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Papers, Please - review

Il problema dell'immigrazione in un gioco che andrebbe portato nelle scuole.

Avete vinto la lotteria del lavoro e vi siete "guadagnati" il posto di controllore del confine dell'immaginario stato autoritario di Arstotzka. Il vostro compito? Decidere chi deve entrare e chi no, controllare documenti, ascoltare storie e seguire le volubili richieste del Ministero.

Effettivamente, raccontata così, non sembra che quello che vi sto per descrivere sia uno dei giochi più affascinanti che mi sia capitato di provare negli ultimi mesi ma credetemi, se volete provare un'esperienza originale e, perché no, in grado di farvi pensare, Papers, Please è il titolo che fa per voi.

Peraltro, cosa potreste attendervi dietro la fatica di Lucas Pope, in sintesi, l'avete già letto nelle righe di introduzione; quello che invece non ci si aspetta è che celato dietro un lavoro di routine, fatto di verifiche, timbri e sanzioni, si trovi un impianto narrativo capace di creare una storia, una vita, costruita su un compito così importante e allo stesso tempo così inutile se soppesato alla luce delle nostre dinamiche politiche e delle nostre certezze morali.

Se però sulla carta il vostro ruolo risulta freddo e razionale, dopo giorni passati ad affrontare storie di vita quotidiana, con i drammi personali di chi cerca di passare la frontiera per sfuggire ad una realtà oppressiva o semplicemente per recarsi in visita ai parenti, capirete ben presto che le cose sono molto più difficili. Molto più profonde. E, in definitiva, molto più vere di quanto avreste potuto pensare.

È così facile decidere a cuor leggero del destino di una persona? O è meglio seguire gli ordini e non alzare la testa per la gloria di uno stato che si prende cura di noi, della nostra famiglia, dei nostri bisogni? Quanto siete disposti a rischiare per portare un po' di luce? Credete che un disegno di vostro figlio possa valere la prigione?

Due timbri: il destino di una persona.

Quanti sono gli interrogativi che rimangono aperti dopo la prima partita, dopo aver posato il mouse e spento il computer. Ero davvero io dietro quelle sbarre? Mi sarei comportato allo stesso modo se la mia vera famiglia fosse dipesa dalla mie azioni? A dare il ritmo a questa esperienza vi sono i controlli di tutti gli aspiranti immigranti, muniti dei loro passaporti, dei loro visti di ingresso, con indicati altezza, peso, provenienza e mille altre informazioni regolamentate dal vostro manuale di istruzioni.

"Ogni volta che troverete una, ecco partire la fase d'ispezione per capire quale sia la verità"

E ogni volta che troverete una (anche minima) discrepanza, ecco partire la fase d'ispezione per capire quale sia la verità dietro quei documenti incongruenti, per capire chi c'è veramente dietro quei fogli. Detenere i bugiardi o rispedirli a casa senza fargli rischiare la prigione? Gli interrogativi si succedono senza soluzione di continuità, con l'ansia di non potersi fermare a riflettere perché dietro c'è già un'altra persona che aspetta.

Come se non bastasse, ogni giornata è poi scandita anche da un timer, al suono del quale i giochi saranno conclusi e si dovrà attendere un nuovo giorno per ricominciare ad esaminare la fiumana di persone; e infine, dopo ogni turno lavorativo arriverà implacabile il resoconto delle entrate e delle uscite, fra vitto, alloggio ed eventuali medicine.

Il numero di documenti da controllare salirà vertiginosamente con il passare dei giorni.

Probabilmente è difficile descrivere con delle semplice parole l'ansia che proverete giocando ma ci vorrà ben poco tempo per venire travolti dal peso delle vostre decisioni; ogni scelta avrà infatti un suo effetto a cui non potrete porre rimedio, se non in una nuova partita o terminati i trentuno giorni che delineano l'intero percorso narrativo previsto dall'autore, nel caso in cui le cose proseguano senza grossi intoppi.

"Via via che i giorni passeranno, le variabili di cui tener conto diventeranno sempre più numerose"

Via via che i giorni passeranno, le variabili di cui tener conto diventeranno peraltro sempre più numerose, fra documenti e timbri che cambieranno al susseguirsi dei fatti di cronaca o dei battibecchi politici fra le nazioni coinvolte, e a poco servirà migliorare della vostra attrezzatura se non a recuperare qualche secondo prezioso in fase di analisi.

Se penso che tutto questo è opera di una singola persona, credo che l'applauso scatti incondizionato e che questo gioco meriti seriamente di essere proposto nelle scuole per far riflettere su cosa muova le nostre esistenze e come non sia scontato vestire i panni di qualcun altro. Cercando però di tornare sulla via della razionalità credo sia doveroso inserire all'interno della valutazione anche alcuni elementi più oggettivi, così da darvi un quadro il più possibile completo e convincervi a spendere i dieci euro richiesti per comprare il gioco.

Innanzitutto la lingua. Papers, Please è disponibile solo in Inglese ma è sufficiente una comprensione scolastica per poter godere appieno del 99% del gioco; di doppiaggio neanche a parlarne, ma d'altronde siamo dalle parti di Arstotzka e mi dicono che rendere l'accento sarebbe stato alquanto ostico.

La coda davanti alla vostra porta non terminerà mai….

Poi, qualora soffriate già di attacchi d'ansia o siate preoccupati per l'eccessiva difficoltà, creata più dall'elegante meccanismo del gioco che da una particolare richiesta di skill, avrete a disposizione anche una modalità "facile" dove i parametri di controllo risultano decisamente abbordabili.

"La longevità è garantita dai ben venti finali possibili"

La longevità è garantita dai ben venti finali possibili, dai più facili da raggiungere (come quando ad esempio vi ritroverete senza denaro), a quelli più complicati (dove una singola decisione vi impedirà di cogliere l'happy ending auspicato). Sempre che ve ne sia davvero uno.

Fortunatamente va sottolineato che l'autore ha deciso di venire incontro al giocatore e ha strutturato un sistema di salvataggio che permetterà di cominciare la partita da uno qualsiasi dei giorni già completati, così da rendere più rapida l'esplorazione tra le varie biforcazioni della trama.

A valle di tutto, qualora riusciate ad arrivare alla fine del gioco, potrete anche sbloccare una modalità infinita in cui controllare senza limiti di tempo tutti gli emigranti che vorrete, ma onestamente credo che senza la forza narrativa alle spalle, Papers perda molto del suo appeal.

Cover image for YouTube videoPapers, Please - Trailer

Graficamente infine, come potete vedere anche delle immagini, non siamo di certo di fronte a uno dei capolavori della storia dei videogiochi, ma è altrettanto vero che tutto quello che c'è, è perfettamente funzionale alle esigenze del gioco, tanto che non noterete la mancanza di lens flare, anti-aliasing e via dicendo.

Papers, Please riesce nella non facile impresa di rompere la barriera fra finzione e realtà, calandovi in maniera mirabile nei panni di un anonimo funzionario statale stretto, giorno dopo giorno, fra le esigenze famigliari e le richieste di uno stato che fa della privazione della libertà il suo credo.

E quando vi troverete a permettere l'accesso a un emigrato solo perché convinti dalla sua storia e tutto questo in barba alle sanzioni che sapete già attendervi al suo passaggio, allora potrete star certi che il cerchio sarà chiuso. Che voi sarete quel funzionario. E che quella, per qualche ora, sarà la vostra vita.

9 / 10

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Papers, Please

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Roberto Bertoni

Contributor

Proveniente dalla ridente Brianza, è cresciuto a pane e Amiga. Ama inoltre in maniera viscerale il retro, ma solo videoludico. Piatto preferito: pollo con la carrucola in mezzo.

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