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Sesso e videogiochi: l'industria è pronta?

È giusto che i videogiochi siano considerati un passatempo da bambini?

Sesso e videogiochi, due argomenti apparentemente distanti, ma in realtà molto più vicini di quanto sembri. Durante la GDC 2013, David Gaider, writer di Bioware, è intervenuto per parlare di come la sua società sia partita dall'inserire un po' a caso delle storie d'amore nei suoi prodotti e da questo episodio si sia trovata a riflettere seriamente sulla sua utenze, su come è composta, su quello che vuole dai loro videogiochi.

La storia dello sviluppatore canadese dovrebbe essere nota a tutti, essendo Bioware uno dei produttori più celebri ed accreditati di giochi di ruolo. La sua specializzazione è ovviamente nello scrivere storie interessanti in grado di intrattenere milioni di giocatori, non importa se ad ambientazione fantasy, fantascientifica o in una galassia lontana lontana. Tra i suoi capolavori si annoverano Baldur's Gate, Dragon Age, Mass Effect e Knights of The Old Republic. Suo malgrado, Bioware non è solo famosa per il suoi giochi. Sin da Baldur's Gate 2, infatti, lo sviluppatore di Edmonton sta esplorando il lato sentimentale della vita, inizialmente in maniera piuttosto goffa, poi progressivamente in modo sempre più maturo, aperto e responsabile.

Sesso e videogiochi, due argomenti apparentemente distanti, ma in realtà molto più vicini di quanto sembri.

Sfortunatamente è così che vengono rappresentate in linea di massima le donne nel mondo dei videogiochi.

Questo è avvenuto non grazie ad un'ispirazione divina, ma ascoltando i feedback ricevuti dopo ogni nuovo tentativo. Inizialmente furono le donne le prime a farsi sentire, sia perché in Baldur's Gate II c'era un solo uomo da approcciare, contro le tre fanciulle, sia per il taglio piuttosto rozzo e diretto delle avance, scritte con piglio tipicamente maschile. Da lì in avanti è stata un'escalation, spesso auto-limitata dalla paura di incorrere nelle ire dei benpensanti. Questo ovviamente fino a Dragon Age, quando un nuovo tabù è stato infranto. Cosa c'è di più riprovevole del sesso tra una donna e un'aliena/o che aveva suscitato scalpore in Mass Effect? Ovviamente il sesso tra due uomini! Per quanto naturale, accettata e sdoganata la scelta di inserire una potenziale romance omosessuale nel gioco ha scatenato le ire dei moralissimi media, che vedevano in queste scene un potenziale pericolo per le fragili menti dei loro ragazzini.

Questo perchè da quando sono nati, l'unico target accettato dai produttori di videogiochi e da chi li guarda dall'esterno è composto da ragazzi bianchi eterosessuali. È brutto da dire, lo stesso Gaider afferma che un tempo si parlava semplicemente di fan, non di categorie, ma tutto è studiato per piacere a questa categoria di giocatori. Un esempio? Salvo alcuni sparuti casi, non ci sono protagonisti femminili e quando ci sono vengono additati come causa del possibile insuccesso di un gioco. E portano per esempio Mirror's Edge, Beyond Good&Evil e Assassin's Creed Liberation. Pensate siano sciocchezze? E allora come spiegate le recenti pressioni di Sony per togliere Ellie dalla copertina di The Last of Us o di far tenere in mano un'arma a Jodie, la protagonista di Beyond Two Souls?

L'industria considera le protagoniste femminili il motivo dell'insuccesso di un gioco.

O del fatto che i protagonisti siano quasi sempre maschi caucasici ed eterosessuali? Perché da trent'anni a questa parte il riferimento per il mercato e gli investitori è stato chiaro e oggigiorno ci sono in ballo troppi soldi per rischiare qualcosa e sperimentare nuove vie e nuovi mercati. E qui, come si suol dire, casca l'asino.

Il 68% dei videogiocatori può essere considerato adulto.

Questo perché, come sottolineato anche da un'altra conferenza intitolata How Diversity in Game Narrative Equals More Player and More Money tenuta da Tom Abernathy, maggiori sono i costi di produzione di un gioco e maggiore deve essere il pubblico al quale tale prodotto si rivolge. Il rivolgersi ad un'unica categoria di persone sarebbe corretto se questa rappresentasse la stragrande maggioranza della propria utenza. Ma in realtà non è così.

Il problema sorge quando si va ad analizzare in maniera scientifica la composizione del più grande mercato al mondo, gli Stati Uniti d'America, e si scopre non solo che il 43% dei videogiocatori è composto da donne, ma che ben il 68% del totale ha più di 18 anni e può quindi essere considerato una persona adulta. La media addirittura si aggira intorno ai 30 anni. La domanda è quindi semplice: perché dobbiamo continuare a sorbirci prodotti pensati per ragazzini nei quali sono preclusi soggetti che fanno parte della vita di tutti i giorni quali il sesso? Oltretutto senza motivazioni sensate, a meno di voler considerare vecchie regole di un mercato che è profondamente cambiato, o assecondare le paure di qualche associazione di genitori.

Un altro dato interessante è che le persone di origine ispanica, sempre negli USA, hanno una propensione maggiore a diventare videogiocatori (il 63%) rispetto ai bianchi caucasici e agli afroamericani (fermi al 51%). Non è quindi masochistico per l'industria prendere a sonori calci nei denti questi enormi bacini di utenza? Potenziali acquirenti che si sono già dimostrati interessati al prodotto, nonostante non si sia mai fatto nulla per attirarli. Figuriamoci come potrebbero reagire rivolgendosi direttamente a loro.

Per Gaider questo non vuol dire che bisogna inserire scene di sesso più realistiche all'interno dei giochi o riempirli di racchie.

Per Gaider questo non vuol dire però che bisogna inserire scene di sesso più realistiche all'interno dei giochi, riempirli di racchie o di latino-americani, ma solo di prevedere anche scenari alternativi a quelli del maschio eterosessuale. In modo da scoprire poi che ben il 24% delle persone che hanno giocato ai prodotti Bioware ha avuto una relazione omosessuale all'interno del gioco. Un dato enormemente superiore a quello che è comunemente accettato (circa il 5%) e dunque particolarmente interessante da studiare. Gaider scherzando si chiede quale sia il motivo, se i giochi Bioware siano particolarmente adatti ad un'utenza omosessuale, se le persone si divertono a giocare di ruolo in maniera seria o altro.

Maggior diversità vuol dire anche maggior ricchezza, non solo culturale.

Un'altra cosa che lo scrittore di Dragon Age III tiene a sottolineare è che la sua presentazione non è volta a demonizzare gli attuali videogames e a pretendere che un gioco sia adatto a tutte le categorie, anche perché è impossibile, ma semplicemente che ci siano più Alyx, Cortez e Lee Everett nella nostra industria. Non solo per vederla crescere e finalmente affermare culturalmente, ma soprattutto, anche qui è d'accordo con Tom Abernathy, per raggiungere e sfruttare un enorme bacino d'utenza ancora intonso, fondamentale per poter programmare con sufficiente tranquillità il prossimo gioco Tripla A.