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Phantom Breaker Omnia Recensione: Dieci anni e sentirli tutti

Finalmente il debutto in Occidente.

Oltre ad altisonanti titoli AAA, super esclusive in grado di stravolgere il mercato, remastered e remake, ogni tanto si assiste anche a riedizioni di giochi già esistenti, con semplici aggiunte (tecniche o contenutistiche) in grado di prolungarne il ciclo di vita.

Phantom Breaker: Omnia però rientra solo in parte in questa categoria, in quanto è sì una riedizione ma rappresenta anche il debutto di un franchise conosciuto solo in Giappone e da una manciata di persone in tutto il globo.

Uscito infatti nel 2011, questo picchiaduro 2D stile anime ha riscosso un discreto successo, ottenendo alcune riedizioni e uno spin-off, Phantom Breaker: Battle Grounds. Con Omnia, dunque, si aggiunge un'altra tessera del puzzle, uscendo in un periodo abbastanza complicato tra Horizon Forbidden West, Elden Ring e Gran Turismo 7, ma cercando di far colpo su quella nicchia di utenti interessati a questa categoria di titoli.

Ci riesce? Diciamo che i dieci anni sul groppone si sentono parecchio ma possiede diverse frecce al proprio arco. Lo stile Anime non è solo riferito al comparto artistico ma all'intera struttura di gioco, dalla narrazione al mood che si percepisce tra un cazzotto e l'altro.

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L'alternanza tra scontri e narrativa avviene adottando le caratteristiche delle visual novel, tanto di moda in Giappone e che qui diviene unico mezzo per raccontare qualcosa che in fin dei conti, non è nemmeno poi così interessante. Ambientato ai nostri giorni, i personaggi sono chiamati a combattere tra loro da una figura misteriosa con la promessa che, una volta vincitori, avranno realizzato qualunque desiderio abbiano in mente.

Da questo incipit si dipana una modalità storia composta da quattordici capitoli, ognuno con un proprio protagonista che si andrà a intersecare con tutti gli altri al fine di raccontare qualcosa di più grande. È difficile per noi occidentali capire il perché di alcune scelte, a cominciare dal roster che conta solamente cinque personaggi di genere maschile su 22 o il perché ognuno di essi sia uno stereotipo ambulante.

Ma possiamo ragionarci sopra visto che, a un certo punto, sembrerà di trovarsi in una puntata di Re:Creators, con diversi capisaldi dell'animazione giapponese totalmente interconnessi tra majokko, maid, idol e così via, trasformandosi in un potpourri di già visto.

D'altro canto, l'utilizzo dello stereotipo non è sempre un male e anzi serve a una generosa fetta di pubblico per trovare degli appigli a cui aggrapparsi durante le narrazioni, ma qui probabilmente c'è qualcosa in più e legato indissolubilmente alla cultura giapponese. Ogni personaggio, infatti, può essere inteso come maschera pirandelliana in cui potersi immedesimare oppure legarsi in qualche modo.

Gli appassionati di manga e anime troveranno presto il proprio personaggio.

Visto in quest'ottica, la composizione del roster quasi tutto al femminile e le caratterizzazioni tagliate con l'accetta si spiegano semplicemente con la funzionalità e la massima fruizione possibile per chiunque. Una scelta ponderata dunque e che fortunatamente non sfocia mai in volgare fan service, come gli appassionati Dead or Alive ricorderanno.

Detto ciò, con i nostri canoni, narrativamente la situazione non è delle più rosee e benché il tutto abbia la funzione di pretesto, si fatica a comprendere pienamente le reali motivazioni dei personaggi, forse troppo basilari per risultare credibili. Inoltre il ritmo al cardiopalma delle schermate non permette alcuna metabolizzazione delle informazioni, perdendo un po' tutto per strada tra un combattimento e l'altro. È un picchiaduro senza troppe pretese narrative insomma eppure è un grosso peccato, visto l'enorme spazio riservatogli in game.

Dunque, bisogna menare le mani ma almeno in questo Phantom Breaker: Omnia riesce a regalare momenti di sano divertimento, con un gameplay abbastanza stratificato e che ricorda ─ tanto per darvi un feedback diretto ─ Dragon Ball FighterZ. Come nel picchiaduro Arc System, infatti, ci troviamo in una situazione in cui è abbastanza semplice compiere combo, finisher e le diverse mosse speciali ma la vera natura, è molto più complessa. Il classico caso di "easy to learn, hard to master" dunque, cerca di accontentare tutti, dai neofiti del genere a chi ha molta più esperienza, ma senza l'appiglio del tutorial.

Questa è una scelta incomprensibile, con il tutto sostituito da schermate statiche in grado di fornire un minimo di informazioni sui tasti da premere. Non serve fare molta strada per capire come teoria e pratica non vadano di pari passo e a poco serve la modalità allenamento. Bisogna farsi le ossa direttamente nelle modalità principali ed è qui che si scopre la più grande novità di questa riedizione.

Le mosse speciali sono altamente coreografiche.

Phantom Breaker infatti non possiede il suffisso Omnia a caso: una delle caratteristiche base del picchiaduro GameLoop è la possibilità di scegliere diversi stili di combattimento per ogni personaggio. Il primo è il Quick, indicato a chi predilige la velocità d'azione, colpi e schivate rapide e persino il doppio salto, che si contrappone a Hard che consente di avere più salute e più potenza nei colpi. Nonostante la scelta prediliga spesso la Quick, anche per la facilità con cui è possibile effettuare le mosse speciali, entrambe le categorie sembrano abbastanza bilanciate, aggiungendo un minimo di strategia alla scelta del proprio personaggio.

Ma gli sviluppatori, con questa edizione, hanno cercato di aggiungere ancor più equilibrio con la modalità Omnia che essenzialmente è la perfetta via di mezzo tra i due stili ma che molto spesso finisce per non essere né carne né pesce. Questo stile è stato pensato proprio chi della tecnica interessa poco, con più combo automatiche ma che per forza di cose impedisce di avere dei bonus ai tanti elementi speciali offerti dal titolo, dalla Counter Burst (una sorta di contrattacco) all'Emergency Mode (utile per interrompere le combo avversarie). In poche parole, l'Omnia Style è la modalità facile ma taglia completamente tutta la profondità del gameplay e di conseguenza, anche il vero divertimento.

Pad alla mano, dunque, ci si ritrova nel classico uno contro uno, in un'infinita sequenza di combo e mosse speciali a prima vista caotiche ma abbastanza leggibili, con una coreografia degli scontri che riesce ad appagare anche l'occhio. In single player riuscire a padroneggiare tutto il repertorio di mosse ed effetti speciali porta via qualche ora d'allenamento ma vista la caratterizzazione precisa di ogni personaggio anche dal punto di vista dello stile di combattimento, non si fa una grossa fatica a trovare i propri combattenti preferiti su cui investire del tempo.

Tecnicamente è un gioco di dieci anni fa, com'è ovvio che sia.

Nel finto caos degli scontri abbiamo tantissimi strumenti a disposizione (forse troppi) ma si avverte una mancata pulizia, con un combat system troppo grezzo per spiccare realmente il volo. Anche volendo fare le cose per bene si ha sempre l'impressione di non avere un reale controllo su ciò che accade, proseguendo d'inerzia i vari scontri e adeguandosi al ritmo frenetico dei colpi avversari. Per quel che vuole essere comunque, va anche bene così. Di certo non lo vedremo tra i protagonisti dei maggiori campionati esport.

Le cose cominciano a complicarsi però non appena varcata la porta dell'online, non solo per la poca presenza di sfidanti ma anche per una struttura del netcode ormai antiquata, visto che un po' tutti sono passati al rollback. Questo non è un problema da poco, visto che anche i fan di Smash Bros. Ultimate rimasero interdetti dalla scelta di Sakurai di rimanere col classico delay.

In poche parole, a ogni scontro ci si ritrova con del ritardo tra l'input assegnato e l'azione compiuta dal nostro alter ego, e più il ritardo è grande maggiore è lo scompenso tra quanto fatto e quanto visto, alterando i risultati delle partite online. Il rollback interviene cercando di prevedere l'azione che si sta per compiere e qualora si faccia tutt'altro, la riavvolge sino a quando input e output su schermo non combaciano. Questo avviene nella frazione di millisecondi, per cui la maggior parte delle volte è del tutto impercettibile, garantendo la perfetta simmetria e fluidità degli scontri.

In Phantom Braker: Omnia, si è deciso di rimanere con il classico delay e questo comporta del lag eccessivo tra un'azione e l'altra. È capitato infatti, nei pochi scontri effettuati online, di assistere ad azioni improvvise o trovarsi personaggi a mezz'aria di punto in bianco, cosa che inficia non poco l'esperienza. Servirà qualche patch per migliorare la stabilità del tutto.

: Più che uno scontro tra personaggi, è uno scontro di archetipi.

In ogni caso, nonostante tecnicamente sia a tratti dimenticabile (anche se conta di un'ottima colonna sonora), Phantom Breaker: Omnia è un picchiaduro valido, caciarone sì ma con quella velata profondità che riesce a dare una vera personalità al prodotto.

Certo, la concorrenza è spietata e soprattutto più moderna ma chissà che questo non sia un tentativo di saggiare il mercato al fine di portare un Phantom Breaker totalmente nuovo.

7 / 10