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Wolfenstein Cyberpilot - recensione

Casco ben allacciato e nazisti nel mirino. Sempre.

Periodaccio nero per i nazisti. Prima arrivano le pestifere figliole di Terror Billy a completare l'opera di bonifica del paparino e ora ci si mette anche la realtà virtuale a complicare le cose. Cyberpilot segue a ruota l'ottimo Wolfenstein Youngblood, nella speranza di replicarne le qualità portandole dentro un casco VR. Purtroppo, inutile rimandare l'inevitabile resa dei conti, l'operazione non è andata esattamente come sperato. Anzi, è stata un totale disastro.

Il problema centrale risiede nel concept stesso del gioco, che pur mantenendo le atmosfere dei titoli precedenti ne stravolte in buona parte la formula ludica fino a ridurla ad una mera ombra dell'originale. Protagonista di questo spin-off non è un membro della letale famiglia Blazkowicz bensì un hacker della Resistenza che combatte i nazisti nell'unico modo che conosce: "rubando" le macchine da guerra del Reich e ritorcendole contro i loro stessi creatori. La premessa in effetti è goduriosa. L'idea di poter guidare bestioni meccanici di vario genere falciando e arrostendo i nemici che arrivano a tiro è un sogno bagnato per tutti i fan di Wolfenstein.

I mezzi hanno bisogno di occasionale manutenzione e le armi hanno dei brevi tempi di cooldown... ma la difficoltà rimane bassa.

Peccato che una volta scesi in campo, pardon... nelle strade di Parigi (come Youngblood, anche Cyberpilot è ambientato un ventennio dopo The New Colossus) il sogno si riveli molto meno intrigante. Ci aspettavamo un'altra generosa dose di piombo e imprecazioni in tedesco, ciò che abbiamo avuto è un'avventuretta narrativamente poco intrigante e dal ritmo fin troppo compassato. Fin dall'inizio appare evidente che il team di sviluppo si è concentrato più sul sorprendere il giocatore con la grafica che nel coinvolgimento ludico vero e proprio. In effetti Wolfenstein Cyberpilot è bello da vedere e mette in mostra dettagli che in VR fanno la loro figura, ma è come guardare un palazzo elegantemente rifinito e illuminato per poi scoprire che l'interno è ancora grezzo e disabitato.

Vi aspettate furiose e veloci battaglie alternate a lunghe scorribande a bordo di devastanti mezzi di distruzione? Niente di tutto questo, passerete molto più tempo ad hackerare "fisicamente" le macchine piuttosto che a guidarle per far fuori i nemici ed è un peccato perché il gioco aveva delle potenzialità e anche in questa sua forma così deludente è capace di regalare sporadiche soddisfazioni. Dimenticatevi la frenesia dei capitoli "normali", qui il ritmo è molto più lento e i movimenti chiaramente più pesanti, ma il feedback che si riceve è piacevole. Vedere soldati nazisti contorcersi in mezzo alle fiamme o fuggire in preda al panico perché consci di avere di fronte un ex-alleato diventato improvvisamente minaccia è davvero divertente. Il tutto però dura quanto la pipì di una farfalla ed ha una struttura a dir poco rigida che non concede nulla alla libertà di movimento.

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A rendere l'esperienza ancora meno soddisfacente contribuisce in modo significativo anche la longevità. In meno di due ore si arriva alla fine senza mai aver avuto a che fare con una sfida degna di questo nome. Cyberpilot è poco più di un walking simulator sotto steroidi, ma la pessima intelligenza artificiale dei nemici e la soverchiante potenza dei mezzi pilotati sbilancia fin troppo il confronto a favore del giocatore. La sensazione che si avverte guardando i titoli di coda è la stessa che si prova confrontando l'hamburger che il commesso di McDonald ti ha appena consegnato con quello della foto sopra di lui.

Il problema del motion sickness è ridotto praticamente a zero proprio dall'incedere lento della maggior parte dei mezzi pilotati. Da questo punto di vista quindi Wolfenstein Cyberpilot potrebbe essere un buon punto d'ingresso per chi vuole avvicinarsi alla VR senza effetti collaterali. Purtroppo il rapporto qualità/prezzo è un fattore che affossa notevolmente le possibilità di successo del gioco, che viene venduto ad un prezzo inferiore di soli 10 Euro a quello di Youngblood.

Nonostante i target di riferimento siano abbastanza differenti il divario nel rapporto quantità/qualità delle due offerte è abbastanza evidente ed è ovviamente a netto sfavore del titolo VR. È chiaramente un progetto di minore respiro, sul quale si sono spese risorse e tempo nettamente inferiori, ma avrebbe comunque potuto essere la classica ciliegina sulla gustosa torta realizzata da Machine Games e Arkane Studios. Così non è, ormai per impressionare gli utenti PlayStation VR serve ben altro.

4 / 10