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Damnation

Una dannazione vera.

"Parole, parole, parole..." recitava una celebre canzone di Mina. Nell'industria videoludica, così come in molti altri settori commerciali, l'uscita di un qualsiasi prodotto è spesso preceduta da tante parole, grandi promesse, e proclami che non sempre corrispondono alla realtà. Stando a quanto dichiarato dagli sviluppatori, Damnation sarebbe dovuto essere un titolo diverso dalla massa, capace di rivoluzionare la categoria degli sparatutto in terza persona grazie al suo gameplay "verticale", ma le cose non sono andate esattamente come previsto.

Il gioco ci mette nei panni di Hamilton Rourke, un soldato disonorato, divenuto ora un ribelle, costretto a sopportare il peso di una disastrosa sconfitta che ha causato la morte di tutti i suoi uomini. Trattandosi di uno sparatutto, non può certo mancare il cattivo di turno, e infatti in dovremo vedercela con il malefico Prescott, leader della dittatoriale e tecnologicamente avanzata New America, intenzionato "conquistare il mondo" sfruttando la sua armata di uomini meccanici (soldati assomigliano molto ai robo-scheletri di Terminator).

Nel corso dell'avventura saremo accompagnati da diversi personaggi a dir poco imbarazzanti, le cui storie sono perfettamente in linea con la discutibile trama che fa da sfondo alle vicende narrate: un ridicolo professore d'inglese con una figlia cyborg, un guerriero spagnolo tanto estroverso quanto vendicativo e infine un'esuberante squaw nativa americana sempre impegnata a mantenere i suoi seni all'interno del suo piccolissimo bikini di pelle. Insomma, un cast da Oscar.

Damnation è ambientato in un mondo dove le persone devono probabilmente scalare un paio di palazzi prima di raggiungere un panettiere.

Sul fronte del gameplay le cose non sono purtroppo migliori. Sin dai primissimi minuti vi renderete conto della totale assenza di elementi che possano giustificare l'hype che ha accompagnato lo sviluppo del gioco. Al di là dello stravolgimento delle tipiche meccaniche di uno sparatutto in terza persona (letteralmente ribaltate, costringendo quindi i giocatori a imparare nuovi modi per riuscire ad attraversare i vari piani degli scenari), Damnation non propone assolutamente nulla che non sia già stato realizzato per centinaia di altri platform in 3D. Uno "sconosciuto" gioco di nome Tomb Raider si fondava proprio su queste dinamiche...ma come tutti ben saprete, fu sviluppato oltre dieci anni fa. È dunque possibile appendersi sulle sporgenze per poi sollevarsi, scivolare lungo le corde, arrampicarsi su per le funi e saltare da un muro all'altro in stile parkour per raggiungere le superfici più elevate. E le armi? Ovviamente non mancano, ma il fatto che possediate una pistola non fa alcuna differenza ai fini dell’esperienza.

L'arsenale disponibile può anche apparire dignitoso, ma la sostanziale inefficacia di ogni arma da fuoco rende le sparatorie una vera tortura. Le pistole scoppiettano e fischiano, e come se non bastasse avrete anche la chiara sensazione che i vostri proiettili non abbiano alcun effetto sul bersaglio. Una volta che avrete crivellato un nemico a dovere, lo vedrete cadere a terra in maniera vergognosa, e questo evidenzia come il gioco non sia assolutamente in grado di rappresentare quel senso di solidità, peso e massa di cui uno sparatutto ha bisogno per apparire (o almeno sembrare) realistico. Tutto questo si traduce dunque in un'esperienza del tutto priva di coinvolgimento che rende il completamento dei vari obiettivi un compito tanto difficile quanto noioso.

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Damnation

PS3, Xbox 360, PC

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Davide Persiani

Contributor

Davide inizia a lavorare nel campo dell'editoria videoludica all'età di 16 anni. Dopo qualche anno di gavetta in Spaziogames e Play Media Company, subisce l'irresistibile fascino di Eurogamer.it.

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