nascondersi dietro un riparo, in modo da non essere colpiti dai proiettili nemici o per organizzare un'imboscata. Sulla carta le differenze sono sensibili e a parte qualche abilità caratterizzante (i buff o le cure) si controlleranno in maniera piuttosto identica, dato che potranno contare su di un unico tasto di attacco.

Cover image for YouTube videoValkyria Revolution - Teaser Trailer | PS4, PS Vita

A rendere più profonda la situazione, un po' per richiamare le radici strategiche della serie, c'è la possibilità di impartire alcuni ordini alla squadra e di definire il tipo di atteggiamento che un personaggio deve adottare quando si muoverà autonomamente sul campo di battaglia. Si potrà modificare la formazione (ognuno per sé, a coppie o in gruppo) e l'atteggiamento della squadra (libero, offensivo, difensivo, supporto) al volo, in modo da adattare il gruppo alle esigenze della battaglia. Si potranno definire anche delle linee guida per ogni personaggio, in modo che utilizzi determinate armi o abilità quando controllato dal computer. Nel caso in cui la situazione diventi ostica, potremo alternare il controllo tra i vari protagonisti, così da sfruttare tutti i loro punti di forza.

A rovinare un sistema di gioco apparentemente ben studiato arriva una certa ripetitività di fondo di scenari, nemici e missioni, un'intelligenza artificiale avversaria e un senso di sfida non eccelsi, e soprattutto la necessità di mettere sempre in pausa il gioco nel caso di voler utilizzare un'arma secondaria o un'abilità, che smorza il senso di frenesia e adrenalina che invece rende godibili anche sul lungo periodo i musou. In più la barra dell'azione impedisce di attaccare con continuità i nemici, interrompendo ulteriormente la fluidità e la godibilità del sistema di combattimento.

Una volta tornati alla base ci saranno diversi elementi con i quali far crescere e personalizzare la squadra, come la possibilità di sviluppare nuove armi o di comprare set di armature o abilità ancora più forti e efficaci. La loro disponibilità dipenderà dal favore della guerra, un'interessante meccaniche che potrebbe ricordare quella vista nel controllo del territorio in GTA San Andreas. Le nazioni occupate durante le battaglie libere, infatti, se non difese ricadranno nelle mani dei nemici. Questo impedirà ai beni prodotti in quelle zone di arrivare i città e dunque vi priverà, nel caso in cui ne sentiate davvero bisogno, di quel determinato oggetto.

Il sistema di combattimento è un ibrido tra un gioco di ruolo e un musou.

Per il resto la storia porterà a schermo il solito cast di personaggi un po' puerili e stereotipati tipici di molte produzioni orientali, con gli uomini che sono eroi tutti di un pezzo e le donne sempre un po' fragile, impegnate a lottare per conquistare il marito migliore. Non fosse per le lunghissime sequenze di intermezzo la trama si lascerebbe anche seguire senza troppi intoppi. Ricordiamoci, comunque, che il gioco è doppiato e sottotitolato solo in inglese. La longevità può superare tranquillamente le trenta ore di gioco, tra combattimenti all'arma bianca con antieroi e confronti con giganteschi mezzi meccanici semoventi.

L'impressione che abbiamo avuto è che Valkyria Revolution sia stato affidato ad un team con meno talento e forse anche un budget più limitato di quello della serie principale. Le idee ci sono, ma non sono mai amalgamate tra di loro in maniera coerente e perfetta. Così abbiamo un sistema di combattimento che non è né action, ne strategico, un gioco di ruolo senza un'economia solida o uno sviluppo dei personaggi credibile e una storia con personaggi un po' troppo stereotipati. Il risultato non è un brutto gioco, è piacevole da guardare e la stratificazione del gameplay è interessante, ma decisamente lontano dall'eccellenza della serie principale.

7 / 10

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Valkyria of the Blue Revolution

PS4, Xbox One, PlayStation Vita

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Luca Forte

Contributor

Luca si divide tra la gestione del ruspante VG247.it e l'infestare Eurogamer con i suoi giudizi sui giochi sportivi, Civilization, Fire Emblem, Persona e Football Manager. Inviato d'assalto, si diverte a rovinare le anteprime video dei concorrenti di tutto il mondo in modo da fare sembrare le sue più belle.

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