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Il concetto di 'intelligenza' nell'IA dei videogiochi - articolo

"Spiegare il concetto di intelligenza è ostico per un semplice fatto: saremmo noi umani a formulare quella definizione."

In genere, tendiamo a concepire gli spazi reali e virtuali come due mondi radicalmente differenti. Eppure, quando assistiamo alla spettacolare sezione del 'Tentacolo Alieno' di Dead Space, non possiamo fare a meno di vederci il tentacolo di un polpo. Al di là del suo aspetto bizzarro, l'elemento più interessante è ciò che hanno in comune quelle animazioni e le connessioni neurali. Dal momento che i tentacoli dei polpi sono così flessibili, la sfida da superare deve essere davvero impegnativa. Come si fa a muovere un tentacolo in determinate coordinate x, y e z con un certo orientamento se esso può assumere una qualsiasi di infinite posizioni? Come può un tentacolo reale replicare le gesta della sua antitesi virtuale e afferrare un oggetto che potrebbe essere in qualunque punto della stanza?

L'ex-sviluppatore di Dead Space e attuale senior core engineer di Sledgehammer Games, Michael Davis, ci ha illustrato la soluzione adottata per la versione digitale. Il tentacolo è stato costruito sulla base di un cosiddetto 'scheletro di animazione' (una serie di ossa virtuali da modellare tramite animazioni e righe di codice in modo da dare loro la forma desiderata). A questo punto viene posizionato un trigger box (uno script utilizzato per avviare la sequenza) in tutta l'ampiezza del livello in cui Isaac deve essere afferrato e viene inserita un'animazione progettata specificamente per occupare il centro della scena. Infine, per armonizzare le animazioni con il giocatore, vengono eseguiti dei calcoli cinematici inversi per collegare l'ultimo osso del tentacolo alla caviglia di Isaac mentre le animazioni vengono mescolate per apparire naturali.

Il polpo, al contrario, restringe ogni infinito grado di libertà delle sue braccia flessibili a sole tre possibilità. Due gradi (x e y) nella direzione del tentacolo e un grado (la velocità) nella prevedibile direzione in cui si muoverà. Incredibilmente, per semplificare l'operazione di recupero, il polpo trasforma il suo arto in un'articolazione virtualmente simile a quella dell'uomo, propagando contemporaneamente l'attività neurale dal suo "polso" (sull'oggetto) e dal cervello centrale, formando un "gomito" dove i due si incontrano (cioè esattamente dove deve essere per compiere l'azione).

Cosa c'è di 'entusiasmante' in questo parallelismo? Semplice! Il tentacolo del polpo, in tale situazione, presenta l'equivalente naturale di un'animazione predeterminata. In breve, delega l'onere del movimento al corpo in modo da non farlo gravare sul cervello centrale che non fosse in grado di rispondere adeguatamente. Similmente, il tentacolo alieno del gioco fa affidamento sullo scheletro di animazioni per comportarsi come un braccio umano ma presenta anche delle animazioni predeterminate proprio come il polpo reale. Entrambi seguono l'oggetto e mescolano le animazioni solo all'ultimo momento delegando il movimento al 'corpo' dell'animazione e al 'comportamento' previsto dallo script.

Questo discorso, inoltre, non è limitato solo a queste appendici. Un mondo virtuale che deve essere codificato e la natura che deve codificare e navigare nel mondo reale si basano entrambi, fondamentalmente, sulla semplificazione.

Vedere la natura alle prese con la fisica è sempre entusiasmante!

L'unico campione di Go ad aver battuto la IA di Google AlphaGo, si è recentemente ritirato dichiarando che l'algoritmo, semplicemente, 'non può essere sconfitto'. Eppure, secondo i ricercatori, anche la più potente rete neurale del mondo condivide l'intelligenza di un'ape, al massimo. Come districare queste affermazioni? Se dovessimo scommettere, diremmo che se c'è qualcuno che è scettico sui potenziali pericoli dell'IA, sono proprio i videogiocatori: noi ci divertiamo a distruggere l'intelligenza artificiale nel nostro tempo libero! Nessun articolo giornalistico su come l'umanità sia stata portata sulla Terra solo per ricreare la vera immagine di Dio grazie all'IA ci potrebbe convincere del contrario.

Ad ogni modo, negare le prospettive di crescita dell'Intelligenza Artificiale, ora o in qualsiasi altro momento, sarebbe assolutamente insensato. Dal 2011 ad oggi abbiamo assistito a veri e propri passi da gigante nel campo del deep learning che si sono tradotti in tecniche di riconoscimento audiovisivo ben oltre le capacità umane. Tali avanzamenti tecnologici si manifestano lentamente, giorno dopo giorno ma le applicazioni potenziali sono letteralmente infinite. L'IA può riscoprire le leggi della fisica, rivelare quali opere sono realmente attribuibili a Shakespeare, and o predire con relativa precisione il giorno della nostra morte. Come branca del machine learning, le reti neurali di deep learning possono essere addestrate su set di dati fino a quando non riducono sufficientemente i loro errori da poter generalizzare accuratamente ciò che hanno appreso. Con strati di "nodi" vagamente analoghi ai nostri neuroni, questi algoritmi sono strumenti potenti e, fondamentalmente, "intelligenti". Essi impiegano un incredibile quantità di pattern differenti per accomunare i dati a loro disposizione in modo simile all'apprendimento semantico (anche se, in questo caso, è necessario l'aiuto umano).

In effetti, nel campo dei videogiochi, abbiamo assistito al drammatico risultato della lotta tra uomo e macchina che, apparentemente, è stata persa sul campo di battaglia del Go. Quest'ultimo è una versione maggiormente basata sulla matematica del gioco degli scacchi e, nel 2015, l'IA AlphaGo di Google ha messo in mostra dei guizzi 'creativi' nella risoluzione delle partite. Come se non bastasse, l'IA AlphaStar del programma Deepmind è riuscita a salire al rank di Grandmaster in Starcraft II, dimostrandosi capace di battere il 99.8% degli avversari umani. Lo ripetiamo, non è necessariamente un dato impressionante ma è sufficientemente interessante da tenere d'occhio. Se non altro, è l'assoluta e cieca competenza dell'Intelligenza Artificiale a renderla potenzialmente pericolosa. Non deve essere particolarmente intelligente o cosciente di quello che fa per superare l'uomo in piccole attività, per utilizzare complessi sistemi offensivi o armi letali oppure, ancora, per operare nel campo dei social media. Come sempre, scommettere contro il potenziale delle ricerche scientifiche non è mai una buona idea...

Dal nostro punto di vista, l'elemento più preoccupante delle discussioni circa l'IA è proprio quello che non viene considerato. Nonostante stiamo facendo di tutto per eliminare qualsiasi altra forma di vita sul pianeta, non siamo ancora soli in una stanza con l'Intelligenza Artificiale. L'IA viene spesso considerata come la nostra unica opportunità di incontrare qualcosa di simile a noi stessi ma la teoria evoluzionistica ha già dimostrato che l'intero regno animale fa parte dello stesso albero genealogico. Negli animali possiamo trovare tutto ciò che siamo. Gli elementi per capire il mondo sono conservati negli esseri viventi che ci circondano: niente si è semplicemente materializzato negli umani all'improvviso.

Definire il concetto di intelligenza è ostico per un semplice fatto: saremmo noi umani a formulare la definizione. Parlando del tentativo di DeepMind e OpenAI di raggiungere la cosiddetta Artificial General Intelligence (AGI), Jerome Pesenti, il VP del settore Intelligenza Artificiale di Facebook, ha affermato che non è 'corretto' paragonare l'AGI all'intelligenza umana perché quest'ultima 'non è molto generica'. Ne siamo innamorati in quanto fattore di differenziazione con gli altri esseri viventi ma, sotto molti punti di vista, essa può essere battuta. Se l'intelligenza venisse definita dall'elaborazione delle informazioni e dalla velocità di questo processo, i piccioni sarebbero decisamente superiori agli umani. E per quanto riguarda la velocità di apprendimento? I neonati umani vengono battuti dalle api, dai piccioni, dai ratti e dai conigli. Come si fa a condurre un test ecologicamente neutrale tra un neonato e un'ape? Spesso non è possibile tranne, forse, per i test visivi.

Il punto focale di questa elucubrazione, comunque, è che non si possono definire i tratti umani specifici come 'intelligenti' e trascurare il resto del regno animale. Tutti i comportamenti che hanno portato alla sopravvivenza di una determinata specie devono essere considerati 'intelligenti' in qualche modo perché si sono dimostrati efficaci nel raggiungimento di un obiettivo. Anche la percezione comune sulle linee evolutive si è dimostrata imprecisa (tutti ci siamo evoluti allo stesso modo sulla Terra, a parte *inserire nome di un politico qui*) e lo stesso si può dire per il concetto stesso di intelligenza. Il termine 'intelligenza', quindi, è solo una sintesi approssimativa della complessità degli obiettivi raggiunti da parte di un agente naturale/virtuale ma riassume anche le soluzioni evolutive nel comportamento e nei corpi. Anche se definissimo l'intelligenza sulla base di quante informazioni preliminari sono necessarie per l'acquisizione di una nuova abilità , fino a che punto sono coinvolti i nostri corpi e comportamenti? Siamo tutti incredibilmente consci di ciò che spinge cognitivamente un essere umano ma sappiamo perfettamente cosa questo significhi per la maggior parte degli altri animali sul pianeta? I cervelli piccoli molte volte devono solo trovare mezzi alternativi per raggiungere i loro obiettivi e spesso fanno affidamento sull'ambiente o sul corpo dell'animale per trovare una soluzione ai problemi. Pensiamo al cerchio perfetto formato dalle zampe di uno scorpione o di un ragno. Il rilevamento spaziale delle vibrazioni si riduce a quale zampa percepisce per prima le vibrazioni. Non è necessario alcun calcolo complesso.

Demis Hassabis (sulla sinistra), CEO e fondatore di DeepMind e Lee Sedol (sulla destra), campione di Go. Sedol è uno dei tanti giocatori professionisti battuti dalla IA. Nel mezzo trovate il più grande Post-it della storia. (Crediti dell'immagine: Deepmind)

Il punto cruciale di qualsiasi studio sull'intelligenza è la necessità di partire dalla base: invece di cercare un livello di comunicazione o di conteggio simile a quello degli umani nei delfini oppure la possibilità di utilizzare strumenti nelle api (analisi che non proverebbero alcunché), dobbiamo concentrare gli esperimenti per cercare di capire come fanno i delfini a comunicare tra loro nella vita di tutti i giorni. È essenziale scandagliare la cognizione animale per tentare di comprendere le radici evoluzionistiche di queste abilità in un modo ecologicamente valido.

Lo stesso discorso vale per l'Intelligenza Artificiale. Lo sviluppo degli algoritmi relativi al deep learning o al reinforcement learning si basa su un allenamento autonomo fondato su una rete che assomiglia molto ai neuroni umani ed è un fattore, questo, che potrà aiutarci molto a capire come funziona il nostro cervello. L'unico problema che persiste, al momento, è che le lacune nei dati che l'intelligenza artificiale elimina tramite Google o tramite l'analisi di dati scientifici sono effettivamente disposizioni imposte dalla società che inevitabilmente tenderanno l'IA contro le minoranze e le donne . È solo un altro modo in cui "l'uomo di riferimento" potrebbe ulteriormente affliggere la società. In aggiunta a questo, abbiamo anche robot bio-ispirati che, a forza di trovarsi in un ambiente ecologicamente valido e prendendo ispirazione biologica per i loro corpi, possono effettivamente far luce sui 'come' e i 'perché' del comportamento animale e, di conseguenza, del nostro.

Per quanto riguarda l'IA dei videogiochi, c'è da fare un discorso leggermente differente. Senza fare affidamento sugli ultimi ritrovati della ricerca sull'intelligenza artificiale, ciò che troviamo nei videogiochi è francamente affascinante, al punto da interessare risorse eccellenti come il canale YouTube AI and Games. Proprio come hanno dimostrato i numerosi reperti che ci circondano, gli sviluppatori spesso utilizzano le stesse strategie impiegate dall'evoluzione per implementare l'intelligenza nei piccoli cervelli degli animali. Tuttavia, il termine che meglio descrive l'IA dei videogiochi è stato coniato da Valentino Braitenberg nel suo 'Veichles, Experiments in Synthetic Psychology', pubblicato nel 1984. Le macchine di Braitenberg sono veicoli sperimentali (automobili, ad esempio) dotati di sensori ricettivi che rispondono agli stimoli modificando propria la traiettoria. Basta applicare un minimo cambiamento nella complessità della connessione tra i sensori e le ruote in un ambiente complesso con diversi stimoli e il vicolo apparirà, a tutti gli effetti, un essere intelligente e pensante. Il suo comportamento, infatti, risulta motivato, orientato al raggiungimento di un obiettivo, dinamico e soggetto a cambiamenti repentini. Eppure, al di là di tutto, non c'è alcuna elaborazione del pensiero, nessun processo cognitivo o ragionamento: nulla. Ciò, almeno in parte, può darci un'idea del funzionamento dei comportamenti degli insetti dal cervello minuscolo presenti in natura. Se aggiungessimo a tali macchine ulteriori connessioni, potrebbero descrivere l'umanità e il concetto di coscienza? In aggiunta a questo, Heider e Simmel hanno condotto, nel 1944, un esperimento in cui hanno mostrato ad alcuni soggetti una semplice animazione geometrica ed hanno dimostrato che, in quanto animali sociali, la nostra inclinazione è quella di proiettare irrazionalmente i nostri comportamenti e le nostre intenzioni su oggetti che non condividono le nostre capacità. Il problema dell'IA, nel mondo del gaming, è stato già risolto per metà dalla nostra intelligenza sociale. Il sistema di emulazione di Braitenberg e il nostro cervello, in combinazione, producono un'illusione irresistibile.

I veicoli di Braitenberg: tramite una connessione incrociata si può modificare un'avversione verso la luce solare in un amore infinito. Eppure non c'è nessun cervello all'opera. (Crediti dell'immagine: Alexander Rybalov)

Ciò che abbiamo imparato ad amare dei giochi è, in natura di simulazioni gestite da un engine, essi sono spesso costretti a risolvere problemi scientifici partendo dalla radice. Qualunque sia la complessità del problema, l'intelligenza artificiale dei videogiochi ha enormi vantaggi rispetto a AlphaGo/Star e ai loro simili proprio perché ha a disposizione corpi e animazioni che si trovano in un ambiente virtuale. Nessun comportamento complesso naturale è mai emerso senza un corpo che interagisce con un ambiente, deve esserci sempre un'interazione cervello-corpo-ambiente. Essere situati in un ambiente con altri agenti cospicui (cioè della stessa specie) ha richiesto un comportamento sociale complesso che ha guidato sia l'evoluzione del cervello che l'intelligenza nei primati e negli uccelli (l'ipotesi dell'intelligenza sociale). Infatti, Anil Seth sostiene che la coscienza stessa è il risultato di corpi autosufficienti e sopravvissuti più che intelligenza in senso lato. A prescindere dalla preoccupazione popolare che un giorno il nostro telefono possa acquisire una propria consapevolezza, è difficile immaginare che un'intelligenza artificiale complessa ma senza forma e solitaria possa condividere la nostra sofferenza.

È facile essere negativi circa la mancanza di progressi nei sistemi di IA dedicati al gaming ma se diamo un'occhiata veloce ai titoli moderni, nonostante ci sia un bel po' di ritardo tra teoria e implementazione, possiamo renderci conto che sono stati fatti anche notevoli avanzamenti. Le macchine a stato finito (Finite State Machine o FSM), sono state create sulla base di una ricerca del 1955, molto prima di essere implementate in giochi popolari come Pac-Man o il più complesso Half-Life. Solo nel 2005 è stato introdotto il primo sistema di Pianificazione dell'Azione per il Raggiungimento di un Obiettivo (Goal-Oriented Action Planning o GOAP) in un gioco che presentava AI FSM: F.E.A.R.. Più di recente, invece, abbiamo assistito all'introduzione delle Macchine a Stato Finito con Gerarchie Potenziate (Hierarchical Finite State Machines o HFSM) in titoli come Wolfenstein: The New Order o DOOM; ai portentosi progressi nei comportamenti delle IA in giochi come Halo 2 ed Halo 3 e, infine, all'inclusione delle Reti di Attività Gerarchiche (Hierarchical Task Network o HTN) in Killzone 3 ed Horizon: Zero Dawn. Alcuni vecchi metodi per la realizzazione delle IA persistono ancora oggi grazie ai giochi della serie Batman: Arkham che utilizzano sistemi FSM o a Deus Ex: Human Revolution che si basa su GOAP. Non c'è un metodo che funzioni univocamente per tutti i titoli e ciò evidenzia ancora di più la complessità e la forza di questo medium.

Ogni nuovo gioco che viene sviluppato può rappresentare un'opportunità di scogitare nuove soluzioni a beneficio del design, anche rinunciando a utilizzare gli ultimi ritrovati nel campo delle HTN. Analizziamo, ad esempio, DOOM, titolo del 2016 che fa uso del vecchio sistema HFSM: con tutti i compromessi che esso comporta, è possibile notare anche una geniale inversione del sistema di coperture visto in RAGE. Invece di cercare una copertura, i nemici controllati dalla IA si muovono verso la posizione più aperta possibile in prossimità di una copertura in modo da massimizzare la visibilità e migliorare il ritmo del combattimento. Certamente, in questo caso non possiamo parlare di intelligenza tradizionale. I meccanismi di sopravvivenza standard sono stati ribaltati per creare degli agenti che corrono a perdifiato verso una morte certa. Non siamo di fronte ad un avanzamento nei sistemi di calcolo ma solo ad una gestione dei comportamenti adatta al tipo di gioco.

Questa IA è piena di RABBIA.

Quello legato ai videogiochi è il prossimo campo in cui le reti neurali si occuperanno di risolvere problemi che i giocatori umani non vogliono affrontare. Eppure, la volontà di creare agenti virtuali sulla base degli ultimi ritrovati nel campo delle IA non c'è ancora. La vera domanda, in effetti, è: “lo vorremmo davvero?”. I game designer, attualmente, sfruttano le proprie abilità per creare agenti con specifici comportamenti utili a ricoprire determinate attività in parti predeterminate dei giochi. Se facessimo, invece, completo affidamento sugli algoritmi del deep learning per creare questi agenti, ciò che otterremmo sarebbe una sorta di evoluzione guidata e la mano sapiente dei designer e degli artisti andrebbe perduta. Non siamo sicuri che tutto questo si possa considerare un “miglioramento” per l'industria del gaming.

D'altra parte, consideriamo la recente avventura testuale AI Dungeon 2 che utilizza i modelli di linguaggio di OpenAI per rispondere a qualsiasi input. Per quanto non sia perfetto, è davvero divertente pensare che uno dei generi videoludici più inflessibili di sempre abbia aperto le proprie porte ad un'infinita serie di variabili. In aggiunta a questo, bisogna considerare anche le infinite possibilità offerte dalle animazioni generate dal deep learning e dalle ambientazioni create tramite Intelligenza Artificiale. Magari, in futuro, potremo addirittura creare interi giochi tramite deep learning e la tossicità online potrebbe diventare solo un lontano ricordo. Per quanto riguarda i comportamenti, nonostante non sia possibile replicare soluzioni intelligentemente stupide come quella adottata per i demoni di DOOM, cosa succederebbe se riuscissimo a incanalare le tecniche di deep learning sui giusti percorsi? Avere un sistema di IA discreto che possa gestire i dialoghi in modo reattivo conservando la creatività degli sviluppatori sarebbe fantastico!

Semplici veicoli o meno, ci sono alcuni parallelismi meravigliosi e strabilianti nel modo in cui funzionano gli esseri umani e l' intelligenza artificiale. JJ Gibson, lo psicologo americano che ha aperto la strada alla psicologia ecologica, ha sostenuto che i nostri cervelli contengono "filtri abbinati", neuroni che sono sintonizzati su varie frequenze e risuonano con il nostro ambiente naturale estraendo direttamente informazioni dal mondo che ci circonda. Fondamentalmente, proprio come un prodotto Apple, abbiamo tutti delle porte proprietarie nelle quali l'ambiente in cui viviamo può essere facilmente inserito. Nonostante siamo in possesso dell'oggetto più complesso nell'universo conosciuto, semplicemente non abbiamo la potenza di elaborazione necessaria per generare un intero modello interno della realtà. Tuttavia, siamo in grado di riconoscere le parti in cui ci siamo evoluti. L'illusione ottica qui sotto vi farà percepire l'oggetto A più scuro di quello B solo perché il vostro cervello predice l'ombra proiettata da tali oggetti. Qual è il modo più facile di filtrare la realtà se non quello di proiettare le proprie aspettative?

'Le percezioni non sono altro che allucinazioni controllate. La realtà è l'allucinazione su cui tutti concordiamo.' - Anil Seth. (Crediti dell'immagine: Edward H. Adelson)

Quindi, per quanto la vita orientata al perseguimento di semplici obiettivi di un soldato del F.E.A.R. del 2005 potrebbe apparire profondamente diversa dalla nostra, anche essi sono stati costruiti da un designer per risuonare con l'ambiente che li circonda. Gli agenti di F.E.A.R. hanno piani brevi ma frequenti, con una media di meno di tre azioni che intendono eseguire. I fantasmi di Pac-Man, invece, hanno solo piani d'azione singoli. Capiamo bene che queste gerarchie di stringhe permettano agli agenti di compiere azioni più varie e veloci ma non possiamo fare a meno di notare una sorta di purezza nei personaggi di F.E.A.R. In un certo modo, essi sono simili ai nostri cervelli imperfetti perché entrambi abbiamo limiti legati alla memoria. L'ipotesi occhio-mente suggerisce che per noi non esiste un ritardo apprezzabile tra ciò che vediamo e l'azione che ne consegue. Acquisiamo informazioni quando ne abbiamo bisogno e riduciamo al minimo qualsiasi utilizzo della memoria. Quando camminiamo, fissiamo dei punti specifici davanti a noi per fornire al motore (i nostri piedi a contatto col suolo) le informazioni necessarie a procedere. Anche i test VR possono dimostrare la nostra abilità di processare informazioni "tempo reale". Animali, Intelligenza Artificiale e umani: siamo tutti agenti reattivi.

Consideriamo, ora, la triste esistenza di soldato di un F.E.A.R. Quest'ultimo non è altro che un'animazione che si muove secondo degli algoritmi per cui è impossibile vedere il mondo circostante, fatta accezione di un percorso predeterminato, di oggetti specifici e del giocatore. E per quanto riguarda noi umani? È incredibile pensare a quanto ciechi visivamente e cognitivamente siamo al di fuori delle nostre risonanze ecologiche nei confronti di tutto il mondo. A differenza di un semplice approccio FSM, il soldato è un veicolo flessibile di Braitenberg i cui sensori gli permettono di cambiare dinamicamente i proprio comportamenti senza alcuna transizione visibile. È interessante notare che ciò che sta percependo non comprende la luce o il calore e nemmeno i suoi compagni di squadra ma solo il concetto astratto ed euristico di "livello di minaccia". Questo fattore ci dà l'illusione che il soldato abbia un lieve istinto di autoconservazione mentre si sposta tra le coperture, schiva i colpi quando viene mirato o spara alla cieca quando viene colpito. In verità, non c'è nulla dietro gli occhi: solo sensori che guidano le ruote o, in questo caso, comportamenti flessibili. Si potrebbe obiettare che, grazie all'Intelligenza Artificiale, i personaggi potrebbero rilevare stimoli più naturali, ragionare in modo più fluido e apprendere dai propri errori ma, allo stesso tempo, è incredibile pensare a quanto sia efficace questa vecchia soluzione.

Non c'è niente da temere... se non la paura stessa!

Gli algoritmi che gestiscono efficientemente i percorsi degli NPC non sono molto diversi dal ragionamento delle formiche, sono solo meno complessi. Dato un set di coordinate, l'algoritmo A* ottimizza il percorso che condurrà all'obiettivo dividendo la differenza tra il percorso più breve e quello più a lungo termine per il più basso dei valori euristici (ad esempio quanto è lontano il prossimo percorso dall'obiettivo). Visto che gli esseri viventi non possono ricevere le coordinate dell'obiettivo direttamente da 'Dio', anche essi devono fare affidamento su semplici soluzioni euristiche per colmare questa lacuna. Le formiche utilizzano un pedometro interno e si basano sul sole per avere una sorta di bussola in modo da poter tornare al nido dopo essere uscite all'esterno. Viaggiare lontano dal nido incrementa la percentuale di insicurezza e, per questo motivo, si suppone che gli algoritmi legati all'esplorazione utilizzano valori euristici per valutare correttamente i vari metodi. Ciò significa che gli animali dal cervello piccolo non hanno bisogno di compiere 'calcoli complessi relativi alle probabilità'. Ad ogni modo, anche su una strada del tutto familiare che una formica ha usato per tutta la sua vita, se doveste raccoglierle quando sono all'ingresso del nido e spostarli dove normalmente sarebbero dirette, le vedreste congelare come uno xenomorfo di Alien: Colonial Marines. Con tutta la loro robustezza, come mai succede una cosa simile? Malgrado siano simili ai soldati di F.E.A.R., esse sono anche più rigidamente compartimentate nel modo in cui si approcciano ai loro obiettivi. Se teletrasportassimo attraverso la mappa un robot con la bandiera in qualsiasi gioco competitivo, non farebbe alcuna differenza per lui. In questo caso, straordinariamente, le formiche dimostrano quasi lo stesso tipo di inflessibilità dell'IA, come se fossero dotate di un'intelligenza FSM. Più semplicemente, non riescono ad accedere ai ricordi della vita all'esterno. .Pur dovendo fare molto meno, la semplice flessibilità dell'IA di gioco appare più intelligente. Con il beneficio delle cellule spaziali negli esseri umani, è improbabile che diventiamo così bloccati dal punto di vista della navigazione, ma la nostra esperienza di ricordi condizionati e stimolati non è così diversa dalle formiche bloccate. Grazie ai benefici forniti dalle cellule spaziali, noi umani non abbiamo di questi problemi legati alla navigazione. Eppure, anche la nostra esperienza è fortemente collegata alla nostra memoria e, di conseguenza, non siamo molto diversi dalle formiche.

Probabilmente, il più grande indizio della presenza di una sorta di 'individualità' nei personaggi dei videogiochi è la necessaria inclusione di un coordinatore/regista che regoli i comportamenti dell'IA. Questi meccanismi agiscono dietro le quinte sussurrando agli agenti come gestire le varie situazioni e reagire di conseguenza. Si tratta dell'illusoria natura di pièce teatrale dei videogiochi. Il trucco più impressionante impiegato da F.E.A.R. è quello relativo alla comunicazione tra i nemici. Malgrado siano completamente ciechi alla presenza dei propri compagni, i soldati compiono delle azioni mentre il 'coordinatore delle operazioni' pronuncia linee di dialogo che danno ulteriore credibilità all'azione stessa. In sostanza, il coordinatore suggerisce ai soldati le azioni da compiere mentre le compiono, in modo da creare una semplice ed efficace illusione di comunicazione. Horizon: Zero Dawn, invece, ha il cosiddetto 'collettivo' che gestisce la distribuzione della fauna meccanica nella natura. La cosa più interessante è che questi sistemi finiscono per sostituirsi ai sensi dei vari agenti. Il 'regista' di Alien Isolation, per esempio, elabora le informazioni sulla posizione degli utenti in modo da far apparire lo xeno nei punti giusti. È come se un veicolo di Braitenberg ricevesse segnali da un sistema onnipotente per migliorare le proprie reazioni agli avvenimenti che lo circondano. In questo caso, però, i comportamenti proverrebbero dall'etere e non dall'ambiente circostante. Ad ogni modo, la comunicazione indiretta in un collettivo non è completamente distaccata dalla realtà. Le api operaie, in particolare, riescono a determinare lo stato dell'alveare semplicemente osservando quanto tempo dovranno aspettare perché il loro carico sia ritirato dalle api immagazzinatrici. Si tratta di una grossa inefficienza: potrebbero anche scaricarlo da sole. Senza dover prendere consciamente delle decisioni, dunque, c'è una forza esterna a loro stesse che organizza il lavoro collettivo dell'alveare. Il comportamento è intelligente così che le api non debbano necessariamente esserlo.

Il comportamento è sinonimo di intelligenza. Che sia prodotto da un piccolo cervello o da uno più grande, non cambia poi molto. Le decisioni su quali saranno i prossimi passi nell'evoluzione delle IA per videogiochi dipenderanno esclusivamente dal controllo che si vorrà avere sulle opere. C'è una storia particolarmente affascinante che riguarda Quake 3 Arena. A quanto pare, un giocatore avrebbe lasciato un bot con Intelligenza Artificiale basata su rete neurale a combattere autonomamente per quattro anni e, al suo ritorno, avrebbe trovato una situazione di 'cessate il fuoco'. È affascinante per diverse ragioni. La prima, ovviamente, è che la storia è completamente falsa. La seconda è che la gente considera l'IA moderna sufficientemente avanzata da credere alla veridicità del racconto.

Probabilmente, il futuro delle IA per videogiochi è la presentazione. The Last of Us 2 adotterà un elaborato sistema che potenzierà l'illusione che gli NPC posseggano una reale intelligenza dando loro un nome proprio ed una personalità specifica per distinguerli l'uno dall'altro. Potremmo decidere di smettere di bruciarle con la lente virtuale o meno ma è sicuramente un buon passo avanti per le formiche del nostro passatempo preferito.