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Perry Mason (s01) - recensione

LA è sempre noir...

C'è questa tendenza negli ultimi anni: prendere un personaggio noto, che sia entrato a far parte dell'immaginario collettivo, e mostrarcelo in un momento della sua vita, in uno stato diverso da quello che lo ha portato alla notorietà. In generale, nella sua giovinezza.

Ci hanno giocato in tanti, dall'Obi Wan di Star Wars agli X- Men, passando per il Norman Bates di Psycho e Leatherface (e il nostro Montalbano e Indiana Jones). E sono in arrivo tanti altri prequel, quello che riguarda l'infermiera Ratched di 'Qualcuno volò sul nido del cuculo', e poi su Game of Thrones e anche sulla Furiosa di Mad Max Fury Road. Anche la serie di film Kingsman ha in arrivo un suo prequel.

Adesso si cimenta con l'argomento anche HBO, con la solita cura filologica che contraddistingue questa casa di produzione, con un personaggio oggi forse un po' dimenticato. Ci riferiamo al famoso avvocato Perry Mason, nato negli anni '30 dalla penna di Errol Stanley Gardner, protagonista di 80 romanzi di gran successo.

La sua notorietà era stata incrementata grazie alla serie TV degli anni '50, interpretato da quel Rymond Burr che poi avrebbe trovato ancora maggiore fama come Ironside, l'investigatore sulla sedia a rotelle. Questo nuovo approccio però potrebbe inizialmente lasciare perplessi, e spiegheremo perché. Anche perché alla fine l'operazione si può dire riuscita. Anzi, così riuscita da far mettere subito in cantiere una seconda stagione.

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In questo trattamento, ideato da Rolin Jones e Ron Fitzgerald (due tipi con notevoli pedigree), conosciamo quello che sarebbe divenuto l'impeccabile avvocato in elegante doppiopetto in ben altra veste. Siamo infatti nel 1932, Mason è un investigatore privato miserabile, una mezza tacca con la barba lunga e i vestiti stazzonati, che trova nel fondo di una bottiglia la consolazione al suo fallimento esistenziale.

Rientrato a Los Angeles dopo la Prima Guerra Mondiale, fronte delle Ardenne, con un inevitabile strascico di traumi, solo e in gravi difficoltà finanziarie, sta perdendo anche la fattoria di famiglia, che è prossima ad essere rilevata perché su quel terreno sorgerà l'aeroporto di L.A.

Mason si aggira spaesato e ostile in un mondo "nuovo" che lo respinge, in cui non trova nessuno dei valori per cui ha combattuto. È finito a lavorare per un vecchio avvocato, E. B. Jonathan (John Lithgow), un uomo rispettato e onesto, ormai fuori tempo anche lui, spaesato in questo orribile mondo che sta nascendo dalle macerie della Grande Depressione.

Nessuno si trova più nel cinismo, nell'aggressività dei tempi nuovi, fra politici sempre più ambiziosi e spregiudicati e la tristemente nota LAPD, eternamente corrotta e violenta, che costruisce le prove addosso a chi decide siano i colpevoli più convenienti (impersonata dalla solita coppia del gatto e della volpe, poliziotto buono e poliziotto cattivo, dove entrambi sono delle carogne).

I gloriosi interpreti originali.

Il Procuratore si preoccupa solo dei media e se un poveraccio innocente finisce nelle sue sgrinfie, sarà passato al tritacarne. E questo succede quando viene rapito il figlio neonato di una coppia di spiantati, ai quali viene chiesto un ricatto che sembra impossibile. Ma i due riescono a recuperare la somma e a consegnarla ai delinquenti. Qualcosa va però tragicamente storto.

Per la Polizia i sospetti sono proprio i famigliari e su di loro si accaniscono. Come difensore viene chiamato E. B. che da anni ha preso Mason sotto la sua ala, e lo fa lavorare come suo investigatore. Ma niente è come sembra e dietro ogni trama se ne trova un'altra e tutte riconducono ad avidità, menzogna, infelicità e degrado.

Nella storia entra anche una chiesa, la solita setta pseudo cristiana, che ruota intorno a due donne predicatrici, che per sopravvivenza sono riuscite a coagulare intorno a loro interessi poco limpidi e il fanatismo di masse precipitate in tale miserabile precarietà, da aggrapparsi a qualunque bugia spacciata per promessa.

Nel corso della narrazione vengono introdotti i due personaggi che poi affiancheranno Mason nella sua carriera futura: la volitiva segretaria Della Street, a quei tempi quasi icona proto femminista, oggi inevitabilmente vittima di un trattamento di ormai risibile "correttezza politica". E così, al pari, quello che diventerà l'investigatore di Mason, Paul Drake, qui è un poliziotto di colore, scelta questo davvero discutibile dato il contesto sociale di quel momento.

Matthew Rhys, una scelta azzeccata.

Ottima la scelta del protagonista. Si dice che avrebbe dovuto essere Robert Downy Jr, che produce la serie insieme alla moglie. Ma alla fine preferiamo Matthew Rhys (The Americans), più sciupato e meno divo, più vero. Ottimo tutto il cast di contorno, fra infinte facce note, Juliet Rylance è Della, Chris Chalk è Paul Drake. Lily Taylor e Tatiana Maslany sono le due "donne di chiesa".

L'atmosfera è fortemente debitrice ai romanzi di Raymond Chandler con una curata ricostruzione dell'ambiente, in mezzo alla corruzione dei potenti, la disperazione dei poveracci, il moralismo ipocrita e morboso di un'opinione pubblica manovrata ad arte per distrarla da ben altre tragedie. Ricorda però i lavori di James Ellroy anche, perché più morbosa sul versante noir. Costumi e fotografia si impongono all'attenzione e la splendida colonna sonora di Terence Blanchard a tratti lascia echeggiare le note del tema originale della serie.

Così Perry Mason si segue con interesse, perché l'indagine è appassionante e l'ambientazione ben resa. Inizialmente lasciava perplessi l'aver voluto cucire una storia come questa su un personaggio quasi cristallizzato, qui così poco borghese rispetto al ritratto consueto, così stravolto e nichilista, così disilluso e autodistruttivo.

All'inizio il protagonista avrebbe potuto essere un qualunque investigatore spiantato in crisi, nei tristi tempi della depressione economica e del crollo morale, ma certo l'operazione avrebbe suscitato meno interesse, senza il ricorso a un nome così famoso.

Se gli scalini del Municipio di L. A. potessero parlare.

Che qui parte da una posizione di drop out, paladino della giustizia in mezzo ai corrotti e malvagi cui regolarmente soccombe, spesso ubriaco fradicio per dimenticare i suoi fallimenti privati e pubblici, con una relazione con una ricca e viziosa messicana più grande di lui (un personaggio insolito, interessante, affidato all'attrice Veronica Falcon). Riconosciamo però che la progressiva metamorfosi è motivata e ben sviluppata.

Se in tutta la serie, come già dicevamo, aleggiano gli spiriti di Chandler ed Ellroy, non dimentichiamo il Roman Polanski di Chinatown e il suo sconfitto investigatore Gittes, specie nel finale, in cui la dea Giustizia sotto la benda continuerà ad avere i suoi occhi putridi e bruciati, come scriveva Edgar Lee Masters.

Ma bisogna rassegnarsi, farsi bastare che elementi sparsi contribuiscano a un parziale risarcimento, con quell'amarezza che deriva dal sapere che anche poco è meglio di nulla e che non bisogna mai arrendersi.

La conclusione ci consegna così un protagonista avviato a diventare quello che avevamo conosciuto nei trattamenti più classici.