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VirtuaVerse - recensione

From Italy with cyberpunk.

"Low Resolution. High Imagination" è un mantra niente male, e vederlo accompagnare una software house italiana come Theta Division non può che farci piacere. Trattare sulle pagine della critica specializzata dei videogiochi con un buon potenziale creati in un Paese che, come il nostro, non si può di certo definire all'avanguardia a livello di industria videoludica, sta diventando sempre più la norma e anche l'interessante VirtuaVerse sembrava avere le carte in regola per convincere su tutta la linea.

Cercare una sintesi tra la voglia di sostenere le produzioni nostrane e la necessità di avvicinarsi, per quanto possibile, a una parvenza di oggettività, rimane un importante aspetto da non sottovalutare in queste situazioni. Va bene stare dalla parte delle opere del Bel Paese ma non per questo si può arrivare a idolatrare un prodotto scadente, no? Ma fortunatamente il problema non si pone nemmeno perché l'avventura del nostro Nathan un prodotto scadente di certo non è.

Una metropoli tentacolare costantemente battuta dalla pioggia, squarciata da un dedalo di strade e vicoli in cui l'oscurità è dilaniata solo dalla fredda luce dei neon e dai suoni di qualche locale malfamato. Un universo dominato dalle IA, dalla voglia di scappare dalla realtà e da una società che ha ormai in larga parte accettato di vivere quasi costantemente una vita ricoperta da un sottile ma persistente strato di ologrammi emblema di finzione, di illusione. Non essere "chippati" in questo mondo è tanto sinonimo di saggezza quanto di emarginazione.

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Mettiamo subito le cose in chiaro prima di parlare in dettaglio del titolo: ci sarebbe piaciuto ritrovarci di fronte a un protagonista meno misterioso e anonimo, e più carismatico. Avremmo anche apprezzato una presentazione più approfondita dell'universo che abbiamo esplorato come ospiti per circa una dozzina di ore. Detto questo, l'avventura di Nathan (Never? NdSS) è un concentrato di elementi stilistici e narrativi cyberpunk indubbiamente ben congegnato, che da delle premesse molto personali sviluppa una trama di più ampio respiro sicuramente gradevole anche in mezzo a una dose innegabile di cliché.

Nathan porta avanti un'esistenza tutto sommato dignitosa vendendo hardware e software di varia natura. Affari questi che gli permettono di condividere un appartamento discreto con la sua ragazza Jay, personaggio chiave che mette in moto gli eventi centrali della narrazione di VirtuaVerse.

Proprio quando Jay scompare improvvisamente, lasciando un messaggio criptico su uno specchio e bloccando il completamente all'oscuro Nathan nel suo appartamento, diamo inizio alle danze e a un viaggio tra ambienti classicamente sci-fi e panorami per certi versi assolutamente inaspettati. Il primissimo obiettivo è quello di riparare il nostro visore AVR (che poi diventerà un elemento centrale del gameplay) ma ben presto la nostra ricerca ci metterà di fronte a vicende molto più grandi di noi e della nostra fidanzata.

Praticamente un quadro.

Che si tratti di riparare il visore rotto accidentalmente o di cercare di rovinare a tutti i costi il tatuaggio di un incolpevole graffitaro, il gameplay si basa sempre su meccaniche da avventura punta e clicca vecchia scuola in cui l'esplorazione, i dialoghi con i personaggi e la gestione di oggetti e inventario, la fanno da padrone.

La formula è quindi decisamente classica ma cerca di non fossilizzarsi su una progressione esclusivamente lineare chiedendoci di tornare in zone già visitate per completare certi enigmi attraverso oggetti o interazioni precedentemente inaccessibili. In questo modo si aggiunge un ulteriore strato di complessità a un titolo già di per sé tutt'altro che semplicissimo, anche a causa di alcune scelte di design che forse potevano essere implementate in maniera diversa.

L'inventario, per esempio, diventa ben presto piuttosto soverchiante e dispersivo con una incredibile capacità di riempire le tasche infinite di Nathan di apparenti cianfrusaglie o strumenti assolutamente inutili per ore e ore di gioco. Altro elemento che a nostro avviso poteva essere rivisto con scelte differenti è la facilità di perdersi alcuni oggetti o punti di interazione a schermo. Un'opzione per evidenziare gli oggetti con cui è possibile interagire, molto probabilmente avrebbe fatto molto comodo ed evitato alcune situazioni di "caccia al pixel".

Fantastici i tempi dell'indimenticabile Tokia.

Pressoché inattaccabile, invece, è tutto l'aspetto stilistico/artistico. Ovviamente se la pixel art vi provoca un misto di repulsione e insofferenza, non c'è assolutamente nulla da fare. Per il resto il lavoro sull'aspetto visivo svolto da Theta Division è da incorniciare e riesce a trasmettere al meglio l'immaginario sci-fi anche con sequenze che possono essere considerate delle ottime cutscene. Ancora migliore è la nostra valutazione della colonna sonora, estremamente riuscita e convincente in ogni situazione e per tutta la durata dell'avventura capace di rivelarsi mai banale, ripetitiva o eccessivamente invadente.

Ma visti i molti pregi, perché secondo noi VirtuaVerse non riesce ad avvicinarsi all'eccellenza? Purtroppo alcuni enigmi si rivelano piuttosto cervellotici e privi di vera e propria logica. Ci si ritrova a compiere alcune azioni semplicemente perché si ha la possibilità di farlo e senza un vero e proprio piano. In alcuni casi gli sviluppi di certi enigmi si raggiungono quasi per caso e senza quell'eureka o quel mix di esplorazione e deduzione che permetterebbero alla componente puzzle di spiccare con ancora maggiore qualità.

È per certi versi il problema stesso del genere di appartenenza di VirtuaVerse: presentare enigmi vari e interessanti senza scadere troppo nell'assurdo e senza sfiorare l'illogicità, è probabilmente la più grande sfida che ogni avventura punta e clicca deve cercare non tanto di vincere su tutta la linea, ma di combattere al meglio delle proprie possibilità.

Un'avventura punta e clicca dall'anima old school = un inventario mastodontico.

In ogni caso se siete fan sfegatati sia della fantascienza che delle avventure punta e clicca dall'anima retro, vi troverete di fronte a un must have assoluto che per voi, molto probabilmente, meriterebbe anche un punto in più, soprattutto in un periodo in cui il gioco viene venduto a prezzo scontato su Steam.

Il confine tra tributo pieno zeppo di splendide citazioni e concentrato di cliché, tuttavia, è molto labile e proprio per questo motivo il nostro è un entusiasmo leggermente più moderato. Non vogliamo parlare a sproposito di originalità, d'altronde quanti giochi possono dirsi davvero originali di questi tempi, ma forse l'inevitabile sensazione di déjà vu di alcune sezioni si sarebbe potuta alleviare con maggiore efficacia.

Noi, in ogni caso, siamo estremamente felici di avere tra le mani un progetto italiano così ben congegnato e curato, un altro piccolo gioiellino che fa ben sperare per una scena nostrana che si sta progressivamente popolando di realtà medio/piccole da tenere d'occhio con molta attenzione.

Tra visori pericolosamente artigianali, ologrammi a ogni angolo di strada, IA così avanzate da fare paura, circuiti cibernetici e hacker pronti a tutto, VirtuaVerse è un'avventura che merita la vostra attenzione.

7 / 10
Avatar di Alessandro Baravalle
Alessandro Baravalle: Si avvicina al mondo dei videogiochi grazie ad un porcospino blu incredibilmente veloce e a un certo "Signor Bison". Crede che il Sega Saturn sia la miglior console mai creata e che un giorno il mondo gli darà ragione.

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