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Driver: San Francisco

Reflections riporta la serie sulla strada giusta.

È strano pensare che il protagonista di un videogioco sia in coma per la maggior parte della sua avventura, eppure è proprio quello che accade in Driver: San Francisco, gioco del quale abbiamo recentemente scritto in merito al single player e al multiplayer.

La coscienza di Tanner vaga infatti per la città saltando da una macchina all'altra, servendosi della nuova funzione Shift. Il che sembra quasi un modo simbolico per descrivere il nebuloso percorso del gioco in questi ultimi anni: dal successo iniziale al limbo, fin quasi a scomparire prima di fare ritorno sugli schermi delle console a un quinquennio di distanza.

È parecchio tempo per una serie che si trovava ai vertici dei giochi di guida, ed è proprio là in cima che vogliono riportarlo i Reflections, lo studio di sviluppo con base a Newcastle che si era fatto notare con l'ottimo Destruction Derby prima di imporsi nel 1998 con l'idea di Driver e il suo approccio cinematografico.

A quei tempi i ragazzi di Reflections potevano vantarsi di avere anticipato Rockstar creando un mondo aperto in 3D all'interno del quale spostarsi in auto e a piedi, e di essere stati i primi a proporre quella sorta di turismo urbano digitale diventato poi così popolare negli anni seguenti. Come in tutte le storie più belle, però, qualcosa andò storto.

L'uscita di Driver 3, nel 2004, è ricordata per molte ragioni, tutte negative. Fatto uscire in tutta fretta da Atari, con pochi soldi di budget e tante pretese di successo, il gioco si rivelò pieno zeppo di bug, incompleto e orribile da giocare. Nonostante questo, furono in molti coloro che ne presero le difese, sostenendo che per quanti problemi potesse avere, Driver 3 era divertente e aveva fatto trascorrere molte ore di puro piacere di guida a parecchia gente.

Il gameplay della demo.

“Era certamente un gioco con molti problemi”, ammette oggi Martin Edmonson, l'uomo che ha creato Reflections nel 1984, ha fatto nascere la serie e sta ora provando a riportarla in auge. “Ero contento di molte cose e insoddisfatto di alcune. Mi piaceva molto la dinamica dei veicoli, l'illuminazione, la città e tutto il lato artistico. Le sezioni fuori dall'auto, semplicemente non le abbiamo finite”.

Quando finalmente Driver 3 arrivò nei negozi, la stella di Grand Theft Auto aveva cominciato a splendere. Il paragone tra i due titoli, specialmente per quanto riguardava le famigerate sezioni a piedi, fu impietoso. La serie sembrava ormai condannata. Driver: Parallel Lines uscì l'anno dopo. Era un lavoro frettoloso che non risolveva tutti i problemi precedenti, ma che almeno era privo di bug. “Anche in quel caso non tutto funzionò a dovere”, racconta ancora Edmonson.