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Disney alla conquista di Facebook

L'acquisizione di Playdom e il mercato social.

Ora, quasi all'improvviso, ecco spuntare un "territorio inesplorato" del mondo videoludico capace di attrarre decine, se non centinaia di milioni di giocatori ogni giorno: il social gaming. Disney poteva forse perdere un treno simile? Certo che no o il rischio sarebbe stato quello di rimanere indietro per l'ennesima volta.

Alla luce del grosso investimento fatto da Electronic Arts per assicurarsi i servigi di Playfish, Disney non poteva dunque perdere tempo e l'unico modo per rispondere colpo su colpo alle mosse della concorrenza era quello di mettere mano al portafoglio. Nonostante le ottime premesse è tuttavia ancora presto per dire se l'investimento fatto da Disney darà i suoi frutti. Lanciarsi nell'universo del social gaming per evitare di restarne fuori in un secondo momento è senz'altro un ottimo primo passo, ma riuscire nel tentativo di riproporre con successo molte delle proprie IP non sarà certo una cosa facile.

Il punto è che allo stato attuale è impossibile prevedere l'eventuale successo di IP esistenti nel campo del social gaming. Istintivamente si potrebbe pensare che un titolo forte del logo Disney possa funzionare molto meglio di un prodotto sconosciuto, ma la realtà è molto più complessa.

Lo sviluppo di un social game è infatti differente da come lo si potrebbe intendere; i giochi vengono lanciati molto prima che abbiano anche solo le fattezze di un progetto finito e i giocatori, a cui viene dato libero accesso sin dal giorno del lancio, sono a tutti gli effetti i protagonisti inconsapevoli di una perenne fase di beta-testing su larga scala.

A questo punto sorge dunque una difficile domanda: un modello di sviluppo come questo può adattarsi al genere di IP di cui Disney dispone? Forse sì, ma ad oggi è lecito nutrire ancora qualche dubbio e i motivi sono tutt'altro che complessi. Se si osserva il processo di sviluppo di una qualsiasi IP di successo, è facile notare la "burocrazia", se così vogliamo chiamarla, legata ad ogni più piccolo cambiamento: prima di essere messe in pratica, eventuali le modifiche al progetto iniziale devono essere vagliate e approvate da una lunga lista di persone e questo, com'è facile intuire, rallenta lo sviluppo in maniera tutt'altro che marginale.

Se l'obiettivo di Disney è davvero quello di imporsi nel campo del social gaming, dovrà dunque necessariamente allinearsi con il "modus operandi" del settore ma, soprattutto, cambiare la propria cultura per ciò che concerne la gestione delle IP; un cambiamento, questo, che difficilmente potrà verificarsi in breve tempo.

Un altro importante aspetto da considerare è che, in ambito social, le licenze valgono molto meno di quato si possa pensare. Nel caso di un gioco da 65 euro la licenza può essere vista dai consumatori come una sorta di "garanzia di qualità", ma quando ci si trova di fronte a un gioco che costa 1 euro o poco più (o in molti casi, è del tutto gratuito) l'importanza di una licenza conta pochissimo, riducendo quindi il potere di mercato dell'IP stessa.

Su iPhone, ad esempio, una buona parte dei giochi di maggior successo derivano da IP originali, mentre su Facebook la situazione è ben diversa. Zynga, una delle aziende più prestigiose in ambito social, è attualmente valutata circa 5 miliardi di dollari... un valore raggiunto senza aver mai dovuto utilizzare delle IP altrui in nessuno dei propri giochi.

La costosissima acquisizione di Playdom da parte di Disney rappresenta dunque una tappa molto importante per l'intero settore, ciononostante è ancora presto per dire se si rivelerà un investimento realmente vantaggioso per il colosso californiano. Le difficoltà che attendono Disney sono infatti enormi e, almeno per ora, sembra difficile ipotizzare che Topolino e compagni possano mettere in discussione la leadership di aziende come Zynga e Playfish.