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PlayStation Network: il disastro d'immagine

Cronaca degli errori di comunicazione di Sony.

L'annuncio, ovviamente, ha fatto il giro del globo alla velocità della luce, catapultando il marchio PlayStation in prima pagina nei panni del primo e peggiore degli imputati sul banco dell'accusa. E che sia un'accusa meritata o meno, l'immagine che deriva da questa storia è quella di una multinazionale incapace di ammettere le proprie colpe al momento giusto, che non può più essere ritenuta affidabile nella gestione dei dati sensibili dell'utente, e, più di ogni altra cosa, che nel cuore di una crisi di proporzioni mai viste ha fallito nella comunicazione con la sua utenza.

Alla luce degli accadimenti di questi ultimi giorni, capirete come l'intera vicenda rischi di svilupparsi troppo in fretta per poter essere gestita tranquillamente da Sony. E mentre tra le mura del colosso del Sol Levante si cerca di pianificare la prossima mossa, esperti di sicurezza, agenzie di credito, banche, servizi di tutela del consumatore e, ovviamente, gli stessi consumatori, fanno fronte comune per raccontare ai media i rischi di una situazione il cui puzzle, a conti fatti, è ancora privo di parecchi tasselli.

Quando Sony si rese effettivamente conto che i dati personali della propria utenza erano stati compromessi? Se è vero che la compagnia, come più volte affermato, "considera la protezione delle informazioni una delle priorità principali", per quale motivo le tanto decantate "misure di sicurezza addizionali" non erano già al loro posto come promesso?

E in che cosa consistevano le misure originali? Questo nuovo fantomatico sistema di sicurezza attualmente in lavorazione sarà davvero migliore del precedente, o si dimostrerà poco più di una pezza messa per rassicurare i consumatori? Per quale motivo i dettagli personali degli utenti erano salvati in chiaro e quindi non criptati? In tutta questa storia va comunque sottolineato come, nonostante le numerose colpe, a recitare nel ruolo dei "cattivi" siano stati gli hacker, rei di aver privato milioni di giocatori del diritto di accedere al PSN, godendo dei relativi servizi e causando ferite ancora più profonde alla reputazione di Sony.

Una reputazione che in queste ore sembra siglare nuovi minimi storici: in molti stanno parlando della fase "Deepwater Horizon" della compagnia giapponese, trovando più di qualche aspetto in comune tra la scellerata politica di comunicazione di Sony e quella più sconsiderata di BP, in seguito all'esplosione di una piattaforma di trivellazione. In entrambi i casi, comunque, si parla di danni di immagine incalcolabili.

Per trovare anche il più minimo spunto positivo in questo incredibile fiasco di PlayStation e PSN, bisogna essere molto più che dei semplici ottimisti. Soprattutto quando tutte le risposte di Sony rilasciate ufficialmente sino a questo momento tradiscono una preoccupante miopia su come l'informazione o, allo stesso modo, la disinformazione, debba viaggiare e diffondersi nell'era del social network.

Affrontare il problema con supponenza, riducendo la comunicazione a una semplice conversazione unilaterale, può significare solo una cosa: Sony, per tutto questo tempo, non ha mai avuto l'effettivo controllo della situazione. E non riuscire nemmeno a preparare la propria utenza alla notizia shock del 26 aprile, dopo giorni passati su un'altalena di incertezze e perplessità, finisce per rendere ancora peggiore l'impatto di un tale annuncio.

Inutile dire che, alla luce di tutto questo, le ultime dichiarazioni della compagnia volte a chiarire le motivazioni di questa comunicazione parziale appaiano tardive. Né ci rincuora sapere che i nostri Trofei e le nostre liste amici saranno preservati.

E al di là dei ragguardevoli problemi tecnici, Sony si trova ora costretta a scalare un'autentica montagna se vuole riguadagnare quella fiducia nei suoi servizi online una volta che saranno tornati operativi. Questo processo potrà iniziare soltanto quando la compagnia inizierà a relazionarsi più apertamente e in maniera del tutto trasparente con i milioni di fan del marchio PlayStation, che ancora adesso si stanno domandando come tutto questo possa essere accaduto.