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Transformers: la Battaglia per Cybertron

Il retrogusto del vintage, secondo Hasbro…

Nei personaggi da me selezionati (Megatron e Optimus) era possibile tramutarsi solamente in mezzi a quattro ruote, la cui utilità mi è parsa altalenante: se nel primo livello della campagna degli Autobot è spesso venuto naturale trasformarmi in una specie di PT Cruiser che sembrava uscito da una puntata di Pimp My Ride, giocando coi Decepticon nei panni di Megatron la trasformazione in carro armato è stata spesso dettata da un mio puro sfizio personale più che da reali esigenze di gameplay.

Va anche detto, sempre per dovere di cronaca, che la “fisica” (se vogliamo scomodare questo termine per un gioco come Transformers) dei mezzi da me provati ha lasciato alquanto a desiderare, facendo sembrare al confronto il vecchio POD di Ubisoft (chi se lo ricorda è bravo) un simulatore degno del miglior David Kaemmer.

Al di là comunque che la nostra azione distruttrice si svolga sulle gambe, a quattro ruote o volando, ci troveremo a muoverci in un contesto in cui l’Unreal Engine viene ben sfruttato, sebbene la ricchezza visiva dei fondali renda spesso difficile distinguere i soggetti dallo scenario. Più di una volta mi sono infatti trovato a seguire la linea di fuoco dei miei alleati gestiti dalla CPU per capire a cosa stessero sparando, e quindi a prendere la mira di conseguenza.

La grafia del gioco è alle volte così ricca da fare risaltare poco i soggetti rispetto ai fondali.

Tolto questo, e premesso che quella da me provata è pur sempre una build non definitiva, il gioco a occhio pare girare attorno ai 30 frame al secondo, con sporadici cali che però non si sono mai rivelati fastidiosi. I livelli si sono dimostrati ampi, con una buona profondità di campo e un discreto sviluppo in verticale.

Purtroppo la loro impostazione è fin troppo lineare e gli stimoli all’esplorazione si rivelano davvero modesti, a meno di non volere andare in giro caccia dei soliti ‘collectibles’ che poi, diciamocelo, se anche non li troviamo tutti si vive bene lo stesso (affermazione da me pronunciata senza alcun senso del pudore, avendo pochi mesi fa mancato per una piuma l’achievement di Assassin’s Creed II, ma questa è un’altra storia…).

Tutto a modo quindi sotto il profilo tecnico, eccezion fatta per alcuni filmati d’intermezzo compressi sommariamente, con evidenti spixellature che mi auguro vengano sistemate prima che il gioco finisca per attirare le attenzioni del nostro Digital Foundry.

Passando dall’analisi della tecnica a quella del gameplay, ci troveremo a comandare dei robot che, come da tradizione, avranno a disposizione due armi, una primaria e una secondaria, e saranno protetti da degli scudi che si rigenereranno solo parzialmente qualora vengano distrutti. Come ricaricarli completamente, vi domanderete voi? Semplicemente prendendo la macchina del tempo e tornando indietro di una ventina d’anni!

La struttura di gioco di Transformers: la Guerra per Cybertorn, è infatti da annali del videoludo. Si apre una porta, si entra in una stanza, si avvia una sequenza scriptata e si eliminano i nemici, così da arrivare alla porta successiva. Sia chiaro, funziona più o meno così anche per Call of Duty e mi dicono dalla regia che venda abbastanza bene, non per questo però possiamo tacere di fronte all’ennesima reiterazione di una meccanica sempre più logora.

La trama di Transformers: la Battaglia per Cybertron.