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Earthbound Beginnings (Mother) compie trent'anni! - speciale

Il dolce racconto di Shigesato Itoi, tra alieni e distopie.

27 luglio, Mother compie trent'anni; a distanza di un mese esatto segue il venticinquesimo di Earthbound, ovvero Mother 2, uscito nel 1994. Primo su NES, secondo su SNES. Capolavori che meritano quest'appellativo senza giri di parole. Con questo giudizio assoluto sento di poter omaggiare il lavoro di Shigesato Itoi, concedendomi tra l'altro qualche momento per presentare un designer che - ormai - è in Giappone il simbolo di ciò che significa agire da blogger, copywriter e saper parlare al proprio pubblico (quasi) quotidianamente.

Itoi gestisce una pagina a suo nome, dal 1997, in cui intervista altri artisti e diffonde ottimismo, o "good vibes": un po' l'infrastruttura tematica dei suoi videogiochi. Dalla sua esperienza in questo campo ha tratto più di un libro, bazzicando già l'editoria per aver collaborato con Haruki Murakami per la raccolta di racconti Let's Meet in a Dream. Con la compagnia Ape, attuale Creatures Incorporated, socia di Nintendo e affiliata con Pokémon Company, ha prodotto due videogiochi con elementi RPG dedicati al Monopoly.

I primi passi di Ninten. La grafica di Mother risente degli anni, così come il game design labirintico e fitto di incontri casuali.

Sempre due decenni or sono, con edizione definitiva su Nintendo 64, ha pubblicato un videogioco dedicato alla pesca... per spigola: Itoi Shigesato No Bass Tsuri No. 1. Un gioco di buon successo, in Giappone chiaramente, come può immaginare chiunque abbia provato questo genere di titoli sportivi. Gusti molto specifici, per una personalità che sembra vivere di quotidianità. Tra i suoi ruoli "fuori-campo", il doppiaggio del padre di Satsuki, nel "Mio vicino Totoro".

Un designer che non è più un designer, dato che a dire il vero da anni gestisce i contorni di prodotti molto più ambiziosi (Super Smash Bros) e che sembra più che soddisfatto di ciò che ha regalato all'industry, contento di vivere alla periferia del boato videoludico. Qualcosa di molto diverso rispetto a ciò a cui ci hanno abituato designer inventivi del suo calibro come Hideo Kojima e Yoko Taro, quasi identificati col proprio lavoro. Mother 3 risale al 2003, e più volte - per etica professionale - l'autore ha ribadito che non ci sarà un seguito.

Raccontare l'epico miscuglio di Urban Fantasy e Weird che è quest'avventura ci porterà lontano, e per farlo dovremo parlare inevitabilmente di tutti e tre i titoli contemporaneamente, perché il filo creativo che li unisce è lo stesso. Basti pensare che per cominciare è d'obbligo citare i Beatles. 'Mother' è infatti un riferimento all'omonima canzone di John Lennon: "Goodbye, goodbye, mama don't go, daddy come home", e qualcuno ricorderà il sottomarino giallo in Mother 2. Un riferimento non casuale, perché su queste parole sembra tessuta la trama, apparentemente lontanissima dal testo per via del setting a tratti fantascientifico.

Mother 2 permetteva, tramite l'uso di telefoni, di interagire con parenti distanti per chiedere soldi, ordinare pizze per recuperare HP e ricevere strani artefatti inutili.

Giygas, alieno cresciuto da due umani, è costretto a ribellarsi ai suoi genitori adottivi per tutelare il segreto dei propri poteri psichici, scoperti e sperimentati - in un atto percepito come un tradimento - dal padre George. L'umanità "acquisita" durante l'infanzia viene quindi persa, per via di un distacco forzato dalle persone amate. La trasformazione della creatura in un terribile conquistatore, capace di portare il male e la pazzia in tutte le creature viventi, è dolorosa e solitaria. Ninten (nipote della coppia che ha accudito l'alieno) dovrà fermarlo con l'immancabile party di amici, facendosi strada oltre schiere di robot impazziti e Starmen, a colpi di poteri ESP, mazze da baseball e padellate, con sporadiche comparse di spade, missili portatili e pistole laser.

Curioso che per fermare Giygas sarà necessario rievocarne i ricordi sopiti, d'amore e felicità. Almeno fino al suo ritorno, nel sequel, sotto forma di misterioso feto cosmico, ispirato al ricordo confuso di Itoi della scena di un vecchio film del 1957. Deriva e incarnazione del male, della rabbia e dell'odio diffuso in società. In questo caso per far fronte alla minaccia si dovrà pregare, fare squadra, credere nel bene al di là di tutto.

Buoni sentimenti a go-go quindi, è vero, ma non senza una riflessione sulla vera follia che tocca gli umani: sette religiose, mode, capitalismo esasperato, multinazionali assetate di potere e indifferenti ai problemi ecologici, figure egocentriche in cerca di fama... addirittura poliziotti capaci di abusare del proprio ruolo, di minori e incapaci di fermare il proliferare di gang e bullismo. Maturità evidente anche da alcune scene, come la maturazione del co-protagonista Poo in Mother 2, che in una scena angosciante viene mentalmente smembrato, per poi ricomporsi come un ragazzo più maturo e "intero".

Magicant come è resa in Super Smash Bros.

Da contrappunto allegro, invece, buffi animali parlanti, come i Mr. Saturn (simpatici ostacoli mobili in Smash Bros), e viaggi nella cultura di massa: dalle leggende metropolitane, come Loch Ness, ai luoghi più riconoscibili del nostro mondo, come Stonhenge e le Piramidi. Tutto il resto? È l'America come è vista dai Giapponesi, l'occidente intero come è filtrato dal cinema e dalle band. Non a caso: enorme il successo di Mother 2 in USA, dove l'adattamento a opera di Marcus Lindbloom ha portato a qualche modifica grafica e al rimaneggiamento di qualche dialogo, quasi sempre con buon gusto, altre volte per far fronte a possibili cause legali.

Altri tocchi di gusto: l'atmosfera agrodolce, fatta di spedizioni dal sapore di Storia Infinita nella città onirica di Magicant; l'umorismo nel combattere un Hippie o l'orologio di Dalì, curandosi con hamburger e altro junk food; il viaggio al centro del mondo, con dinosauri e altre meraviglie da terra cava. A questi fuochi d'artificio, di colori e scenari ispirati, col proseguire della saga c'è anche spazio per la tragedia e la crescita dei personaggi, in un Mother 3 fatto di perdita , lacrime e amicizie impossibili e assurde.

L'esempio più emozionante è forse la relazione tra Ness, protagonista di Mother 2, e il bulletto Porky, suo vicino di casa costretto a vivere per millenni, tramutandosi poi in un dittatore distopico dedito al culto ossessivo del proprio amico/rivale. Per non parlare della straziante ricerca di Lucas, separato dal proprio fratello gemello, che è il leit-motive di quest'ultimo capitolo. Purtroppo, proprio Mother 3 aspetta da anni una localizzazione occidentale (su Virtual Console), sulla quale Reggie (Ex presidente di Nintendo America) ha scherzato più e più volte, con noto siparietto comico/troll alla conferenza E3 2014.

E3 2014: Reggie è pronto a dar fuoco a un fan di Mother 3.

Ludicamente, i Mother mostrano un'evoluzione netta, ma restano ancorati alla struttura di quegli anni. Da un confusionario e labirintico primo capitolo, figlio di Dragon Quest e oggi difficilmente giocabile, si giunge a un secondo titolo orientato all'interazione con lo scenario, con nemici visivamente identificabili già in mappa (senza random encounter), e pieno di oggetti da utilizzare. Il sistema di gestione degli HP è ancora oggi particolare: si può fermare la perdita di energia curando in fretta il danno, tramutando così un colpo letale in una bazzecola. Si giunge infine a Mother 3, che intreccia le colonne sonore dai tempi bizzarri al sistema di combattimento ritmico, fatto di combo concatenate premendo il pulsante d'attacco al tempo giusto.

A divertire, oltre a una storia così sentita ed evidentemente personale dietro, con una forte visione estetica, tutta una serie di espedienti meta. La presenza di "Oggetti Inutili", frecciatina all'impulso che si ha negli RPG di raccogliere quanto più possibile. Un costruttore di Dungeon, con conseguenti livelli-parodia del genere. Un signor fotografo che ci interrompe durante il corso dell'avventura. Un monte col nome del suo creatore (Mt. Itoi, lontano parente del Mt. Whatever di Drakengard 3). Un mix di satira videoludica, con tanto di stravolgimento di archetipi: famoso il caso dell'aiutante magico - Buzz Buzz, un'ape dal futuro - calpestata prima ancora che cominci l'azione.

Parlare di una pietra miliare nella storia dei JRPG come Mother significa quindi aprire il vaso di Pandora della cultura Pop, sguinzagliarne i mostri all'interno per finire nelle loro fauci postmoderne e - più confusi di prima - provare una strana e malinconica felicità: abbiamo sperimentato le possibilità citazioniste offerte da un videogioco; armati di ironia abbiamo visto la nostra società denudata; l'abbiamo sfidata, compresa forse un po' di più, e infine abbiamo forse imparato a distinguere ciò che è umano da ciò che è alienazione.

Mother 3 doveva uscire per Nintendo 64, ma con pesanti rimaneggiamenti uscì invece per Game Boy Advance.

La colonna sonora è un mondo a parte, di theremin e campionature di ogni opera immaginabile (dai Monty Python ai Beach Boys). Mother ci regalava le delicatissime otto melodie, da ritrovare come ninnananna da cantare a Giygas. L'OST di Mother 2 apre con un 'burp', ma presenta al suo interno i blues dei Runaway Five, personaggi basati sui Blues Brothers. Da notare i brani di Keiichi Suzuki, tra Santana e gli Enigma. Mother 3 prende a piene mani dalla musica classica, nascondendola all'interno di motivi industriali, marce militari e battle theme funky.

Oggi è possibile avere un'idea dell'ambientazione dell'IP tra una battaglia e l'altra di Smash, con le ottime rese 3D di Onett, Fourside, New Pork City e Magicant. I Remix musicali, gli sticker e quant'altro offerti dal noto picchiaduro sono emblematici della sagacia e della vitalità che permea quest'epopea di ragazzini in lotta contro gli alieni, in una sorta di distillato - puro, non nostalgico - di quello che sono stati gli anni '90.

Mother può essere giocato su Wii U; Mother 2 su Snes Mini, 3DS e Wii U. Di Mother 3 (originariamente per GBA), si aspettano come sempre notizie, fermo restando che gli eredi spirituali (da Homestuck ad Undertale) sanno farsi sentire. Questa saga riesce a raccontare una storia semplice, d'amicizia e affetto, che si può credere di aver sentito fino alla nausea; eppure lo fa senza nascondersi dietro allegorie e retoriche viste e straviste, cogliendo lo spirito di quegli anni. Lo fa con battute assurde, senza alcuno sforzo di sembrare un gioco più intelligente e profondo di altri, e con l'umiltà di Shigesato Itoi.