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A Memoir Blue Recensione: Un tuffo nei ricordi

Chi ha una mamma è ricco e non lo sa…

Siamo bravi a fingere di aver dimenticato. Indossiamo un banale sorriso come se fosse una maschera a cui riusciamo perfino ad abituarci, per poi nascondere la polvere sotto il tappeto credendo che sia giusto. Qualsiasi nostra azione, però, trascina con sé quei ricordi che continuano a dilaniarci. Possiamo essere dei bravi attori durante il giorno, ma non possiamo ingannare la nostra mente; qualsiasi pensiero che cerchiamo di scacciare via si presenterà in sogno.

I ricordi, le paure, le sensazioni viscerali emergono prepotentemente negli incubi, quelli che non hanno pietà di noi e ci sbattono in faccia ciò che davvero c’è nella nostra anima. Altri sogni sono quasi rivelatori, dei veri e propri viaggi che cercano di farci arrivare a una consapevolezza.

A Memoir Blue, ultima creatura di Annapurna Interactive, è una di quelle brevi esperienze in grado di farci riflettere con una delicatezza straordinaria. Forse fin troppa. La vita di Miriam, la protagonista, è un groviglio di sofferenze mascherate da una scrittura timida, come se fosse una flebile fiamma. La sua storia viene raccontata come lo farebbe una madre: con una profonda sincerità, seppur accuratamente dosata per non ferire inutilmente. È un’avventura intuitiva che ci permette di captare determinati avvenimenti, senza mai averne effettivamente una conferma ben definita.

Una giovane donna sommersa dagli stessi ricordi che un tempo la rendevano felice.

Subentra quindi un circolo vizioso di pensieri misto a immedesimazioni spesso personali. Le numerose medaglie ottenute dalla protagonista corrispondono ai finti traguardi che abbiamo ottenuto per essere accettati. I traumi di una vita sono immediatamente collegabili alla violenza psicologica di un padre. Ebbene, la voglia di scrivere un vero e proprio approfondimento su questo gioco è davvero tanta, ma a quel punto rischieremmo di svelarvi tutti i retroscena importanti.

Il motivo preciso per cui dobbiamo evitare è molto semplice: A Memoir Blue dura solo un’ora. Un lasso di tempo così breve è cruciale per far scattare il fattore ‘wow’ ed empatizzare appieno con la storia di questa giovane donna. Come avrete intuito, Miriam è un’atleta che ha permesso alla sua più grande passione di diventare pesante quanto un macigno. Le vere motivazioni, nonché i ricordi più profondi, giacciono dove il suo cuore ha deciso di restare: sott’acqua. Ed è lì, attraverso un sogno straordinariamente vivido, che la sua mente decide di portarla senza permettere obiezioni.

Lo fa con inganno, nel sonno, perché deve dimostrarle quanto male si stia recando inutilmente. Percorre così i primi momenti della sua infanzia, rigorosamente in un’ambientazione acquatica, camminando su un fondale pesante quanto il suo cuore. Non nuota, non vuole farlo, non ci riesce. Preferisce continuare a camminare lentamente, rincorrendo una piccola Miriam di cinque anni come se fosse una spettatrice. Ed è qui che rivive i ricordi legati a sua madre, l’unica donna ad averla realmente accompagnata e supportata negli anni complessi e delicati dell’infanzia. Una persona che era presente nelle sconfitte e nelle vittorie, nonostante tutto.

Le ambientazioni sono genuine, eppure riescono a coinvolgere senza troppe difficoltà.

Tuttavia, qualcosa di ignoto, complesso e profondamente difficile scuote la vita dell’atleta. Qualcosa per cui non riesce più a vivere. È una storia dolce e amara, di quelle che ti fanno riflettere e ti lasciano in silenzio per numerosi minuti. Nonostante ciò, lo fa con una delicatezza tale da non lasciare il segno in modo incisivo. Ti prende, ti culla, ti porta con sé nel suo mondo e poi ti riporta giù come se indossassi una protezione. Paradossalmente, però, in questo caso avremmo preferito una discesa tanto ripida quanto dolorosa. Ha colpito i punti giusti, ma in una singola ora avrebbe potuto coinvolgerne molti altri, se solo la scrittura fosse stata più coraggiosa.

Ciò non significa che non abbiamo apprezzato questo gioco, anzi, lo abbiamo adorato al punto da desiderare una componente emotiva ancor più intensa. Il gameplay, infatti, è un vero e proprio accompagnamento di circostanza, un input interattivo per procedere con la storia della protagonista. Piccoli enigmi di estrema facilità hanno contornato le varie ambientazioni sottomarine. Sebbene quest’ultimo possa essere un punto a sfavore, in realtà ha un senso dal punto di vista dinamico. Raccontare una storia così emozionante, per poi permettere al giocatore di trovarsi potenzialmente in difficoltà con i vari puzzle, sarebbe stato assolutamente deleterio.

Il problema è che, proprio per questo motivo, gli sviluppatori avrebbero dovuto concentrare maggiormente le loro forze sul comparto narrativo, in modo da poterne godere appieno. Per fortuna però questo mondo onirico è riuscito a sorprenderci con dei paesaggi ben realizzati. Ambientazioni e personaggi hanno un’impronta che ricorda piacevolmente un film d’animazione, ed è probabilmente ciò che ha dato ancor più magia a questo titolo. Lo stesso discorso vale per la colonna sonora, con una malinconica chitarra e una voce in grado di centrare il cuore senza troppe difficoltà. Quest’ultimo elemento è probabilmente uno dei maggiori punti di forza del gioco, dato che ha saputo dare vita a una storia priva di vere e proprie parole.

Il dolce e amaro viaggio di una madre e una figlia, alla ricerca di una vita meno severa nei loro confronti.

Se solo gli sviluppatori avessero osato leggermente di più, A Memoir Blue avrebbe potuto lasciare inesorabilmente il segno. È comunque un’esperienza straordinariamente rilassante e riflessiva, con un comparto tecnico che le dona la giusta fluidità. Tuttavia, chiunque abbia bisogno di vivere un’avventura troppo drammatica, o con un gameplay più dinamico, dovrebbe riflettere prima di metter mano nel portafoglio.

Nel complesso, quest’ultima fatica di Annapurna Interactive è un dolce tributo all’amore indissolubile di una madre. Quella madre a cui siamo attaccati in modo viscerale, sebbene a volte non ce ne rendiamo conto. E se possiamo farlo, allora dobbiamo approfittarne per stringerla in un caldo abbraccio e ringraziarla per essere ancora nella nostra vita.

7/10

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Stefania Netti

Contributor

Classe 1995, Stefania ama follemente qualsiasi videogioco dalla trama coinvolgente, non a caso si definisce una “cacciatrice di emozioni”. Nella sua lista non possono mancare le avventure grafiche e, tra una sessione e l’altra di gaming, coccola i suoi gatti.

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