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KickBeat - review

Musica per i vostri pugni.

Sarà possibile unire le basi dei giochi musicali con quelle dei picchiaduro? Probabilmente è questa la domanda che si sono fatti i ragazzi di Zen Studios durante la riunione che ha dato vita a KickBeat.

L'impresa non era certo semplice e anche se il risultato finale è gradevole e interessante, non tutto è andato nel migliore dei modi. Se siete fan dei giochi musicali, portatili e non, saprete già quanto la pulizia dell'interfaccia e la chiarezza delle informazioni mostrate su schermo durante le canzoni sia fondamentale per rendere piacevoli le partite.

Spesso basta un solo elemento fuori posto per trasformare un layout pulito e funzionale in qualcosa di caotico e difficile da leggere, problema di non poca importanza in un genere in cui l'occhio e il cervello del giocatore devono processare in un lampo gli elementi mostrati a video, per poi reagire in modo appropriato.

Zen United ha lavorato sodo per cercare di creare un sistema di gioco intrigante e diverso dal solito, ma sfortunatamente ha trascurato proprio il dettaglio a cui abbiamo appena fatto riferimento, finendo col rovinare (anche se solo parzialmente) un'esperienza altrimenti più che valida.

Le icone dei tasti sul terreno spariscono nei livelli di difficoltà più avanzati, costringendo ad aumentare esponenzialmente la concentrazione.

Il concetto è piuttosto semplice. Il personaggio selezionato si posiziona al centro di una piccola arena circolare per affrontare ondate di avversari colorati provenienti da ogni direzione per l'intera durata del brano musicale selezionato.

"Sarà possibile unire le basi dei giochi musicali con quelle dei picchiaduro?"

I nemici si radunano attorno all'arena e si fanno avanti seguendo il ritmo della canzone attaccando da una delle quattro direzioni associate alla croce direzionale o ai tasti frontali del joypad o della PS Vita.

A seconda della direzione da cui proviene l'attacco si deve premere al momento giusto il tasto appropriato per vedere il protagonista sferrare un potente colpo di kung fu verso avversario o, in caso di errore, essere colpito a sua volta, perdendo parte della salute.

Gli avversari che invadono le arene virtuali, a prescindere che si tratti di ninja, lottatori di wrestling o robot, sono caratterizzati da colorazioni differenti a seconda del tipo di ritmo con cui scendono in campo.

Gli scagnozzi gialli sono quelli legati al beat principale e attaccano seguendo il rigido schema ritmico delle canzoni. Gli avversari blu, dal canto loro, sono più rapidi e sfuggenti e intervengono spezzando a metà il beat, costringendo a raddoppiare gli input e a reagire con maggiore prontezza. I nemici rossi, infine, sono quelli che buttano alle ortiche il proprio onore preferendo attaccare in coppia forzando così il giocatore a inserire due input contemporaneamente.

Gli scontri con i boss si distinguono per la maggior qualità dei brani di accompagnamento e per le coreografie esagerate.

Oltre alla differenziazione dei bersagli il gioco inserisce nell'equazione anche alcuni elementi utili a variare il tipo di reazione richiesta al giocatore. Alcuni nemici, infatti, hanno l'icona di alcuni bonus che fluttua sopra la loro testa e richiedono la doppia pressione del tasto per continuare la combo e reclamare l'oggetto. In altri casi, invece, due bersagli sequenziali sono collegati da un'aura colorata che, come da tradizione, richiede la pressione prolungata del rispettivo comando, esattamente come accade con le note lunghe di Guitar Hero o Rock Band.

"Inizialmente l'impostazione del gioco appare piuttosto intrigante e costringe a mantenere sempre alta la concentrazione"

Inizialmente l'impostazione del gioco appare piuttosto intrigante e costringe a mantenere sempre alta la concentrazione per capire in che direzione attaccare, quante volte premere il tasto richiesto e, soprattutto, come variare il ritmo degli input, ma affrontando le canzoni più complesse o alzando il livello di difficoltà emergono i primi problemi.

Nelle situazioni più concitate, infatti, è molto difficile capire quale dei numerosi avversari che affollano lo schermo sarà il prossimo a colpire e il debole alone bianco che circonda l'imminente assalitore spesso non basta a far spiccare il bersaglio tra la folla.

Questo porta spesso all'interruzione di una combo più per una colpa imputabile al gioco che per un vero e proprio errore del giocatore. A questo si vanno ad aggiungere una selezione musicale discutibile (impreziosita solo da pochi brani davvero di valore) e un sistema di progressione ingiustamente punitivo, che costringe ad affrontare i livelli di difficoltà più bassi per sbloccare quelli più impegnativi.

Il Ki è l'equivalente dello Star Power di Guitar Hero. Si accumula eliminando i nemici e moltiplica per un breve periodo i punti ottenuti.

Il fatto che non sia previsto che un giocatore, magari portato per questo genere di sfide e temprato da mille partite a Rock Band o DJ Max, possa saltare dal livello normale a quello più alto dopo aver fatto un minimo di pratica può rivelarsi frustrante per gli utenti più talentuosi.

"Nonostante una serie di difetti e leggerezze, KickBeat nasconde alcuni elementi in grado di risollevare la situazione"

Nonostante questa serie di difetti e leggerezze, comunque, KickBeat nasconde alcuni elementi in grado di risollevare la situazione e di rendere piacevole il titolo sviluppato da Zen Studios. Ci riferiamo in particolare alla possibilità di importare qualsiasi brano musicale per renderlo giocabile, esattamente come accade nel celebre Audiosurf.

Tale opzione si sblocca piuttosto facilmente (basta completare la modalità Storia con il personaggio maschile a qualsiasi livello di difficoltà) e, di fatto, rende trascurabile la scarsa qualità della track list originale, adattando l'esperienza ai gusti musicali più disparati.

Una volta individuato il ritmo della canzone salvata usando l'apposita opzione KickBeat crea dei pattern generici con cui accompagnare l'azione, garantendo un buon livello di varietà e una sfida piuttosto gradevole. I pattern così generati non riescono mai a raggiungere i livelli di quelli studiati a tavolino dagli sviluppatori, ma la qualità dell'esperienza finale è comunque soddisfacente.

Combattiamo a tempo di musica con Kickbeat.

Il prezzo contenuto del gioco e il fatto che con un unico acquisto ci si assicura sia la versione PS3 che quella (con l'extra dei controlli touch) PS Vita, ci spingono a consigliare agli appassionati del genere l'acquisto di KickBeat nonostante i suoi difetti. Su PS Vita, in particolare, Lumines a parte i migliori giochi musicali sono rimasti confinati all'estero, quindi questa potrebbe essere un'alternativa economica all'onerosa importazione del DJ Max o del Project Diva di turno.

6 / 10

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KickBeat

PS3, PlayStation Vita, PC

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Filippo Facchetti

Contributor

Filippo Facchetti è un rispettabile nerd da sempre appassionato di "giochini elettronici". Prima di approdare a Eurogamer scrive per importanti riviste di settore e conduce programmi TV dedicati all'intrattenimento digitale.
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