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Warren Spector: videogame e società - editoriale

Quali sono gli effetti collaterali dei videogame?

Dunque, il nuovo Grand Theft Auto è nei negozi e ogni volta che questo succede io mi sento invadere da una serie di emozioni contrastanti, che derivano dall'inevitabile combinazione di grande tecnologia, ottimo design e contenuti discutibili di questa serie.

Se la storia insegna, le mie perplessità saranno soverchiate dall'adorazione dei giocatori, che decreteranno GTA essere l'apoteosi del gaming ("10 su 10!"), e dall'ira dei non-giocatori, che sfrutteranno la situazione per tirarci contro la solita sassaiola ("I videogiochi sono la causa di tutte le violenze sulla Terra!").

E con buona probabilità, qualsiasi cosa io dica su GTA finirà per essere avvitata e trasformata fino a risultare in un qualcosa di illogico solo vagamente collegato a quello che io realmente penso, quindi credo che per questa volta cercherò di volare un po' più alto e parlare in senso più ampio degli effetti dei videogiochi e di come vedo la situazione in questi tempi. Cercate di prendere le mie considerazioni come un'analisi ad ampio spettro sui videogiochi e il loro impatto sulla società e non sull'impatto di un solo titolo (avete capito: GTA V). Ok, cominciamo...

Ostentazioni e Domande Chiave

Da game designer, director o producer, conosco le mie intenzioni riguardo ad un gioco prima ancora che una linea di codice venga scritta o un pixel disegnato. E generalmente il mio obiettivo è quello di portare le persone a pensare ad un determinato argomento. Non ho mai lavorato ad un gioco pensando di voler influenzare il comportamento della gente, o farla agire in un modo particolare.

In Deus Ex la domanda chiave era se il male e il bene esistessero nel mondo reale.

In Deus Ex, la domanda chiave era: "Il male e il bene, il giusto e lo sbagliato, esistono nel mondo reale? E se la risposta è no, in base a cosa prendiamo le nostre decisioni su come interagire con le persone, le istituzioni e gli eventi che chiamano in causa la nostra interpretazione del bene e del male?"

Nei vecchi capitoli di Ultima, la domanda era: "Come si vive in un mondo costruito sulle fondamenta di valori ragionevoli ma arbitrari (le "virtù"), e come si possono seguire tali virtù anche quando farlo rende il proprio compito (salvare il mondo) più difficile?".

"Da qualche tempo a questa parte, nel mirino ci sono i videogiochi. Qualsiasi male prima imputato agli altri media più vecchi, adesso viene addebitato a noi"

Pur essendo molto diversi da Deus Ex e da Ultima, anche i capitoli di Epic Mickey ponevano delle questioni abbastanza "profonde". Per esempio: "Quanto sono importanti per voi la famiglia e gli amici, e come reagite quando i vostri sentimenti riguardo famiglia e amici rendono la risoluzione dei problemi (di nuovo, salvare il mondo) più difficile?"

Notate che non sto dicendo che in alcuno di questi casi abbiamo fatto un lavoro eccellente nel porre queste questioni, o nel portare i giocatori a rispondervi, ma comunque i giochi erano pensati per porre degli interrogativi fondamentali sulla morale e l'etica. Non erano, in sostanza, semplicemente delle banali forme di svago, o sfide per maniaci della vittoria, o strumenti di creazione artificiale di adrenalina.

Influenza dei media? Bah!

Questo è il massimo che mi sono mai concesso riguardo alla possibilità di usare il medium videogiochi per "influenzare" il pensiero. Non ho mai voluto (e credo di non averlo mai fatto) realizzare videogiochi che provocassero degli specifici comportamenti nel mondo reale. Credo che ci sia un mare di differenza tra il far riflettere le persone e lo spingerle ad agire. Ho sempre respinto il concetto di media che "influenzano" le persone, a prescindere dal medium che veniva di volta in volta crocifisso in quanto origine di tutti i mali della società.

Se le esperienze personali di ognuno non dovessero bastare a smentire questa idea, è la storia stessa a dimostrare che i media non sono la causa diretta di alcun comportamento specifico. Inizialmente i romanzi erano accusati di danneggiare le persone, incoraggiandole a leggere delle vite altrui piuttosto che a vivere le proprie.

Anche i film sono stati indicati come la causa di qualsiasi nefandezza sociale.

Anche i film, dalla nascita del cinema fino a tempi molto recenti, sono stati indicati come la causa di qualsiasi nefandezza sociale: una situazione che divenne talmente estrema da spingere Hollywood, negli anni '30, ad adottare un codice di auto-censura semplicemente per evitare i controlli governativi.

Poi è stato il turno dei fumetti, dei flipper, della televisione e di quel male assoluto noto come "rock 'n' roll". Tutti questi fenomeni avrebbero dovuto distruggere le corrotte e depravate società occidentali.

Da qualche tempo a questa parte, nel mirino ci sono i videogiochi. Qualsiasi male prima imputato agli altri media più vecchi, adesso viene addebitato a noi. Sigh.

Da un lato, potremmo semplicemente aspettare che questa isteria di massa passi. Insomma, quando tutta la società è diventata consumatrice di film, programmi TV, musica rock, lettrice di romanzi... da quel momento in poi è stato molto difficile rimanere seri nel dire che queste cose trasformano le persone in mostri. "Su di me non fa effetto, ovviamente, e nemmeno sugli altri 200 milioni di consumatori che ci giocano tutti i giorni, ma quel Mario Kart... è pericoloso! Influenza negativamente le vite di... ehm... qualcuno!".

"Per quanto sia contento del fatto che l'opinione pubblica cominci ad orientarsi a nostro favore, il supporto scientifico in qualche strano modo mi preoccupa"

È ridicolo, no? Vogliamo dire che i media sono pieni di cattivo gusto? D'accordissimo. Parecchi film e, sì, anche GTA, mi offendono dal punto di vista del mio gusto personale. Ma da qui a dire che abbiano degli "effetti"... Non ho mai abboccato a questa idea, mi è sempre sembrata sciocca. Fino ad oggi.

Secondo i sondaggi...

Per decenni si sono condotti studi riguardo l'impatto negativo e pernicioso dei media sulla società, basandosi sulla quantità e sulla tipologia di media consumati dalla gente, con risultati spesso nulli e inconcludenti.

Nessuno studio ha mai dimostrato una correlazione tra videogiochi e violenza.

A parte la metodologia degli studi specifici, mi ha sempre colpito il fatto che fosse così semplice riassumere l'aggregazione delle conclusioni di queste ricerche, e che questa aggregazione vanificasse completamente le argomentazioni fondamentali che gli studiosi speravano di dimostrare.

Praticamente, questa è l'unica conclusione a cui tutti gli studi sugli effetti dei media sono riusciti a giungere: "Alcune persone saranno influenzate in determinati modi dall'esposizione ad un certo quantitativo di contenuti mediatici definiti in qualche modo a sfondo sessuale o violento."

Wow! Conclusioni sconvolgenti, abbastanza solide da motivare nuove proposte di legge, vero? Suona come una cosa stupida, no? Beh... forse no. Recentemente la situazione ha preso tutta un'altra importanza, dal momento che alcuni studi sono riusciti a fare dei passi avanti piuttosto convincenti. La cosa ironica è che questi studi sono stati indirizzati non a dimostrare la convinzione di qualcuno che i videogame abbiano un effetto negativo, ma, piuttosto, a svelare che l'effetto dei videogame sui giocatori potrebbe invece essere positivo!

Scienza alla riscossa!

Tanto per essere chiari, non sto parlando degli articoli che elogiano l'utilità dei videogiochi nel migliorare le performance dei chirurghi, come questo o questo. Articoli interessanti che evidenziano gli effetti positivi della pratica virtuale e la capacità dei giochi di migliorare cose come la destrezza manuale. Ma ci sono anche altre cose, ancora più interessanti.

Non sto parlando nemmeno dell'evidenza sempre più netta del fatto che c'è una connessione tra il combattimento reale e quello nei videogiochi, specialmente per quanto riguarda le sequenze che impiegano droni o le simulazioni di volo. Tralasciando (tristemente) le questioni di moralità, è comunque chiaro che i giocatori e i "veri" piloti dimostrino livelli di abilità paragonabili quando si tratta di pilotare dispositivi remoti.

Infine, non sto parlando dei vari giochi stile "brain training", che per la maggior parte dei ricercatori sembrano essere di dubbio valore (come viene detto, ad esempio, in questo articolo).

Insegnanti e genitori stanno riconoscendo che Minecraft possa influenzare positivamente l'apprendimento.

"Dobbiamo riconoscere gli effetti sia positivi che negativi che il nostro medium potrebbe avere sui consumatori"

No. Quello che mi ha fatto riflettere sugli effetti dei videogame (oltre all'uscita di GTA V, che porta con sé la solita attenzione dei mass media) è stato vedere numerosi studi sottolineare la presenza di effetti molto specifici, a livello cognitivo invece che comportamentale, associati all'utilizzo di videogiochi. Recentemente, ho cominciato a vedere uno studio dopo l'altro affermare, in sostanza, che "i videogiochi fanno bene". Chi l'avrebbe mai detto, eh?

Uno studio, descritto dal New York Times era intitolato: "Minecraft, ossessione dei giovani, trova un'utilità come strumento educativo".

Insegnanti e genitori stanno riconoscendo il fatto che Minecraft (come molti giochi, forse la maggior parte) abbia delle caratteristiche intrinseche che consentono d'imparare semplicemente tematiche scientifiche, storiche, linguistiche ed etiche (per non dire anche psicologiche, economiche, politiche eccetera.)

Il punto non è che gli sviluppatori possano creare, debbano creare o creino effettivamente giochi che applichino metodi pedagogici tradizionali per impartire conoscenze: semplicemente, Minecraft e altri titoli offrono una piattaforma più efficace di qualsiasi altra abbiamo avuto finora per un apprendimento autonomo e indipendente. Non puoi costruire, condividere e sperimentare qualcosa in Minecraft senza imparare qualcosa riguardo te stesso, gli altri e il mondo in generale. C'è qualcosa di davvero enorme in tutto ciò.

Ma per quanto sia interessante, persino il lato educativo di Minecraft non è la cosa che mi ha spinto a scrivere questo editoriale. L'articolo che mi ha veramente sconvolto è quello citato nella rivista Nature, secondo il quale i videogiochi hanno il potere di modificare i cervelli dei giocatori.

Lo ripeto ancora una volta. I videogiochi. Modificano. Il cervello.

Una vera rivelazione. Mi ha emozionato terribilmente scoprire che ci sono dimostrazioni scientifiche del fatto che i giochi possono avere un impatto positivo sulle vite, ad esempio, delle persone anziane, alterando il funzionamento del loro cervello per farlo funzionare in modo diverso e migliore. Chi non sarebbe emozionato da una prospettiva simile?

Seconda la rivista Natura, i videogiochi alterano i cervello facendolo funzionare in modo migliore.

Sì, ci sono delle limitazioni, come ad esempio il fatto che il gioco utilizzato in questo studio sul "multitasking" delle persone anziane era disegnato appositamente per lo scopo. E, no, non è detto che gli stessi risultati si riflettano anche sui videogame tradizionali, quelli commerciali. Però è impossibile non prendere questo studio come la prova che ci sono aspetti nel nostro passatempo che nessuno si sarebbe mai aspettato.

"Noi raggiungiamo le persone in modi che non hanno niente a che fare con il potere avvolgente della narrativa"

Noi raggiungiamo le persone in modi che non hanno niente a che fare con il potere avvolgente della narrativa, con il fatto di offrire ad ogni giocatore la possibilità di controllare la sua esperienza e ancora meno con la possibilità di rappresentare uno strumento di apprendimento.

Il vero "potere" dei videogame è descritto in questo studio: la capacità di modificare il cervello umano (ogni volta che scrivo questa frase provo un brivido) sembra tanto unica quanto intrinseca, qualcosa che i creatori non possono controllare (non che vorremmo farlo!), qualcosa che avviene naturalmente.

Quindi abbiamo "vinto" noi?

Questi ultimi e sorprendenti risultati significano che la battaglia mediatica sugli "effetti negativi dei media sulla società" è conclusa, almeno per quanto riguarda i videogiochi? Ovviamente no. Mentre io scrivevo queste righe sulla nuova rispettabilità del nostro passatempo, sul New York Times è apparso questo articolo sulla violenza nei media.

Alcune cose non cambiano mai. Le persone temeranno e condanneranno sempre i "nuovi" media che non capiscono. Ma quello che ora è cambiato è che la diatriba non esiste più tra i sociologi che dicono "i media possono causare la violenza" e gli umanisti che dicono "state scherzando, vero?" Né è più una questione di adulti contro adolescenti. Questa volta, ci sono adulti su entrambi i fronti, e su entrambi i fronti c'è la scienza... ed è qui che le cose cominciano a complicarsi, ai miei occhi.

Per quanto sia contento del fatto che l'opinione pubblica cominci ad orientarsi a nostro favore, con la scienza che guida il cambiamento, questo supporto scientifico della nostra meravigliosità in qualche strano modo mi preoccupa. Avere studi che dimostrano in modo chiaro gli effetti attribuibili all'attività di videogiocare è una cosa sia positiva che terrorizzante, anche se gli effetti di cui parliamo sono indubbiamente benefici.

Un fumetto come Kickass può ancora finire nel mirino di mass media quali il New York Times.

"Terrore" è una parola forte ma non credo che sia inappropriata. Il punto è che appena diremo "i videogiochi hanno effetti positivi!" ci sarà qualcuno pronto a rispondere "allora vuol dire che possono averne anche di negativi!" E a rigor di logica credo che dovrei dare loro ragione. Usare la scienza per difendere il nostro medium rafforzerà, paradossalmente, i nostri detrattori. Invece che smorzare il dibattito tra umanisti e scienziati, l'impiego della scienza da entrambi i lati significherà soltanto che i fronti si faranno sempre più opposti, rafforzati dalla certezza arbitraria dei dati in loro possesso.

"Io non sarò mai convinto del fatto che i videogiochi "facciano male" o che i media possano causare qualche effetto sociale particolare"

Io non sarò mai convinto del fatto che i videogiochi "facciano male" o che i media possano causare qualche effetto sociale particolare. Però credo che dobbiamo riconoscere gli effetti sia positivi che negativi che il nostro medium potrebbe avere sui consumatori. A livello personale, ho sempre ignorato le critiche catastrofiste rivolte verso i videogiochi, e lo zelo con cui ho subito accolto le nuove prove dei loro effetti benefici mi ha portato a riflettere sul fatto che forse le persone a cui mi sono contrapposto per tutti questi anni potrebbero avere una parte di ragione.

Il che mi riporta al punto di partenza. Ho sempre riconosciuto che i videogiochi, come tutti i media, producono qualche effetto, su alcune persone, in certi modi e certi momenti. Le qualità innate del nostro medium hanno un effetto. I contenuti e il gameplay che offriamo hanno un effetto. Possiamo far finta del contrario solo a nostro rischio e pericolo. Io che l'ho fatto in prima persona, da oggi inizierò un nuovo corso. Ho intenzione di riflettere a lungo e profondamente sui contenuti che creerò e sui modi in cui li offrirò. E voglio spendere molto più tempo prendendo sul serio le prove sia a favore che contro le tesi sugli effetti che i videogame hanno sulle persone.

Ma ora è il momento di ritornare a Grand Theft Auto V. Come dite? Ho esaurito lo spazio? Beh, allora forse ne riparleremo un'altra volta...

Un'ultima cosa prima di salutarci: stavolta si tratta di un saluto vero e proprio. Almeno per il momento, la mia esperienza di editorialista per il network di Eurogamer si conclude. Scrivere gli articoli usciti nel corso di quest'anno è stato un'esperienza fantastica, e non so dirvi quanto io abbia apprezzato lo spazio concessomi e la splendida e profonda interazione che ho avuto con voi lettori. Sfortunatamente, siamo giunti al termine di questa esperienza. Sto per imbarcarmi nella prossima fase della mia vita professionale, ho una nuova attività pronta per partire che occuperà la maggior parte del mio tempo, se non tutto, nei mesi a venire. Al momento non posso dirvi altro, ma ne saprete sicuramente molto di più nel prossimo futuro. Grazie per avermi seguito nel corso di quest'anno. A presto!

(Traduzione a cura di Luca Signorini)