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Severed Steel, la recensione

L'FPS acrobatico arriva anche su console.

Uscito ormai da quasi un anno su PC, Severed Steel arriva ora su console per deliziare tutti quelli che hanno apprezzato titoli come Mirror's Edge o, più recentemente, Ghostrunner, e anche un po' il mai troppo lodato SuperHOT. Stiamo parlando infatti di un FPS ipercinetico nel quale chi si ferma è perduto, anzi è definitivamente morto. Se pensavate che gli ultimi Doom fossero frenetici sappiate che in confronto al gioco di Greylock Studio sono paragonabili ad una moderata corsetta nel parco.

Ne è protagonista Steel, un'assassina implacabile nonostante sia provvista di un solo braccio (Severed infatti significa “recisa”). L'agilità e la precisione sono le sue armi letali, che dovranno diventare anche le vostre se vorrete sopravvivere. Purtroppo, la sua presenza non viene supportata da una presentazione degna di nota e anche la trama in Severed Steel è ridotta ai minimi termini, raccontata attraverso scarne schermate in stile fumetto e senza alcuna cutscene. La sostanza è semplice: Steel vuole vendicarsi dei responsabili della sua mutilazione e per farlo dovrà partire dai bassifondi in cui si è risvegliata per salire verso la cima del grattacielo, facendo fuori tutto ciò che si muove.

Verrete gettati nella mischia attraverso una manciata di stage di allenamento atti come al solito ad introdurre progressivamente le singole meccaniche di gioco. Il sistema di controllo inizialmente non è proprio amichevole e la sensazione di fare le cose un po' a caso è potente. Giustamente, aggiungiamo noi, perché nonostante il tutorial iniziale sia esplicativo seppur non particolarmente generoso, una volta entrati nel vivo dell'azione si avverte quello che ci piace chiamare “panico da esame finale”, che si materializza nella sparizione pressoché totale di tutte le nozioni studiate e ripassate. Non preoccupatevi, è normale. Fa parte del gioco, così come l'accorgersi che con la pratica tutte le tecniche che pensavamo volatilizzate sono state invece assorbite dalla nostra memoria muscolare.

La difficoltà media di Severed Steel è abbastanza alta quindi partite da un livello non troppo alto o il fattore “trial & error” sarà fin troppo invasivo.

Le ambientazioni sembrano labirintici livelli VR, con piattaforme e muri su cui arrampicarsi, passare di lato, sopra, sotto o dovunque vediate uno spiraglio. Per quanto piccoli nelle dimensioni, i campi di battaglia sono abbastanza articolati e per ottenere i risultati migliori dovrete impararne velocemente la morfologia. Salto, doppio salto, scatto e scivolata dovranno diventare il vostro pane quotidiano ma tenendo sempre ben ferma la mira e senza sperare di ricordare i pattern di attacco dei vostri avversari.

Sì, perché ogni volta che morirete questi si resetteranno e verranno riproposti in maniera leggermente diversa dalla precedente. Fortuna che dalla vostra parte avete anche il bullet-time. Non avrete mica pensato che potesse esistere un titolo di questo tipo senza la possibilità di rallentare il tempo. Purtroppo il suo utilizzo è limitato rispetto a quello che avremmo voluto. Niente Matrix o Max Payne quindi, solo una manciata di secondi in cui la ridotta velocità vi concederà la possibilità di piazzare con maggiore precisione i proiettili.

In questo gioco non esistono pause e non si può neanche ricaricare. Quando rimarrete a secco dovrete abbandonare le armi (o in alternativa scagliarle contro i nemici) e recuperarne di nuove da terra o dalle fredde dita di un cadavere. Se avete dato un'occhiata all'artwork della protagonista del gioco vi sarete accorti che con la mano buona stringe una pistola, mentre al posto dell'altro braccio ha una sorta di cannone alla Megaman. Ne verrete in possesso dopo circa 1/3 di gioco ma non potrete disporne a piacimento. È in grado di polverizzare interi muri e spazzare via schiere di nemici; quindi, per ovvi motivi il suo uso è stato limitato rispetto alle armi tradizionali.

Avete terminato i proiettili o siete troppo vicini ad un nemico? No problem, si può risolvere il tutto con un bel calcione opportunamente piazzato.

Esteticamente Severed Steel funziona anche se lo stile grafico scelto aiuta ad “ingannare” la percezione del giocatore. L'alternanza di colori scuri e lampi fluo nascondono efficacemente una modellazione poligonale non particolarmente ricca. I 60 FPS garantiti anche dalla versione console rendono le partite fluide e soddisfacenti, sebbene qualche piccolo tentennamento sia percepibile quando le cose si fanno particolarmente caotiche.

Sappiamo tutti che i Voxel sono dei veri e propri fagocitatori di risorse e anche in questo caso la loro presenza, abbinata ad effetti particellari e repentini cambi di direzione, possono dare vita a sporadiche incertezze dell'engine di gioco. Nulla che metta a repentaglio la giocabilità, che rimane sempre su ottimi livelli grazie anche ad un alto tasso di distruggibilità degli stage, che bilancia la loro non vastissima estensione con la possibilità di “aprire” nuove soluzioni per portarli a termine.

Come spesso accade, questo particolare sotto-genere di FPS offre un impatto discretamente duro al giocatore occasionale. Richiede un po' di pazienza ma basterà un singolo headshot per dare quella scarica di adrenalina che vi convincerà a non mollare più il controller fino alla fine del gioco. Fine che purtroppo arriverà piuttosto velocemente dato che per portare a termine Severed Steel vi saranno sufficienti circa 2 ore.

L'ipnotica colonna sonora elettronica di Severed Steel si installerà nelle vostre orecchie per rimanerci un bel po' di tempo.

Il divertimento finisce proprio quando si iniziano a fare i veri numeri e le uniche cose che potrebbero convincervi a fare una seconda run è un livello di difficoltà più alto e una modalità extra che praticamente ricicla i livelli della campagna aggiungendo degli obiettivi alternativi. Su console, tra l’altro, non è presente l'editor della versione PC, sostituito da una selezione dei livelli creati dagli utenti.

Forse un po' poco per i 20 Euro richiesti ma ricordiamoci sempre che questa è una produzione a dir poco indipendente, che ci auguriamo essere solo l'inizio di qualcosa di più grande ed articolato.

6 / 10