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I Mercenari dell'usato

Capcom prende di mira la seconda mano?

Restando in tema “notizie”, in pole position troviamo, infatti, i siti dedicati ai videogiochi che ovviamente riportano per primi il fatto commentando, più o meno apertamente, l’assenza di un’opzione che impedisce di rivendere il prodotto come nuovo. La palla torna a Capcom con tanto di dichiarazione ufficiale di un portavoce in cui si legge che l’azienda non ritiene il sistema di salvataggi una minaccia al mercato di seconda mano. Polemica conclusa?

Macchè. Dal sito specializzato ai blog che trattano la questione senza criticare apertamente la casa giapponese, il passo è brevissimo. La bomba esplode al terzo livello, nel momento in cui gli oltranzisti iniziano a ricamare sull’attuale trend di mercato fatto di protezioni invasive e balzelli sulla riattivazione; bastano pochi giri di copia e incolla e l’ironia sospettosa si trasforma nel più micidiale dei “J’accuse”.

Il risultato è evidente: da questi opinon leader prendono spunto centinaia di blogger dall’arrabbiatura facile, che postano a destra e a manca il più classico dei link cui fanno seguito commenti in stile “visto, ve l’avevo detto!”.

Non dobbiamo scandalizzarci: si tratta di un effetto collaterale molto comune di un certo modo di fare giornalismo nell’era del Web. Un’inevitabile conseguenza delle decine di testate costantemente in competizione tra loro per chi posta per primo la notizia “secca” senza perdere tempo a verificarne l’effettivo fondamento e, soprattutto, andare in profondità nella sua analisi.

"A seguito delle polemiche, HMV ha annunciato che non accetterà Mercenaries 3D come merce di scambio nei propri punti vendita. "

Quest’ultima pratica è generalmente fonte di rispetto e considerazione da parte degli utenti ma nella corsa alle impression di Google, vero arbitro dei successi commerciali dei suddetti siti, è effettivamente meno incisiva.

L’effetto è evidente in questo caso specifico: per ogni articolo che cerca di fermare l’inerzia dell’indignazione nazional-popolare (sarebbe meglio dire global-popolare), ce ne sono almeno altri dieci pronti a spergiurare sulla tesi complottista. Come accade nel mondo reale, è la pancia della piazza a fare da cartina tornasole di una situazione apparentemente scandalosa e non la voce di pochi, si presume, acculturati.

La seconda questione interessante da esaminare riguarda il mercato di seconda mano. Un rivenditore inglese, GAME, non ha battuto ciglio alla situazione che si è verificata mentre il suo concorrente HMV ha annunciato che non accetterà Mercenaries 3D come merce di scambio nei propri punti vendita.

E se anche i titolari di GAME avessero deciso di seguire la stessa strada? Sarebbe stato un buon esperimento, per quanto limitato al mercato dell’usato inglese, con cui analizzare l’impatto di questa vicenda. Si sarebbe ripetuto in piccola parte quanto accaduto alcuni anni fa, quando molti rivenditori decisero di non accettare più giochi usati per PC? In quel caso, invece di una rampante risalita delle vendite degli originali, il mercato implose su se stesso a causa della presenza della pirateria.

La reazione di HMV è emblematica sotto un altro punto di vista, ovvero quello del notevole nervosismo dei rivenditori tradizionali all’idea di perdere la sostanziale fonte di guadagno che deriva dalla gestione dell’usato.

La concorrenza di venditori online, grandi catene e naturalmente la distribuzione digitale, hanno già eroso pesantemente i loro guadagni e sicuramente la seconda mano è una componente molto importante dei loro bilanci, probabilmente quella che li tiene a galla nel mercato attuale.

Si comprende quindi benissimo come anche solo il sospetto che un publisher possa dare il via a un nuovo trend in grado di penalizzare l’usato, provochi una risposta di chiusura a riccio che la dice lunga sul protezionismo che i rivenditori vogliono applicare ai settori in cui hanno (o intendono avere in futuro) ritorni importanti.

"Ai publisher l’idea di avere magazzini pieni di giochi venduti a prezzi sensibilmente inferiori della copia originale non piace per niente."

La verità è che i publisher hanno una visione non troppo esaltante del mercato dell’usato: l’idea di avere magazzini pieni di giochi venduti a prezzi sensibilmente inferiori della copia originale non li esalta per niente. Sopratutto considerando il fatto che il pubblico pare non curarsi affatto del graffietto sulla superficie del DVD o della confezione se, nemmeno sei mesi dopo, può portarsi a casa a 25-30 euro un gioco che dall’altra parte dello scaffale esibisce ancora il cartellino del prezzo pieno.

In realtà, anche il più scarso analista sa benissimo che la pratica del trade-in (portare in negozio l’usato per avere uno scontro sul nuovo) mantiene vivo il mercato degli originali freschi di stampa, permettendo all’industria di arrivare anche al pubblico meno abbiente e più casuale.

Il nodo da sciogliere si sposta quindi su un livello ancora più alto: l’industry non vuole la morte del mercato della seconda mano ma una consistente fetta della torta che ora si spartiscono solo i rivenditori. Gli online pass cui in molti hanno pensato ultimamente ne sono sicuramente l’esempio migliore.

Ecco perché le teorie a carico di Capcom non hanno molto senso: implicano un obiettivo nascosto che nessun publisher dovrebbe perseguire perché si ritorcerebbe contro il suo stesso core business.

La casa giapponese, come tutti i suoi concorrenti, vuole che anche l’usato sia un vantaggio per il suo catalogo e non solo una fonte di perdita. Detto questo, non bisogna dimenticare che le aziende sono guidate da persone, che spesso agiscono per il meglio ma ogni tanto sbagliano, e l’impressione è che l’affaire RE: Mercenaries 3D rientri in questa categoria.

Almeno fino a prova contraria.