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I Was a Teenage Exocolonist | Recensione

Grazie ad una storia sfaccettata e matura, I Was a Teenage Exocolonist ci regala un gioco di ruolo peculiare ed intrigante.

La percezione dei giochi di ruolo offerta dal panorama videoludico, non appena la tecnologia lo ha permesso, ha finito per discostarsi in maniera molto sensibile dall’originale materiale di partenza. Sin da quel lontano 1974, anno in cui esordì l’iconico lavoro firmato da Gary Gygax e Dave Arneson (parliamo del primo manuale di Dungeons & Dragons, per i meno ferrati in materia), questo peculiare modo di intendere i giochi di società dimostrò subito di voler rompere con la classica tradizione ludica, cambiando radicalmente le carte in tavola.

Fu un passo decisamente rivoluzionario, capace di coniugare in modo efficace il piacere del racconto con l’imprevedibilità ed il divertimento garantito dalla partecipazione attiva dei giocatori/ascoltatori. Una voglia di raccontare che, almeno sulla carta, mal si sposava con le velleità di intrattenimento del fervente mondo videoludico che, per ovvie esigenze, scelse di sfoltire in parte questa ossatura, cercando di trasporre su schermo soprattutto i momenti più action dell’esperienza. E sebbene, con il passare del tempo, questa iniziale dicotomia sia riuscita a limare sempre più i propri confini, è innegabile come le produzioni ruolistiche digitali finiscano per prediligere maggiormente gli aspetti più attivi del genere.

Non mancano, comunque, titoli per certi versi coraggiosi, capaci di riportare il tutto alle proprie origini, concentrando i propri sforzi nell’imbastire in primis una storia avvincente, lasciando volutamente in disparte combattimenti e simili. Impossibile, in tal senso, non pensare al fortunato exploit del pluricelebrato Disco Elysium, del recente Citizen Sleeper o, per restare nei confini della recensione che state leggendo, di I Was a Teenage Exocolonist.

In un non meglio precisato futuro, la Terra è oramai un pianeta sull’orlo del collasso, flagellato da guerre fratricide, inquinamento, radiazioni e cambiamenti climatici fuori controllo. Per sfuggire all’inevitabile destino a cui è condannato il fu Pianeta Azzurro, viene instituito un programma di sopravvivenza, che in seguito alla costruzione di una gigantesca nave spaziale, ha visto l’invio di un manipolo di individui selezionati alla volta del remoto pianeta Vertumna. Situato all’altra estremità di un wormhole, il luogo in questione è stato individuato come il punto di partenza della nuova civiltà umana.

A seconda delle nostre statistiche avremo accesso a differenti opzioni di scelta.

Il protagonista di I Was a Teenage Exocolonist è proprio un membro di questa spedizione, nato a bordo della nave spaziale in questione, e una volta compiuti i 10 anni di età, assieme agli amici cresciuti con lui nel vuoto siderale, approderà finalmente su Vertumna e sarà tra i protagonisti della nascita, e della crescita, di questa remota colonia. Quasi come se fosse una sorta di sinistro presagio di quanto stiamo attualmente vivendo sul nostro pianeta, la storia sviluppata dai ragazzi di Northway Games è estremamente complessa e ricca di spunti di riflessione, capace di andare oltre la patina colorata ed in apparenza spensierata che ammanta il suo aspetto estetico.

Caratterizzata da momenti e situazioni strazianti e brutali, come ci ricorda il disclaimer presente nel menu principale, in cui morte, violenza e sevizie non si vergogneranno di bucare (seppur in modo principalmente testuale) lo schermo, la strada che ci porterà al raggiungimento di uno dei 29 finali (!) della produzione, non potrà fare a meno di lasciare una profonda traccia in tutti noi. L’universalità e la vicinanza con questa sorta di allegoria dell’indole umano riescono a dare vita ad un intreccio tristemente credibile, seppur filtrato attraverso gli occhi della sua narrativa sci-fi. Un complesso groviglio di situazioni di cui, fortunatamente, saremo parte attiva e che finiremo per plasmare grazie alle nostre decisioni: in fondo parliamo pur sempre di un (video) gioco di ruolo.

L’avventura tratteggiata da I Was a Teenage Exocolonist si snoda lungo 10 anni ed avrà pertanto termine non appena il nostro personaggio, di cui potremo decidere liberamente sesso ed orientamento sessuale, avrà raggiunto il suo ventesimo compleanno. Il tutto sarà scandito nel corso dei 13 mesi che caratterizzano la rivoluzione del pianeta Vertumna, suddivisi in 4 distinte stagioni da 3 mesi, a cui si affiancano 30 giorni di buio, la cui rilevanza sarà estremamente importante lungo tutto l’incedere della narrazione.

Per quanto riguarda il gameplay vero e proprio, questo ci vedrà decidere di volta in volta, per ciascun mese, l’attività da svolgere, in maniera analoga a quanto avviene con i Social Link della serie Persona: la colonia, man mano che procederà lungo il suo percorso di sviluppo, non mancherà di proporre un gran numero di opzioni, ognuna delle quali finirà per avere sia un impatto in termini di statistiche del nostro avatar, sia per quanto concerne le relazioni con gli altri abitanti dell’avamposto, con cui potremo parlare liberamente senza vincoli temporali di alcun tipo.

Non ci vorrà molto per affezionarsi a questo variegato cast.

Naturalmente, come accade nella vita reale, sarà impossibile riuscire a svolgere in pieno ogni compito che ci verrà proposto, pertanto starà a noi decidere come meglio impiegare il nostro tempo, di cui sarà sempre bene valutare anche pro e contro: ogni incarico, difatti, oltre a garantire ricompense, andrà ad incrementare anche il nostro livello di stress che, una volta raggiunto il proprio massimo, ci costringerà a trascorre in completo ozio il mese successivo. A ciascuna delle varie attività, inoltre, è legato un minigioco basato sulle meccaniche del poker, che sfrutterà delle particolari carte che potremo ottenere giocando, e che rappresentano le esperienze di vita fatte sul pianeta.

Ciascun task ci chiederà di raggiungere o superare un determinato punteggio, e noi non dovremo fare altro che combinare al meglio quanto a disposizione nel nostro mazzo. Si tratta di una meccanica invero molto semplice e che, almeno al livello di difficoltà standard, non rappresenterà quasi mai un ostacolo insormontabile, ma bisogna riconoscere come si integri in modo coerente all’interno del gameplay, così come è innegabile il suo riuscire a spezzare con efficacia l’importante molte di elementi testuali che caratterizza I Was a Teenage Exocolonist.

L’avventura, difatti, seguirà in parte le regole delle visual novel interattive, con dialoghi a scelta multipla che ricordano molto i vecchi librigame, e che saranno influenzati dalle statistiche del nostro personaggio, oltre che dai legami che questi sarà riuscito ad instaurare: a seconda dello sviluppo che avremo intrapreso, difatti, peculiari snodi potrebbero esserci preclusi, così come è vero anche il contrario.

La sensazione che ci viene restituita, pertanto, è quella di avere un reale impatto sullo scorrere degli eventi, situazione che, unità alla bontà della sceneggiatura, porta a divorare senza quasi accorgersene l’ingente quantità di parole che ci verranno date in pasto. L’unico freno in grado di rendere pesanti le circa 10 ore necessarie a portare a termine una run, quindi, sarà unicamente legato all’assenza della localizzazione nella nostra lingua (è presente soltanto l’inglese), elemento che potrebbe scoraggiare i meno esperti dell’idioma di Albione, vista anche la complessità di alcuni argomenti trattati.

Il minigioco di carte riesce a spezzare in modo riuscito l’azione, anche se il risultato è un po’ semplicistico.

Pensare comunque di esaurire l’esperienza offerta da I Was a Teenage Exocolonist soltanto in questo contenuto lasso di tempo è un errore da non commettere, dato che la produzione firmata Northway Games riesce a dispiegare tutto il suo potenziale proprio una volta che avremo raggiunto i titoli di coda: per motivi di trama che preferiamo non svelare, difatti, sarà possibile riprendere il tutto dal principio, mantenendo però i ricordi della nostra vita precedente.

Questa situazione porterà il gioco a presentare diramazioni narrative ulteriori, oltre a lasciare spazio ad eventi imprevisti, in grado di modificare attivamente l’evolversi della narrazione, garantendo così in maniera efficace un elevato tasso di rigiocabilità. Alla luce di tutto ciò, pertanto, non appare più scontata l’ingente mole di finali messi a disposizione da Sarah Nortway e soci.

Per riprendere un concetto espresso in apertura di recensione, non lasciatevi trarre in inganno dal coloratissimo e delicato stile grafico adottato da I Was a Teenage Exocolonist, che pur scegliendo di raccontarsi principalmente attraverso una manciata di schermate statiche, nasconde sotto la sua superficie un’anima ben più cupa e sorprendente. Questo marcato e stridente contrasto, comunque, finisce con il non risultare affatto fuori luogo, anzi, per certi aspetti riesce a rendere ancor più subdoli e ficcanti i vari colpi di scena.

Tralasciando queste considerazioni più soggettive, comunque, non ci possiamo lamentare del peculiare mix di elementi estetici messi sul piatto dal team, che per ovvie ragioni di budget non ha potuto certo contare su mirabolanti animazioni, ma che è riuscito ugualmente a dare vita ad un quadro generale ispirato e convincente, soprattutto per quanto riguarda la caratterizzazione di ambienti e personaggi.

Vertumna è un pianeta affascinante ma nasconde anche numerose insidie.

Il vero punto di forza, comunque, è rappresentato dalla eccellente colonna sonora, frutto del lavoro combinato di un gruppo di artisti davvero talentuosi, che saprà sorprendervi grazie ad un mix di brani evocativi in grado di adattarsi sempre con estrema efficacia ai vari contesti. Date un ascolto a The Child You Were di Frances Aravel per avere un’idea più precisa.

Coraggioso ma decisamente affascinante, I Was a Teenage Exocolonist è un titolo sicuramente non adatto a tutti i palati, che però riesce a trasporre su schermo in maniera davvero convincente tutti gli elementi originari dei classici giochi di ruolo. Grazie al suo essere riuscito a fondere con efficacia il piacere di raccontare una storia accattivante con la partecipazione attiva del giocatore, pur se spogliata dalla frenesia che contraddistingue la gran parte delle produzioni analoghe, il lavoro firmato Northway Games è capace di mettere in scena una vicenda in grado di rapire ed affascinare chiunque abbia voglia di lasciarsi conquistare dalla sua apparenza scanzonata.

Caratterizzato da temi maturi e affatto banali, oltre che da una soundtrack emotivamente potente, I Was a Teenage Exocolonist può anche contare su di un elevato tasso di rigiocabilità, situazione che non può che renderlo ulteriormente consigliato a tutti coloro che non si lasciano spaventare da un bel po’ di testo da leggere. Peccato per quella mancanza della lingua italiana…

8 / 10