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Visage - prova

Dalle ceneri di PT sorge la fenice del terrore.

PT, a dispetto dei suoi contenuti effimeri e dell'essere a tutti gli effetti una tech demo, ha saputo toccare il cuore di molti appassionati dell'horror. La creatura, generata dal genio di Kojima e finita nostro malgrado nel limbo delle opere mai nate, ci aveva terrorizzato con un concept originale e disturbante. Lasciati da parte i banali jump scare, la sua formula puntava a instillare nel giocatore un senso di ansia e oppressione grazie ad ambientazioni domestiche intrise di un male invisibile ma palpabile.

L'eredità dell'ultimo, abortito, Silent Hill è stata raccolta dai ragazzi di SadSquare Studio, i quali, dopo una fortunata campagna kickstarter, hanno fatto tesoro degli insegnamenti del maestro Hideo e dato alla luce Visage. Il titolo, al momento ancora in stato di early access, riprende da vicino l'ambientazione e le atmosfere della demo, calando il giocatore in un incubo tanto realistico quanto opprimente.

La terribile esperienza a cui si va incontro giocando a Visage ha inizio in una stanza di quella che, almeno in apparenza, sembra una normalissima casa americana. Bastano pochi passi per rendersi conto che il silenzio ha un che di innaturale, come se i suoni avessero paura di palesarsi. Quando il telefono squilla, la cornetta che ci portiamo all'orecchio sussurra con la voce roca della nostra vicina di casa. È un messaggio registrato, ci chiede se va tutto bene, dato che non ci vede uscire di casa da tre settimane.

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Non abbiamo nessun dato per rispondere, nemmeno noi sappiamo perché siamo rimasti sigillati nella nostra inquietante dimora per quel lungo periodo, l'unico modo per scoprire di più è esplorare. Sin da subito abbiamo a che fare alcune meccaniche di gameplay legate alla luce. Proprio come in Amnesia infatti, rimanere troppo tempo al buio influisce negativamente sulla stabilità mentale del nostro alter ego.

Allo stesso modo, i fenomeni paranormali che si verificano intorno a noi sono come bordate di follia pronte a spezzare la nostra psiche. Mentre ci spostiamo senza una meta precisa da una stanza all'altra cominciano ad accadere cose strane. Una lampadina si fulmina improvvisamente, la radio si accende da sola, una porta cigola sui cardini alle nostre spalle senza che nessuno l'abbia sfiorata.

È una sensazione davvero angosciante, il terrore aleggia impalpabile ma consistente, pronto a divorare come una belva affamata l'ultimo brandello di sanità mentale che ci rimane. Per fortuna possiamo contare su diversi oggetti per non rischiare di finire risucchiati nel gorgo della follia. Accendini e candele sono utilissimi per dissipare l'oscurità e rischiarare, almeno un poco, il cammino. Alcune lampadine inoltre possono essere usate per sostituire quelle fatte saltare dalle misteriose presenze che infestano la casa.

Gli ambienti fotorealistici della casa sono in grado di incutere un timore opprimente senza il bisogno di trovate pacchiane o splatter.

Imprescindibili inoltre le pastiglie contro lo stress che, ingurgitate nei momenti più critici, ci salvano dal demone della paranoia e riportano sotto controllo la pazzia incipiente. Abbiamo trovato geniale anche l'introduzione di mezzi di illuminazione non convenzionali, come la macchina fotografica, che rischiara l'ambiente a colpi di flash e garantisce una visibilità singhiozzante e, paradossalmente, più disturbante del buio stesso.

Tutti gli elementi citati occupano un inventario dinamico, pensato per gli oggetti di uso frequente e che, data la sua scarsa capienza, faremo bene a gestire con saggezza. Esiste anche secondo inventario, predisposto ad ospitare gli strumenti più importanti, come le chiavi necessarie ad aprire le porte.

Da quanto abbiamo detto fin qui tutto sembra funzionare egregiamente, l'atmosfera è azzeccatissima e il senso di angoscia è reso in modo straordinario. Dove però il titolo non ci ha convinto è sul versante gameplay. La parte ludica è interamente basata sull'esplorazione, resa lunga e tediosa dagli spostamenti lenti del protagonista e dalla necessità di bagnarsi con costanza in delle fonti di luce.

Nell'oscurità non c'è mai nulla di buono.

Visage non fornisce indizi, non da indicazioni e non tende la mano al giocatore nemmeno per un momento. Per la maggior parte del tempo si vaga a caso, sperando di trovare un oggetto davvero utile (alcune chiavi aprono porte opzionali che non contengono nulla) o di triggerare l'evento che permette di proseguire con l'avventura. Spesso non bisogna effettivamente "fare" niente, è sufficiente spostarsi in una stanza e poi tornare indietro in un determinato posto per sbloccare la situazione.

A circa metà del capitolo provato (la versione finale ne conterrà quattro) un evento che non vi riveliamo rivoluziona in buona parte l'interno della villa. Tutti gli interruttori elettrici vengono disattivati e ci si ritrova immersi in un buio perenne. La mancanza di obiettivi chiari da perseguire e il game over che sopraggiunge a raffica a causa della tenebra onnipresente ci ha frustrato ad oltranza, di fatto spazzando via l'ottima atmosfera che aleggiava fino a poco prima.

Il nostro dubbio è quindi che, ad affiancare un ottimo impianto visivo e delle scelte intelligenti per quanto concerne la creazione di un' opprimente atmosfera da horror psicologico, vi sia un gameplay pretenzioso, in grado di abbattere il buon lavoro fatto a monte. Ci riserviamo di emettere un giudizio definitivo in sede di recensione ma già da questa prova lo stridio dei due comparti si fa sentire in modo sgradevole.

Il titolo offre anche sezioni fuori dalle mura domestiche, ma non immaginatevi un'allegra scampagnata all'aperto.

Se siete stati catturati da PT e in cuor vostro ancora sognate l'uscita di quel Silent Hill che mai vedrà la luce, vi suggeriamo comunque di dargli un'occhiata. Armatevi di pazienza e tenete un sacchetto a portata di mano, in modo da gestire l'iperventilazione. A chi invece non piace sentirsi smarrito e preferisce un gameplay più diretto e rifinito consigliamo di passare la mano.