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Rain - review

Un'ottima opera narrativa ma non un ottimo videogioco.

Il sottile confine fra videogioco e opera narrativa è un concetto difficile da definire, complicato da vivere e, soprattutto, maledettamente arduo da recensire. Quando un videogioco smette di essere tale? Quanto il narrato può essere dominante in un'esperienza interattiva?

Domande che, potete ben capire, non sono frutto di una semplice riflessione fatta poco prima di addormentarsi, ma sono la diretta conseguenza delle quattro ore passate in compagnia di Rain, esclusiva digitale targata Sony e titolo dalle molte promesse e dai numerosi dubbi.

Anche dopo aver terminato il gioco, confesso che mi è ancora difficile dare un giudizio univoco e devo riconoscere che, nell'anteprima di cui ho parlato qualche giorno fa, i semi di un'esperienza fragile dal punto di vista ludico erano già visibili.

Due anime sotto la pioggia. Così fragili, così unite.

Ed è un vero peccato che il risultato sia questo: le promesse insite nel meccanismo che alterna pioggia e ripari, le possibilità di poter giocare con i suoni e con le immagini, il senso di fragilità costante e la molteplicità di situazioni e contesti potenzialmente accattivanti, avrebbero potuto dar vita a un titolo di ben altro spessore rispetto alla versione finale del gioco.

"Gli enigmi non sono nulla più che semplici ostacoli in un percorso schiacciato dalla sua linearità"

E invece i livelli scivolano via uno dopo l'altro, non si ha mai la sensazione di "non farcela" e anche quelli che vorrebbero essere chiamati enigmi non sono nulla più che semplici ostacoli in un percorso schiacciato dalla sua linearità.

Giusto per fare un esempio, il punto che mi ha richiesto di ritornare più volte sui miei passi era legato solamente alla decisione degli sviluppatori di separare in maniera netta l'input della corsa con quello del salto, richiedendo così una coordinazione superiore rispetto alle restanti azioni di gioco. Solo un ostacolo "fisico", laddove il gameplay cede il passo in maniera continua alle sequenze narrative previste, senza soluzione di continuità, dagli sviluppatori.

Nessun pericolo sarà veramente mai tale.

Perché quindi parlare di Rain in termini positivi, se tutto sembra richiamare un mondo così lontano dal videogioco nella sua essenza primaria? Forse proprio perché gli otto capitoli della storia sono capaci di raccontare una vita che in qualche modo vi "entra dentro", così come la pioggia quando batte sulle finestre nelle giornate più tristi è capace di creare un'atmosfera magica ma allo stesso tempo inspiegabile.

"Gli otto capitoli della storia raccontano una vita che è come la pioggia quando batte sulle finestre "

Che legame c'è con la bambina, cosa rappresenta questa gentile presenza in un mondo oscuro, cosa troveremo al circo, cosa sono i graffiti e le immagini che attraversano in un lampo la vostra strada per poi tornare nell'oblio? Domande tangibili e incessanti, come forse proprio solo il videogioco, quando spinto ai suoi confini, è in grado di regalarci e che rendono il titolo targato Sony meritevole di essere provato.

Tutto qui: in Rain non troverete altro, se non poche ore di un ritaglio di vita che, dopo i titoli di coda, non saprete se è stato solamente un sogno o qualcosa di reale; nessuna difficoltà, nessun ostacolo, solo uno splendido racconto a cui assistere e con cui (un poco) interagire.

Anche una singola luce può essere fonte di speranza.

È sufficiente? Dipende tutto da quello che cercherete acquistandolo.

Esaltata però (a ragione) la capacità di saper raccontare un sospiro d'esistenza, confesso di essere rimasto alquanto perplesso da quanto proposto dopo la fine dell'avventura: perché inserire una modalità "cerca l'oggetto" costringendo così i giocatori a un altro giro di giostra senza nulla aggiungere alla sfida ludica?

L'unica risposta che mi sono dato è che forse gli sviluppatori si sono accorti di aver puntato un po' al ribasso dal punto di vista della sostanza, e questo senza nemmeno citare nuovamente la risibile difficoltà complessiva; detto ciò, avrei comunque preferito che il cerchio si chiudesse dopo il raggiungimento del finale: sarebbe stata una scelta più coerente con le intenzioni espresse lungo il gioco.

"La qualità grafica, la pioggia, gli ambienti cupi di una città viva e spaventosa allo stesso tempo, sono realizzati in maniera meravigliosa"

Toccando il fronte tecnico, qui silente protagonista, non posso non citare la qualità grafica, la pioggia, gli ambienti cupi di una città viva e spaventosa allo stesso tempo, tutti realizzati in maniera meravigliosa e capaci di rendere giustizia a una generazione di console che ci ha regalato spazi di vera poesia.

Il trailer di Rain.

Anche l'audio ovviamente gioca la sua parte, con effetti sonori che sottolineano alla perfezione l'atmosfera nei suoi diversi passaggi e che rendono l'intera esperienza una di quelle da ricordare anche dal punto di vista musicale.

Definire un voto finale è, archiviate le riflessioni sopra esposte, un compito arduo: da una parte abbiamo il lato emozionale del recensore che vorrebbe ricordare ancora una volta quel senso di smarrimento e di debolezza che trasmette ogni minuto di Rain. Dall'altra devo confessare di essermi sentito parzialmente ingannato da un gioco che fatico a definire tale, ridotto a poco più (e in alcuni casi anche poco meno) di uno scaccia pensieri, in un susseguirsi di scene e situazioni dove l'intervento umano è ridotto al lumicino e dove le premesse ludiche richiedevano (sì, richiedevano) ben altri sviluppi.

Che voto dare quindi? Bilanciare le due forze credo sia un necessario processo di mediazione e se di slancio avrei premiato le scelte operate da Sony, credo che alla fine sia corretto scendere a più miti consigli, così che i meno avvezzi alla semplice narrazione sappiano in partenza che tipo di gioco li attende. Per i più arditi lo scorrere della pioggia potrebbe tuttavia rappresentare un ricordo destinato a rimanere a lungo nella memoria.

A voi la scelta, se aprire l'ombrello della razionalità o farvi scivolare la pioggia attraverso l'anima.

7 / 10