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Post Mortem Myst - articolo

C'era una volta...

L'importanza seminale di Myst all'interno della storia delle avventure grafiche è riconosciuta da molti: la grafica, la maturità narrativa, l'immersione nel mondo di gioco e la capacità di portare il genere del punta e clicca letteralmente su un altro piano ludico fanno dell'opera di Cyan Worlds una delle pietre miliari del mondo dei videogiochi.

Ascoltare quindi il post mortem è stato per me ben più di una gentile concessione di un capo generoso nei confronti di un suo redattore ; è stato il tornare con la memoria a tempi ed emozioni mai dimenticate, con la voce di Robin Miller a fare da cicerone direttamente dalla GDC 2013.

Il progetto Myst è partito da molto lontano

L'importanza dell'opera dei fratelli Miller si può riassumere d'altronde in poche parole: un mondo in cui immergere il giocatore. E fin dai primi progetti e dalle prime bozze di un viaggio partito nel 1988 emerge la volontà di voler segnare il passo, di voler portare il videogioco in una dimensione totalizzante, pur nella consapevolezza che Myst sarebbe stato un percorso in divenire e non un progetto delineato fin dalla partenza.

L'importanza dell'opera dei fratelli Miller si può riassumere d'altronde in poche parole: un mondo in cui immergere il giocatore.

Pochi gli elementi a far da bussola: la volontà di proporre un'esperienza non lineare, il voler mettere il giocatore al centro di un flusso narrativo coerente e strutturato dove poter trovare dei personaggi credibili e in grado di suscitare delle reazioni e, infine, il raggiungimento di una delle eterne chimere del mondo dei videogames: l'etica.

Come la storia ci ricorda, non tutti questi obiettivi vennero raggiunti, ma il comprendere la stella polare verso cui l'imbarcazione di Cyan faceva rotta credo sia un passo fondamentale per cogliere la vera importanza di Myst e raccordare fra loro le peculiarità di un titolo senza età.

Il primo elemento che mise alla prova la visionarietà degli sviluppatori a detta di Robyn fu sicuramente la creazione del mondo di gioco: sia i limiti tecnici dell'epoca, sebbene Myst sia stato uno dei primi giochi a beneficare della presenza del cd rom, sia la necessità di creare un universo credibile, ma in grado di mantenere la sospensione dell'incredulità, erano sfide di non facile risoluzione.

Alcuni punti fermi del genere, oggi come allora.

Non sorprenderà quindi che fra gli ispiratori dei fratelli Miller ci siano quel Zork che per molti veterani è sempre stato sinonimo di avventura, unitamente a Jules Verne, autore che incarna tutt'oggi i panni di visionario creatore di mondi incredibili; realtà forse contrastanti, ma intrise di quel senso del fantastico che trasuda da ogni immagine dell'opera di Cyan.

Certo, l'ispirazione non era certo sufficiente: per rispondere all'esigenza di poter fornire una realtà credibile era necessario fornire infatti anche un contesto che sapesse conquistare il giocatore; da qui ad esempio le interminabili sessioni per cercare di inserire quante più schermate ad una definizione più alta possibile, in una spirale tecnica che cercava di sfruttare al massimo l'allora lento disco ottico.

Chiaro quindi come le aggiunte fornite dai filmati quicktime sparsi qua e là nel mondo di gioco, essenziali per rendere vive delle immagini altrimenti statiche, siano la classica ciliegina su una torta dove lo scopo ultimo era quello di trascinare il giocatore all'interno dell'avventura, calato in un universo finalmente credibile sotto tutti i punti di vista e in un genere fino ad allora relegato ad una metafora fatta di "poveri" pixel.

Un balzo nel futuro che se oggi fa sorridere, allora rappresentò una piccola rivoluzione.

Un balzo nel futuro che se oggi fa sorridere, allora rappresentò una piccola rivoluzione.

Anche la valutazione di come debba essere un puzzle offre peraltro altri rimandi ai totem della avventure grafiche; in maniera simile a quanto esposto da Ron Gilbert nel suo masterpiece "Why Adventure Game Sucks" ( http://grumpygamer.com/2152210 ) anche Miller pone infatti l'attenzione sul fatto che gli enigmi presenti in un punta e clicca debbano essere il più possibile integrati con il contesto.

Il giocatore non deve avere la sensazione che un particolare rompicapo si trovi sulla sua strada perché "deve" esserci, ma unicamente che sia lì perché funzionale al mondo di gioco e alla realtà che lo compone; solamente in questo caso l'universo in cui lo "Straniero" si trova a vivere la sua esperienza può risultare credibile, dando al contempo la possibilità alla materia grigia di mettersi in moto in maniera naturale.

L'enigma, chiave di volta per una buona avventura.

Sebbene infatti la difficoltà di Myst sia in generale tarata verso il basso per "conquistare anche un'utenza più matura", ma non abituata ad affrontare media così innovativi, il riuscire a fornire un adeguato grado di sfida unitamente ad una storia che sappia raccontarsi e giungere ad un finale "soddisfacente", sono tutti elementi fondamentali che hanno decretato il successo di questo gioco negli anni.

Ultimo elemento, e non certo in ordine di importanza, è rappresentato infine dalla colonna sonora, pietra angolare per trascinare il giocatore all'interno dell'universo di Myst e in grado di avvolgerlo con una delle esperienze audio più complete che la storia dei videogiochi ricorda in quegli anni.

Le melodie create appositamente per il mondo di gioco sono anch'esse frutto della passione e della capacità di voler ricostruire un mondo pulsante, sia nelle voci che nei suoni di atmosfera e la loro importanza ha richiesto uno sforzo creativo non indifferente.

Il sapore finale dopo un "racconto" di questo genere è quindi quello di chi sa di aver fatto parte di un piccolo pezzo di storia del mondo dei videogiochi.

A conti fatti il risultato forse più importante raggiunto da Myst all'epoca della sua uscita è stato quello di essere riuscito a rompere una barriera fra il mondo dei videogiocatori e quello dei non videogiocatori, se vogliamo in maniera antesignana a quanto avrebbe fatto Wii ben vent'anni dopo.

E nel farlo la strada scelta è stata quella che ad oggi ritengo la più adeguata per lo sviluppo del videogioco in quanto tale, ovvero il puntare in maniera decisa sulla possibilità di creare un mondo di gioco immersivo e interattivo, piuttosto che su una deriva casual che potrà anche portare buoni risultati economici, ma che al contempo credo svilisca l'essenza stessa della nostra esperienza videoludica.

Oggi come allora, i limiti tecnici limitano l'esperienza di gioco... o la pazienza degli sviluppatori.

Il sapore finale dopo un "racconto" di questo genere è quindi quello di chi sa di aver fatto parte di un piccolo pezzo di storia del mondo dei videogiochi; certo, forse non da protagonista e solo da semplice fruitore, ma il poter dire "io c'ero" in un'epoca in cui le rivoluzioni definivano il videogioco per come lo intendiamo oggi, credo sia una delle cose che le giovani leve ci invidieranno ancora a lungo...