Skip to main content
Se clicchi sul link ed completi l'acquisto potremmo ricevere una commissione. Leggi la nostra policy editoriale.

Project Dust

Eric Chahi ci parla della sua prossima creazione.

Eurogamer Ti pongo una domanda che avrei voluti farti 12 anni fa: perché ci hai messo così tanto a svilupparlo? C’è chi parla di 5 anni di sviluppo, altri addirittura di 7…
Eric Chahi

Lo abbiamo sviluppato tutto in casa, e non mi riferisco solo al gioco ma anche alla tecnologia alle sue spalle, prima fra tutte quella delle animazioni. Purtroppo siamo andati un po’ lunghi e ci siamo trovati a metà di un guado generazionale: avevamo iniziato a programmare il gioco per MS-DOS ma nel frattempo era arrivato Windows, cosa che ci ha costretto a ricominciare tutto daccapo.

Indubbiamente c’è stato comunque uno sbilanciamento tra il lato grafico e quello della programmazione, col primo senz’altro migliore rispetto al secondo. Diciamo che con una migliore organizzazione si sarebbero potuti mantenere i tempi di sviluppo entro i tre anni, contro i cinque e mezzo che alla fine si sono rivelati necessari.

Eurogamer Sei uno dei pochi game designer ancora attivi che possa fare dei paralleli tra due epoche diverse: cosa ne pensi dell’industria dei videogiochi che hai ritrovato al tuo rientro? Meglio oggi o com’era un tempo?
Eric Chahi

L’industry che ho trovato oggi è senz’altro migliore di quella che ho lasciato, così come credo che quella che ho lasciato nel 2000 sia stata la peggiore. Non c’erano i giochi scaricabili, quindi si doveva necessariamente passare attraverso la distribuzione di prodotti fisici e scatolati, commercializzati dai grandi distributori. Questa politica comportava grandi limiti in termini di sviluppo e di creatività, perché i giochi dovevano raggiungere una massa critica di venduto piuttosto alta per tenere in piedi il sistema.

Eric Chahi: dalla old-school alla next-gen.

Anche oggi i prodotti tradizionali devono sottostare a questo circolo vizioso, ma dal 2005 in poi la scena indie si è costantemente sviluppata al punto da rendere possibile la produzione di prodotti di nicchia, venduti attraverso il digital delivery, che permettono di aggirare i problemi di cui sopra. Ciò consente di lavorare con team ridotti e una maggior libertà creativa. Questo credo sia il miglior periodo possibile per creare videogiochi.

Eurogamer Alcuni dei game designer coi quali hai iniziato la tua carriera si sono persi per strada, altri sono diventati delle star. Quando ti guardi allo specchio, come ti consideri in rapporto a loro? Ti sei ritagliato un ruolo quasi da indipendente, con un team di 17 persone e un gioco in digital delivery in arrivo, sebbene con un colosso come Ubisoft alle spalle. Non ti senti pronto per ritentare l’avventura con una grande produzione?
Eric Chahi

La mia unica preoccupazione è la creazione e l’innovazione. Ubisoft ha deciso di sostenerci nello sviluppo di Project Dust, è vero, ma mi considero intimamente come un indie. Non riuscirei a immaginarmi al lavoro su un gioco come Assassin’s Creed, con centinaia di persone impegnate nel suo sviluppo. Credo che in meno si lavora a un gioco e meglio è.

Eurogamer Al momento stai mantenendo un grande mistero attorno a Project Dust. Cosa puoi dire di questo gioco in più ai nostri lettori, che non quel video mostrato durante la presentazione della line-up di Ubisoft?
Eric Chahi

(segue una lunga pausa) Project Dust è un gioco che parla dell’ambivalenza della natura, che spesso noi cerchiamo di contestualizzare e quasi umanizzare, ma che in realtà è cieca nell’applicazione dei suoi meccanismi. Il giocatore avrà però modo di plasmare il mondo, adattandosi a ciò che lo circonda. Questo lo porterà a sentirsi in qualche modo un eroe, ma anche a considerare l'ambiente come suo, perché in parte lo avrà plasmato a suo piacimento.

Eurogamer Ultima domanda: qual è il prossimo passo?
Eric Chahi

Ad agosto mostreremo qualcosa in più alla GDC di Colonia: sarà una presentazione tecnica, ma senz’altro verrà svelato qualcosa in più del gioco.

Con questo, cari Eurogamers, si è chiusa un’intervista interessante forse più a livello umano che non informativo. Ne usciamo infatti sapendo di Project Dust ancora poco, ma ricordandoci che dietro a un videogioco vi sono pur sempre delle persone, coi loro successi e coi loro fallimenti. Eric Chahi ha avuto modo di leccarsi le ferite per lungo tempo ma ora è pronto e rientrare in campo con un progetto che si è ritagliato addosso per budget e ambizione: come sempre il segreto non è non cadere mai, ma sapersi rialzare.